Il "Sid,, ha mentito ad Andreotti ed il ministro ordina un'inchiesta

Il "Sid,, ha mentito ad Andreotti ed il ministro ordina un'inchiesta L'indagine affidata al capo di stato maggiore Henke Il "Sid,, ha mentito ad Andreotti ed il ministro ordina un'inchiesta Le menzogne nel "caso Giannettini" (dette anche al magistrato) - I servizi segreti erano stati invitati "a dire tutta la verità" - Congelato il passaggio del generale Miceli al comando del terzo corpo d'armata Roma, 5 ottobre. I dirigenti del Sid hanno mentito al ministro della Difesa, il politico con il quale hanno il contatto più diretto, e al magistrato, malgrado l'invito a «dire tutta la verità», più volte ricevuto. Adesso sono sotto inchiesta. Giulio Andreotti, ministro della Difesa, lo ha confermato oggi: «Mi fu detto che i contatti con Guido Giannettini erano cessati nel momento in cui a Milano era stato firmato un mandato di cattura. Riferii in questi termini al Parlamento e le stesse notizie vennero date ai giudici. Poi è risultato che c'era stato un incontro il 26 aprile, a Parigi». Il 26 aprile, giorno in cui un capitano del Sid pagò a Giannettini, ex giornalista del missino «Secolo d'Italia», l'ultimo rapporto informativo, il mandato di cattura era da tre mesi in attesa di essere eseguito. «L'inchiesta — ci ha detto ancora Andreotti — è stata affidata al capo di Stato Maggiore Eugenio Henke. Le risultanze saranno comunicate al Parlamento e alla magistratura». Il ministero della Difesa ha poi comunicato che, in attesa delle conclusioni dell'inchiesta, il passaggio del generale Vito Miceli al comando del terzo corpo d'armata deve essere considerato «congelato». Miceli è stato capo del Sid dal lue;io 1972 (sostituì Henke) fino al luglio di quest'anno. Fu a lui che si rivolse Andreotti quando volle notizie su Giannettini, a "usato dal giudice istruttore Gerardo D'Ambrosio di complicità nella strage di Milano del 12 dicembre 1969. II ministro ebbe informazioni false. Lo ha dichiarato in modo esplicito in un'intervista pubblicata domenica scòrsa su La Stampa: «Sono stato preso in giro. Lo avevo chiesto e mi avevano assicurato che il Giannettini non aveva più avuto rapporti con i Sid. Mi sono state dette bu- gie e non hanno neppure avuto il buon gusto di dirle in modo convincente». Andreotti si era fatto forte delle assicurazioni dei Sid, anche se aveva sentito la necessità di portare aria nuova nei servizi segreti, con un cambio della guardia al vertice: via Vito Miceli, al quale veniva affidato un incarico di tutto rispetto, mentre al suo posto andava Mario Casardi, con un passato al di fuori di polemiche e di giochi di potere. Andreotti girò le assicurazioni avute dal Sid al Parlamento, alla stampa, alla magistratura. Il 21 giugno ricevette al ministero della Difesa il giudice istruttore Gerardo D'Ambrosio e il pubblico ministero Emilio Alessandrini, che da oltre due anni indagano sulla strage di Milano. Fu molto chiaro con loro, ma si accorse che non dovevano essere del tutto soddisfatti. «Da questo momento — dichiarò allora e fece mettere a verbale — gli ufficiali del Sid sono sciolti da qualsiasi segreto». D'Ambrosio tornò a Milano con il prezioso verbale: sarebbe venuto, prima o poi, il momento buono per utilizzarlo. Il 14 agosto, Guido Giannettini, sotto scorta, tornò in Italia; aveva deciso di costituirsi in Argentina, per motivi non ancora chiari. Ma non fu Giannettini a tradire il Sid. L'ex giornalista del Secolo difese gli uomini dei servizi segreti fino all'ultimo. «Da quando è stato firmato il mandato di cattura — dichiarò — non ho più visto nessuno». Vari ufficiali del Sid, ascoltati nei giorni successivi, confermarono: «Giannettini? Da mesi non ne avevamo più notizie ». In queste catene c'è sempre un anello che non funziona. Ed è su questi anelli deboli che i giudici milanesi puntano. Il 22 agosto interrogano Antonio La Bruna, capitano (ora rientrato nell'Arma). Gli chiedono: «Da quanto tempo non vede Giannettini?». La Bruna risponde pronto: «Dal 26 aprile». Pochi minuti dopo, preceduti dal capitano del Sid, D'Ambrosio e Alessandrini entrano nel carcere di San Vittore. Giannettini sta mangiando. Lascia a metà la pastasciutta. Segue un agente che lo scorta fino alla stanzetta degli interrogatori. Quando vede La Bruna, non ha nessuna reazione. Solo un cenno di saluto. Nel confronto avviene l'incredibile. La Bruna conferma di avere incontrato Giannetti. ni il 26 aprile. E parla anche di altri incontri avvenuti sempre dopo il mandato di cattura. Giannettini nega. L'altro insiste. E finalmente l'uomo accusato di complicità con Franco Freda e Giovanni Ventura ammette: «E' vero. Ci siamo incontrati anche il 26 aprile». Su questo retroscena, finora inedito, i giudici milanesi hanno indagato a lungo. Anzi, ancora indagano, perché non sono riusciti a chiarirlo. Che interesse aveva Giannettini, si chiedono, a negare gli incontri con il Sid? Perché voleva difendere a tutti i costi i dirigenti del servizio segreto, nel momento in cui il fronte di omertà veniva finalmente rotto? Aveva ricevuto promesse, o sperava ancora in un aiuto che gli evitasse il rinvio a giudizio per concorso in strage, un'accusa da ergastolo? Se è così, ha mal riposto le sue speranze; ora anche Luciano Violante, il giudice istruttore di Torino, si interessa a lui: oggi gli ha fatto perquisire la casa, a Roma. A Milano si parla ormai da qualche settimana di possibili avvisi di reato per dirigenti (o ex dirigenti) del Sid. La magistratura, però, deve muoversi con la massima cautela. Diverso è il compito del mini- stero della Difesa: qualsiasi sospetto deve portare a un'inchiesta. Andreotti, prima che scoppiasse il caso Giannetti¬ ni, aveva annunciato (eravamo agli inizi di luglio): «Fino alla fine del mese il generale Vito Miceli eserciterà il "doppio comando", con il capo entrante, ammiraglio Mario Casardi. Il 29 dovrebbe essere deciso se comanderà il corpo d'armata a Milano o nel Veneto». A fine luglio la decisione: Vito Miceli avrebbe presto preso il comando del terzo corpo d'armata. A fine settembre, Miceli era ormai in partenza per Milano. Aveva organizzato anche un incontro con i giornalisti. All'ultimo momento, il rinvio, «causa austerity». Ma sotto c'era dell'altro. Andreotti. proprio in questi giorni, ha passato alla magistratura il dossier-Sid, raccolto in buona parte dopo l'uscita di Miceli dal servizio segreto. L'Espresso, non smentito ancora su questo punto, ha parlato di contatti diretti e indiretti fra Miceli e Junio Valerio Borghese, il capo del Fronte nazionale, morto in Spagna ad agosto. Ci sono stati questi contatti? E' anche su queste voci che Henke indaga? Per ora non c'è risposta. Per «congelare» la carriera di Miceli bastavano le bugie dette ad Andreotti. Poi si vedrà. Andrea Barberi Il ministro Andreotti