Guido M. Gatti rivive nella "sua,, biblioteca di Marziano Bernardi
Guido M. Gatti rivive nella "sua,, biblioteca Guido M. Gatti rivive nella "sua,, biblioteca La preziosa collezione musicale all'Università di Torino - Il valore del dono, nelle parole di Mila Con l'apertura, ieri mattina, in una saletta dell'Istituto di storia della musica (Facoltà di Lettere e Filosofia) al sesto piano del palazzo dell'U. niversità di via S. Ottavio, della biblioteca donata al nostro ateneo dalle signore Clelia Gatti Aldrovandi e Vanna Di Carmine Gatti, si può dire che lo spirito di Guido M. Gatti sia ritornato a Torino, la città che a lui, nato a Chieti nel 1892, fu particolarmente cara. La città dove studiò, si laureò in ingegneria (laurea per nulla congeniale con la sua vocazione di musicofilo e musicologo), dove promosse e diresse le sue riviste, La riforma musicale, il Pianoforte, la Rassegna Musicale, scrisse i suoi primi libri, formò la sua sconfinata cultura, si creò una famiglia, e soprattutto, dal novembre 1925 al dicembre 1930, fu l'anima, come direttore e organizzatore di spettacoli, dell'indimenticabile «Teatro di Torino», voluto e sovvenzionato dal finanziere Riccardo Gualino per suggestione e consiglio di Lionello Venturi, del pittore Gigi Chessa, e del Gatti stesso: quell'organismo che per cinque anni fu un faro di luce intellettuale per tutta l'Italia, portando Torino a un livello di fervore culturale in seguito mai più raggiunto. Guardando bene ordinati in nitide e razionali scaffalature questi circa 6000 volumi (dei quali molti oggi rarissimi, quasi introvabili sul mercato librario) che Massimo Mila, professore universitario e direttore dell'Istituto, interprete del desiderio del defunto amico (Gatti morì l'anno scorso a Grottaferrata) e della generosa volontà della vedova e della figlia, ha assicurato agli studi dei giovani della Facoltà di Lettere, e le vaste collezioni di preziose riviste italiane e straniere; confusi nella piccola folla dei partecipanti alla semplice inaugurazione della «Biblioteca Gatti»; con una evidenza addirittura tangibile ci è parso di ritrovare l'uomo con cui, nella giovinezza lontana d'entrambi, avevamo avuto tanta consuetudine di lavoro nella direzione del «Teatro di Tori, no». In un suo splendido «ricordo» pubblicato in «Studi Piemontesi» dello scorso marzo, Mila ha tracciato un limpido profilo dell'amico che (l'ha detto ieri nel suo breve, commosso discorso) l'aveva «scoperto» leggendo due articoli pubblicati sulla rivista di Gobetti: «Uomo arguto, quasi sarcastico, riservato, racchiudeva poi un nocciolo segreto di religiosità non ostentata... in una zona chiusa agli estranei. Era una fede incrollabile nei valori dello spirito e dell'amore per le creature... L'uomo Gatti si giocava qui, su questi due poli: lo scherzo arguto e la disciplina interiore, l'intelligenza e il cuore». Ma la cultura di Gatti, ha poi precisato Mila, era irresistibilmente portata a traboccare fuori dalla pagina scritta per entrare nel cerchio della vita pratica del teatro e della musica. E di questa disposizione egli diede prova superba col «Teatro di Torino», adattandosi a continue nuove esperienze: per esempio quella del «balletto», testimoniata in questa biblioteca da una sezione importante. Socievole nelle pause del lavoro, non ammetteva però pigrizie o lacune intellettuali. Giungeva ogni mattino al Teatro con un gran pacco di libri appena comprati e di riviste, e vi tuffava dentro quel suo volto aguzzo, lo sguardo che brillava dietro gli occhiali da miope. Ci consigliava, di noi un poco più anziano: «Non leggere soltanto libri d'arte; allarga il tuo orizzonte: bisogna conoscere tutto...». Era un meraviglioso suscitatore di occupazione men. tale. Ed eccitava a scrivere, a «tentare cultura», persino temerariamente. Forse un po' a corto, un giorno, di materiale per la sua rivista «Il Pianoforte», ci impose (lo ricordiamo con spavento) di stendere un articolo su «Mazzini e la musica». Non valsero le nostre proteste di incompetenza. Riuscì un pasticcio incredibile. Lo lesse senza batter ciglio e lo pubblicò. Instancabile, non concepiva soste nell'esercizio dell'intelligenza; neppure le più legittime. Il mattino che sposò la valentissima e già famosa concertista d'arpa Clelia Aldrovandi non mancò (lo rammentiamo bene) di salire nel suo ufficio al «Teatro di Torino», a darci disposizioni per lo spettacolo serale. Era bellissima, quel giorno, la signora Clelia, che ieri mattina pianse riconteràpiando i libri del marito, e lo ricordò con toccanti parole. Uno degli ultimi scritti di Gatti fu Torino musicale del passato. Vi infuse tutta la sua esperienza e coscienza critica, tutto il suo amore per la città di adozione. E' giusto che i suoi libri siano qui a Torino, all'università torinese, per la cultura dei giovani. Una donazione magnifica che s'aggiunge a quella non meno generosa, fatta alla città di Torino, della biblioteca del nostro ca. ro e mai dimenticato Andrea Della Corte, il grande musicologo che di Gatti fu più volte compagno di lavoro. Marziano Bernardi
Luoghi citati: Chieti, Filosofia, Grottaferrata, Italia, Torino
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