L'austerità sta cambiando consumi e molte abitudini

L'austerità sta cambiando consumi e molte abitudini Le famiglie torinesi di fronte all' inflazione L'austerità sta cambiando consumi e molte abitudini Tagli drastici alle spese, meno gente nei negozi - Dopo i tempi delle bistecche ritorna quello della cucina povera - I primi piatti campagnoli non più come moda, ma come necessità - Sono in pericolo le piccole botteghe - Le catene di acquisto Una bottega d'alimentari della periferia ieri mattina: in un'ora sono entrate soltanto tre persone, due donne e un pensionato. Hanno speso sulle due-tremUa lire a testa per comperare poche cose: un paio d'etti di formaggio, alcune uova, mezzo litro di latte, un po' di prosciutto cotto, qualche fetta di mortadella, un chilo di pasta. Hanno cercato la roba a prezzo più basso. Eppure, il conto li ha amaramente stupiti: con una cifra uguale la scorsa primavera si sarebbero potuti permettere qualcosa di più. La scorsa primavera, cioè pochi mesi fa, non anni. L'episodio è emblematico di una situazione difficile per tutti. Migliaia di lavoratori sono a Cassa integrazione; i redditi familiari sono aggrediti ogni giorno di più dall'inflazione; il costo della vita aumenta al tasso vertiginoso del 2 per cento in media ogni mese; le prospettive per 11 futuro Immediato sono sconfortanti. Che cosa fare? Stringere i denti e la cinghia, operare drastici tagli nei bilanci e nelle spese, anche in quelle alimentari. Si cambiano gusti, pretese e scelte e classifiche. La bistecca va incasellata nel comparto lussi. « E' la stagione delle trippe », ha commentato un macellaio lamentandosi con una cliente per il brusco ridimensionamento del suo volume d'affari. Forse non si tratta soltanto di una battuta. Le trippe sono un piatto « povero », come la pasta e fagioli o altre pietanze regionali, rustiche, ma saporite, e nutrienti. Si consumavano per hobby, nelle trattorie caratteristiche, durante le gite in campagna. Ora, diventano, invece che una « moda ». una necessità. Costano poco. Gli economisti parlano di « dequaliflcazione dei modelli di consumo »; affermano che stanno cambiando gli « status symbol », cioè i beni che qualificano socialmente. Tutto ciò, In termini pratici, significa che la gente cerca in qualche modo di restare a galla e di usare, per sopravvivere, i mezzi che la situazione suggerisce. Insomma, si rincorrono altre abitudini come vie d'uscita all'incombente austerità. Le massaie cambieranno negozio, cercheranno quello con 1 prezzi più convenienti. Sarà, probabilmente, la fine delle botteghe tradizionali: 1 grandi magazzini, 1 supermercati, la grande distribuzione, insomma, almeno in teoria, pare in grado di vendere a prezzi più convenienti. E' un argomento convincente. L'Associazione commercianti e le cooperative si stanno già organizzando per parare il colpo. Fanno ai loro aderenti il discorso — poco recepito prima, adesso indispensabile — della collaborazione, della necessità dei gruppi d'acquisto con magazzini in comune per stiparvi i prodotti comperati in massa, a prezzo contenuto, e non più a spizzichi e a costi sui quali applicare un margine di guadagno, gravoso per il consumatore, spesso insufficiente per il bottegaio. Intanto, però, la clientela dei negozi è diminuita, il volume degli acquisti continua a ridursi. Aumenta il numero delle persone che si recano ai mercati generali di via Giordano Bruno per saltare gli intermediari attraverso i quali la frutta e la verdura giungono nei negozi, ma a prezzi più alti di quelli che si possono spuntare dal produttore. La scorsa estate sono andati a ruba 1 pomodori per conserve. In certe famiglie ne sono stati comperati decine di chili. « Ne abbiamo " lavorato ' un quintale — afferma la moglie di un operaio siciliano —. Messo il pomodoro a scottare nell'acqua bollente, abbiamo tolto la buccia e poi l'abbiamo passato al setaccio. Ora è tutto in bottiglie con un po' d'olio sopra, un pizzico di sale e il basilico. Sostituirà i pelati per tutto l'inverno ». Un modo di risparmiare: la traduzione culinaria di cambiamento dello « status symbol ». Fino all'anno scorso s'identificava con l'auto nuova, le ferie all'estero, il gommone. Oggi con le scorte alimentari, i chili di zucchero « acquistati a prezzo vecchio ». Una signora ha ammesso di averne in casa addirittura trenta. « Ho visto giusto in luglio, quando si cominciava a parlare di rincaro per il detersivo: ho nove fustini comperati a 2400 lire ». Oggi, come si sa, il prezzo è doppio. Un padre di famiglia, immigrato, in agosto è tornato nel Sud dopo un'assenza di sette anni. « L'ho fatto per rivedere i miei, ma anche per procurarmi l'olio a prezzi vantaggiosi. Ne ho portato su 52 litri. Una grossa spesa, ma ho risparmiato almeno 600-700 lire al litro ». Esempi come questi se ne possono raccontare a decine. Si scoprono girando per la città, muovendosi fra i negozi dove i commercianti cercano sbocchi per una situazione che se è difficile per l'acquirente, sta diventando preoccupante anche per loro. Può succedere a questo punto che certi prezzi precipitino da un giorno all'altro. E' un modo di richiamare i cliènti fra le bottegucce di rione, che se ne stanno gomito a gomito. E' un'altra « guerra fra poveri », un modo per sopravvivere. E' la dura realtà di questo autunno, con tante incognite, che sta cambiando la nostra vita. Fino a che punto? Fino a quando durerà questa recessione economica? Renato Romanelli Einaudi — è stata confermata stabilmente dal Comune. Il sindaco Picco e l'assessore alla viabilità Furnari avevano detto che si sarebbe tenuto conto dei suggerimenti degli abitanti della zona al fine di perfezionare il provvedimento. Un'ordinanza ha ora disposto alcune modifiche, che aumentano le possibilità di parcheggio senza incidere sulla effettiva « pedonalità » dell'isola. Le auto potranno entrare e sostare (ma non procedere oltre) lungo il primo isolato di corso Trieste, dal monumento fino all'angolo di corso Galileo Ferraris; di corso Covone, venendo da cor so Montevecchio; di corso Arimondi, venendo da corso Duca degli Abruzzi, e di corso Trento venendo da corso Galileo Ferraris. Tutte le altre norme restano invariate.

Persone citate: Montevecchio, Renato Romanelli