Bologna: libertà provvisoria a sette implicati nel caso Sgrà di Francesco Santini

Bologna: libertà provvisoria a sette implicati nel caso Sgrà Le indagini sulla strage del treno "Italicus,, Bologna: libertà provvisoria a sette implicati nel caso Sgrà La decisione, a sorpresa, ha suscitato aspre polemiche negli ambienti giudiziari - Secondo l'accusa, l'avv. Basile e gli altri sei hanno costretto lo Sgrò a inventare "la pista rossa" - Il procuratore capo Lo Cigno rientrato immediatamente dalla vacanza - Ha tre giorni per opporsi (Dal nostro inviato speciale) Bologna, 7 ottobre. Con una decisione a sorpresa che sconfessa l'operato della pubblica accusa, il magistrato di Bologna che guida l'istruttoria sulla strage del treno «Italicus» ha concesso la libertà provvisoria all'avvocato Aldo Basile ed al suo aiuto Gianfranco Sebastianelli II provvedimento, che già stasera ha suscitato polemiche negli ambienti giudiziari di tutta Italia, riguarda inoltre l'ex pugile Angelino Rossi, del giornale II secolo d'Italia, U tranviere Fernando Di Bari, il postino Angelo Dell'Anno, il manovale Antonio Carbone e 10 studente Emanuele Bartoli. Degli ordini di cattura del procuratore capo di Bologna, Ottavio Lo Cigno — a 25 giorni dalla formalizzazione dell'istruttoria — ne restano in piedi soltanto tre: due per Italo Bono e Rodolfo Poli, in carcere per «ricostituzione del partito lascista» e per Maurizio Barbieri, latitante, accusato, come gli altri, di avere violato la legge Sceiba. Nel firmare gli ordini, trasmessi per telegramma ai direttori dei carceri giudiziari, i; consigliere istruttore Angele Velia non ha dato alcuna spiegazione. Si sa, però, che venerdì 4 e sabato 5 della scorsa settimana il magistrato si era recato nel carcere di Ferrara per ascoltare il supertestimone dell'inchiesta, Francesco Sgrò, accusato di falso e di calunnia nji confronti del dottor David Ajò, borsista della facoltà di fisica dell'Università di Roma. Il dottor Velia ha maturato la sua decisione, ieri mattina, al termine di un drammatico confronto, a Bologna, tra l'avvocato Basile ed il dipendente dell'Università di Roma ini una stanza del nucleo investigativo dei carabinieri. E' in questa sede che Sgrò avrebbe modificato ancora una volta la sua versione raccontando al giudice istruttore una «sesto» verità. Quale sia non si sa né il dottor Velia che, ieri l'altro, si era scagliato con rari furore contro il «vertice» di Abano, si è lasciato sfuggire un commento. «Da me — ci aveva detto sabato mattina — non avrete dettagli o particolari sin quando non avrò concluso l'istruttoria. Io lavoro in silenzio né mi presto a manovre polìtiche e no. Al vertice dei miei colleghi ad Abano non sono stato invitato, ma, certo, non ci sarei andato. Non concepisco la pubblicità inutile, gli spiegamenti di forze: faccio tutto da solo: non ho neppure un cancelliere». Sabato, 11 dottor Velia aveva parlato per ben due volte con Sgrò, ma nulla si era saputo. Nessu¬ na notizia, fino ad oggi, anche sul confronto e sulla «sesta verità» di Sgrò, che sembra riguardi le notizie riferite da Almirante al capo dell'Antiterrorismo, Santino, la calunnia nei confronti di Ajò, e, infine, le minacce dei pugili del msi per sua moglie e i suoi figli C'è stasera a Bologna chi interpreta il provvedimento di Velia in chiave «antì-Abano» e chi lo definisce sconcertante. E' questa la posizione dell'avvocato Fausto Tarsitano, parte civile per conto del dottor Ajò, che ha rilasciato questa dichiarazione. «La decisione del dottor Velia — ha commentato il penalista — ci lascia profondamente sconcertali, sia nella nostra veste di difensori di Ajò. sia nella veste di cittadini consapevoli dello stato d'attimo di sdegno per la strage dell' "Italicus" proprio del.a stragrande maggioranza del popolo italiano». Dure le critiche del legale anche sulla procedura. Tarsiano si è detto perplesso sulla legittimità degli atti istruttori eseguiti nelle ultime quarantotto ore dal dottor Velia. «All'interrogatorio di Sgrò — ha affermato — non hanno partecipato né la difesa né, cosa ancora più grave, la pubblica accusa». Poi, nel lasciare Bologna, ha aggiunto: «Contiamo che il pubblico accusatore impugni i provvedimenti e, per quanto ci riguarda, come difensori, agiremo con le opportune iniziative». I sette provvedimenti di libertà provvisoria del giudice Velia che in meno di tre ore, tra le 13 e le 16, hanno fatto spalancare i portoni di ben cinque carceri giudiziari in altrettante città dell'Emilia-Romagna, hanno sorpreso gli stessi ambienti della procura. Non ci sono stasera prese di posizione ufficiali; si sa, però, che il procuratore capo, Lo Cigno, in vacanza in Umbria, sta rientrando nella notte a Bologna, chiamato da un sostituto. Partendo non aveva lasciato deleghe ai magistrati del suo ufficio e, per appellarsi contro le decisioni del giudice istruttore, ha soltanto tre giorni di tempo. II primo a lasciare il carcere è stato, a Forlì, Angelino Rossi, dipendente del Secolo d'Italia e direttore dell'accademia pugilistica romana. Nell'arrestarlo, il dottor Lo Cigno gli aveva contestato, in sostanza, di essere il capo dei picchiatori neri reclutati da Basile e da Sebastianelli per obbligare Sgrò a sostenere, per la strage, la pista «rossa» e la calunnia nei confronti del dottor Ajò. Di qui l'accusa, per tutti, di «concorso in violenza o minaccia per costringere» il superteste a commettere un reato. Alla vigilia del suo arresto, Angelino Rossi, guardaspalle dell'onorevole Caradonna, sostenne di essersi limitato, assieme ai suoi amici, a sorvegliare per una notte soltanto l'abitazione di Sgrò. Aggiunse di aver ricevuto l'ordine non da Basile ma dal capo della segreteria particolare dell'onorevole Almirante, Franco Massobrio. E' la tesi che ha continuato a sostenere dopo l'arresto, mentre non si sa co. me abbia giustificato il possesso di una rivoltella. Lasciando il carcere di Forlì, poco dopo le 13, il direttore dell'accademia pugilistica romana ha detto: «Non ho mai conosciuto Sgrò; l'ho incontrato una volta soltanto nello studio dell'avvocato Basile che, peraltro, non conosco. Basile, quel giorno, non era in ufficio; c'era al suo posto l'avvocato Sebastianelli in compagnia di Sgrò. E' stata questa l'unica occasione d'incontro e, certo, non ho minacciato il "superteste"». Poi, con il suo avvocato, si è diretto a Ravenna «per accogliere — ha detto — due innocenti». Intendeva dire Carboni e Di Bari. Mezz'ora più tardi, a Modena i portoni del carcere di Sant'Eufemia si aprivano per lasciare uscire il personaggio di maggior rilievo dell'inchiesta: Aldo Basile. Pallido, emaciato, impermeabile in gabardine di foggia militare, l'avvocato romano non ha lasciato ai giornalisti il tempo di avvicinarsi e in gran fretta è salito sulla vettura sportiva dell'ex federale di Parma, l'onorevole Tassi, che, poco prima aveva assicurato quanti*erano'in attesa dinanzi all'istituto di pena che il detenuto sarebbe stato posto in libertà provvisoria non prima delle 15. Basile, che era arrivato a Bologna «per apprendere le ultime novità» alla fine d'agosto, era stato arrestato la notte del 31 dal procuratore Lo Cigno. Oggi, dopo 37 giorni di reclusione, i suoi difensori avevano preannunciato una conferenza stampa, nell'albergo più elegante di Bologna. A sera, chissà perché, tutto è saltato. Nell'antico palazzo Baciocchi, sede del tribunale di Bologna, la polemica monta di ora in ora. Tacciono, ufficialmente, i protagonisti ma, di rimbalzo, si hanno le rispettive posizioni. C'è chi difende l'operato del giudice Velia ed afferma che per il confronto non è prescritta dalla legge la presenza del difensore. Giustifica con l'urgenza l'assenza della di Tosa e della pubblica j accusa all'interrogatorio di I Sgrò. C'è chi, contro l'operato j di Velia, si appella ad una | sentenza della Corte Costituzionale che vuole estesi a tutti gli atti istruttori i diritti della difesa. A riportare l'istruttoria sulla strage dell'«Italicus» fuori dalla polemica giuridica c'è la dichiarazione di un gruppo di legali bolognesi. In un documento firmato dall'avvocato Stortoni affermano: «La liberazione di Basile e di Sebastianelli — inchiodati all'accusa di calunnia da precise prove — si spiega soltanto in termini politici e preclude, per giunta, ogni possibilità di chiarire i legami tra gli autori della strage ed il movimento sociale. E' opportuno notare che a questa decisione si è giunti dopo un mese di totale inerzia processuale». Francesco Santini