Una questione italo-asburgica di Vittorio Zucconi

Una questione italo-asburgica Una questione italo-asburgica (Dal nostro inviato speciale) Watkins Glen, 5 ottobre. « Vai mo' a nanna, adesso Niki ». dice a Lauda Sante Gliedini, il « padrino » onnipresente della squadra Ferrari. Sono le dieci di sera, Niki recalcitra: " Mo' vai, su, che domani ti do quattro gomme nuove •■. All'idea del treno di pneumatici nuovi, il visetto da seminarista di Niki Lauda s'illumina. Sorride, cerca di ripetere con accento absburgico, la frase in modenese di Ghedini (« kwater gom novi », dice) e va a letto. E' la notte prima della corsa più importante del mondo, caduta in questo freddo, verde Stato di New York, dove già si sentono i venti del Canada, che è poche miglia più a Nord. La ninna nanna di Lauda, questa specie di « succhiotto Flrestone » che Ghedini gli ha astutamente offerto, è /orse // solo tocco umano in un avvenimento dalle proporzioni mostruose. E' Il Gran Premio più Importante del mondo per il risultato (solo una volta, in passato, il « mondiale » si decise all'ultima gara), il maggiore per il volume di premi (duecento milioni di lire), il più impressionante per il pubblico. Centocinquantamila persone sono attese per la gara di domani, cinquantamila sono già accampate nelle foreste intorno all'autodromo. Se non fosse per il fracasso dei motori che si fa largo nella cortina di alberi, si direbbe di essere a Woodstock, o in California, in uno di quei concili universali hippies che punteggiano l'America. Carovane, camion con Impianti stereo, letti di acqua super-erotici e scorte di marijuana per settimane, sono appostati dietro i guardrail del circuito da giorni, appostati soprattutto nei punti dove lo scorso anno morì Francois Cevert e qnes''anno ha slasciato una macchina in prova Clay Regazzonl. Il pubblico americano, avvezzo alle stragi di Indianapolis, alle botte degli stack-cars, chiede a questa formula uno emozioni grosse. E speriamo sia deluso. Il New York Times ha scritto: - Questa è la sola gara automobilistica in America che Interessi il mondo intero ». Watkins Glen è una cittadina minuscola, in mezzo ad una regione splendida di laghi, ricca di nomi assurdi: a poche miglia vi sono Atene, Siracusa, Itaca, Troia, Sparta. Sembra il Gran Premio della Magna Grecia, e il villaggio è popolato, ormai, per quattro quinti, da questo strano circo venuto d'oltremare con giacche a vento piene di cavallini, pubblicità di gomme, di benzina e di deodoranti. I ragazzi sono mobilitati lungo le strade per vendere programmi e noccioline, perché l'editoriale del quotidiano del posto, il « Leader », ha invitato tutta la cittadinanza a sfruttare al massimo questa grossa occasione economica. Ma l'America ha sempre un suo fondo sereno e refrattario, nonostante tutto. Il centro di raccolta per l'organizzazione è nella palestra, del tutto insufficiente, di un liceo cattolico, il « St. Mary ». e giornalisti, piloti e meccanici si trovano all'ombra di un ri¬ tratto di Papa Pacelli autografato per la « diletta scuola di S. Maria ». Ma la gara di domani appare soprattutto una questione italo-absburgica: vi si battono Regazzonl, un rappresentante della Svizzera, Lauda, un austriaco, ed entrambi su una macchina di Modena, sul cui trono ducale gli Asburgo sedettero. E poi Fittipaldi (che è italo-brasiliano), il cui padre, originario della Basilicata, pronostica primo Lauda, secondo Fittipaldi, terzo Regazzonl: e Mario Andretti, italo-americano, per il quale si muove un poco il tifo locale. Abbiamo parlato questa sera con Lauda e Regazzoni: appaiono entrambi tranquilli: il primo timido e gentile, il secondo apparentemente aggressivo, con quei baffoni da improbabile Gengis Kahn ticinese. Si è parlato di contrasti in casa Ferrari: se ve ne sono stati non si vedono, se ce ne sono verranno dimenticati nelle ore cruciali. Esploderanno, semmai, dopo, se le cose non saranno andate per il verso giusto. « Ma perché volete farmi dimagrire ancora? ». esclama ad ogni battuta Luca di Montezemolo, il direttore tecnico della Ferrari, ormai reso trasparente dall'ansia di questo campionato del mondo che Maranello avrebbe dovuto vincere da almeno due mesi e che ora deve strappare con I denti, all'ultimo giro dell'ultima gara. All'apparenza, tutto funziona bene nel gruppo Ferrari. C'è, proprio come nei motori, qualche improvviso rialzo di pressione, qualche allentamento dei freni, qualche scatto. Cose da poco. E se proprio la pressione aumenta, si telefona al « Commendatore », ad Enzo Ferrari, a Maranello. E tutto si cheta. - Al matt », // « matto », come lo chiamano I modenesi dell'Appennino timorosi della sua guida aggressiva su per I tornanti sopra Maranello, ha latto circolare una voce che vale più di un assegno: se Regazzoni vincerà il « mondiale », domani chiamerà da Modena per congratularsi. « Lui » telefonerà, mormorano qui. « E' un fatto senza precedenti, nei centocinquant'anni da che Ferrari corre », dice Ghedini, esagerando per affetto e perché « lui » è già una leggenda, fuori dalle angustie del tempo. E' leggenda anche in America. A Watkins Glen, nell'albergo dove dormono I piloti, si è dato convegno il « Ferrari club d'America »: un circolo reso sempre più ristretto dalla dura necessità di possedere una Ferrari per farne parte e insidiato dalla crisi energetica. Questa pattuglia di lerrarlsti americani, belfandosi degli sceicchi e delle tasse, si aggira tra i meccanici di Maranello come pellegrini in Terra Santa. « Non ti preoccupare — dice uno di loro, un uomo che parla in un italiano di "Broccolino" —. la corsa è già regolata ». Con quell'aria da emigrante e quella « Dino » rossa parcheggiata fuori, ci viene il sospetto che abbia ragione. Speriamolo, ma senza l'aiuto della mafia. Vittorio Zucconi