Kissinger ha promesso a Sadat il ripiegamento degli israeliani di Igor Man

Kissinger ha promesso a Sadat il ripiegamento degli israeliani La missione in M.O. del segretario di Stato americano Kissinger ha promesso a Sadat il ripiegamento degli israeliani Il Cairo, 12 ottobre. Il segretario di Stato americano Henry Kissinger — che tornerà al Cairo lunedì mattina — ha lasciato sperare al presidente Sadat di tornare col documento del prossimo ripiegamento delle truppe israeliane nel Sinai. Lo si apprende da fonte generalmente bene informata. Kissinger si sarebbe anche impegnato ad ottenere dagli israeliani che non siano richieste, come contropartita, concessioni di carattere politico ma soltanto « accomodamenti militari ». Il segretario di Stato americano e Sadat si sarebbero trovati d'accordo nel ritenersi entrambi in grado di evitare la ripresa di una guerra nel Medio Oriente. Sadat avrebbe assicurato il suo interlocutore della sua volontà pacifica e del desiderio anche dei siriani di evitare un confronto arma- to. Dal canto suo Kissinger avrebbe affermato che « gli Stati Uniti sono in grado di impedire ad Israele di scatenare nuove ostilità ». (Ansa-Afp) (Dal nostro inviato speciale) Il Cairo, 12 ottobre. Instancabile, Kissinger continua a percorrere il «sentiero della pace», tortuoso, irto di ostacoli. Dopo due lunghi colloqui ieri con il presidente siriano Assad, nella serata è giunto ad Amman incontrandosi subito con re Hussein. Ha visto ancora una volta il sovrano nel pomeriggio di oggi ad Akaba, nella mattinata aveva visitato le rovine di Petra, al sud del Mar Morto. Stasera, infine, s'è incontrato a un pranzo dì lavoro con il premier israeliano Rabin a Gerusalemme. Cordiali nella forma, dure nella sostanza le conversazioni di Kissinger con Assad. Hanno scherzato sulla celebre danzatrice del ventre Najiva Fuad, invitata negli Usa dal segretario di Stato, sull'inglese di Assad, hanno parlato degli studenti siriani in America, della promessa di aiuti americani alla Siria. Ma Quando si è trattato di affrontare argomenti più seri, Assad s'è irrigidito. «Le posizioni degli arabi e della Siria voi le conoscete bene, non sono cambiate dalla firma dell'ac cordo di disimpegno del 31 maggio». Il presidente siriano ha ricordato in tono fermo al segretario di Stato come «non tocchi alla Siria far conces sioni, noi non occupiamo territori che non ci appartengono, le cose stanno esattamen te al contrario». Sulla necessità del rinnovo del mandato alle truppe dell'Orni (Fnuod) nel Golan, la Sìria concorda, ma ad esso dovrà corrispondere almeno V«impegno» da parte israeliana di un nuovo ritiro, anche limitato. I siriani constatano «con inquietudine» come Israele stia allestendo una ve ra e propria «Maginot» al di là della «zona tampone», il che lascerebbe supporre che Tel Aviv non preveda altri ritiri «Questo non può che compii care le cose». Assad ha poi manifestato la sua «delusio ne» per l'atteggiamento «osti le» degli Usa verso il problema palestinese in discussione all'Orni. «L'incomprensione americana renderà fatalmente più difticile la ricerca d'un regolamento pacifico della crisi». Comunque sia. per facilitare la missione di Kissinger, Assad ha detto all'ospite che la Siria in linea di principio non si opporrà a che l'Egitto e l'Arabia Saudita agiscano autonomamente. Damasco non è contraria a un ribasso del prezzo del petrolio, purché siano salvi gli interessi della patria araba. Sia Assad che Kissinger hanno definito «buoni e costruttivi» i colloqui avuti, ma bisognerà attendere lunedi, quando il segretario di Stato tornerà a Damasco, per saperne di più. Ad Amman Kissinger ha detto che la sosta a Damasco lo ha «incoraggiato». Con re Hussein s'è discusso d'un possibile disimpegno in Cisgiordania, ma il sovrano ha detto che prima di pronunciarsi vuole attendere le conclusioni del vertice di Rabat: chi dovrà rappresentare i palestinesi. Amman o l'Olp? E' questo il punto. Nell 'entourage di Kissinger tuttavia si ha l'impressione (se non la speranza) che a Rabat grazie ai buoni uffici di Sadat e di Feisal, sarà possibile raggiungere un compromesso «valido», tale da spianare la via a «nuovi accordi bilaterali». Commentando alla larga tutto ciò, il cairota Al Ahram scrive che il mondo arabo punta all'essenziale, «non al più facile». Un progresso verso la soluzione della crisi «non va ricercato in un maggior ritiro degli israeliani ma in un accordo globale», che contempli anche la questione palestinese. La soluzione della crisi è un problema troppo grande per dipendere da una sola persona (Kissinger); è necessario, quindi, che ognuno faccia la sua parte «per evitare un disastro». Il tono è conciliante, non si insiste più sulla ripresa «immediata» della conferenza della pace. «La definizione di nuove linee di ritiro degli israeliani dal Sinai e nel Golan e dello statuto della Cisgiordania permetterà di arrivare a Ginevra per l'esame di fondo del problema mediorientale in una atmosfera più distesa e ragionevole». / giornali del Cairo ricordano come Sadat abbia detto che gli arabi sanno pazientare. Qui si prevedono, nei prossimi tre mesi, nuove visite di Kissinger nella regione e una «attività interinale» di Sisco o dell'ambasciatore Bunker. Sia come sia, sì dice al Cairo, gli arabi hanno mostrato le loro carte a Kissinger, attendono ora di vedere quelle israeliane. Igor Man