Un pericolo esiste nel vuoto di potere di Aldo Rizzo

Un pericolo esiste nel vuoto di potere MANCATO GOLPE IN ITALIA? Un pericolo esiste nel vuoto di potere La sostanza delle rivelazioni del Sid sui tentativi di colpo di Stato in Italia è controversa, fra coloro stessi che le conoscono direttamente e ne conservano, almeno formalmente, il segreto; e tuttavia, forse, e già possibile un bilancio, sia pure assai generale, di ciò che è accaduto, o può essere accaduto, sulla base delle « rivelazioni sulle rivelazioni ». E' un bilancio rassicurante per certi versi, allarmante per altri. Che la Repubblica abbia corso un serio pericolo, alla fine del 1970, e poi ancora, a due riprese, quest'anno, sembra difficile crederlo. Il « golpe » di Borghese, pur definito meglio, adesso, nei suoi aspetti « strategici » e operativi, resta un affare dilettantesco e futile, un'esercitazione velleitaria. Invece il « golpe » moderno, come insegna la malinconica casistica dei molti Paesi che ne hanno sofferto, è un intervento chirurgico spietato e fulmineo, un agghiacciante congegno ad orologeria. Secondo il documento attribuito dall'Espresso all'agente Giannettini, dietro Borghese c'erano il « Fronte nazionale » dello stesso principe fascista, «organizzazioni combattentistiche », gruppi di estrema destra calabresi diretti da un marchese e collegati a Ciccio Franco, un costruttore edile, degli armatoli, eccetera, e infine «diversi ambienti militari », fra cui ex paracadutisti guidati da un tenente: l'intervento « delle maggiori unità delle forze armate » era solo una vaga speranza, evidentemente (e fortunatamente) infondata. Dietro Papadopulos, il 21 aprile 1967, c'erano tutte le forze corazzate, col loro comandante, generale Pattakos, la polizia militare di Atene, il servizio segreto, il secondo gruppo tattico dei paracadutisti e il gruppo trasmissioni, il 139" reggimento di fanteria: e, sullo sfondo, la solidarietà o la neutralità benevola del terzo corpo d'armata di Salonicco e del corpo d'armata dell'Attica, che ha giurisdizione sulla capitale. Solo uno spiegamento di forze cosi imponente e « razionale » permise ai colonnelli sediziosi di strozzare in poche ore la democrazia greca, all'insaputa degli stessi stati maggiori. Ancora più inconsistente sembra la sostanza di ciò che è accaduto, o sarebbe accaduto, nel gennaio e nell'agosto del 1974. Da quel che si sa, cioè dalle voci che circolano, emerge, più che altro, un cicaleccio di rivalità e d'intrighi, fra questo e quel comandante, e fra le diverse armi e i diversi servizi. Ciò non vuol dire che non sia successo nulla, benché questo, o quasi, induca a credere il comunicato della procura di Roma; ma è assai improbabile che sia successo qualcosa di serio e drammatico. La compattezza e la solidarietà più ferree, all'interno di un « gruppo di congiura », sono la condizione essenziale del successo tecnico della congiura stessa (in Grecia, ancora, la mente del « golpe » era costituita da non più di quindici o, secondo altri, diciotto persone, legate da un patto rigidissimo di aiuto reciproco e di segretezza): il contrario è una ovvia premessa d'insuccesso. E infatti Maurice Duverger ha suggerito, fra gli antidoti del militarismo e dei « golpes », quello di fomentare le rivalità di clan e di corpo e le inimicizie personali inerenti alle gare per l'avanzamento. Sia pure casualmente, l'antidoto, in Italia, deve aver funzionato. E tuttavia sarebbe assurdo fermare il bilancio a questi dati rassicuranti, concludere che il pericolo è passato, voltare pagina. Pur se in forme fortunatamente assai limitate e marginali, il « virus » della sedizione e del « confronto » co! potere civile sembra entrato nelle nostre forze armate, come dimostra anche la vicenda della « Rosa dei venti »: ed è un fenomeno nuovo, o almeno assai recente, in un complesso militare che non ha tradizioni d'interventismo politico, a parte i casi dell'avvento e della caduta del fascismo, dove tuttavia il ruolo dell'esercito fu subordinato e indiretto. Dalle informazioni di cui si dispone emergono ambiguità, silenzi, mezze verità inammissibili. Per esempio è incredibile che di un episodio come l'irruzione di un gruppo armato nel ministero dell'Interno, reso verosimile da troppe indiscrezioni, il servizio segreto abbia dato notizia solo ora al ministro della Difesa: pur se è possibile che l'episodio, se è realmente accaduto, abbia avuto una portata e delle dimensioni diverse da quelle di un'« occupazione ». Tutto questo dev'essere spietatamente definito e chiarito, le eventuali responsabilità devono essere inesorabilmente isolate e colpite, anche per un elementare riguardo alla grande maggioranza delle forze armate e alla loro lealtà democratica. Ma ancora più importante, assai più importante, è lo sfondo politico dell'opera di risanamento di un certo ambiente militare e paramilitare. Solo un potere civile pieno e omo¬ geneo può dirsi veramente al riparo dalle tentazioni di generali troppo ambiziosi. Secondo la tesi famosa di Malaparte, la riuscita di un colpo di Stato è un problema tecnico e non politico, nel senso che un certo complesso di reparti militari che colpisca con determinazione i gangli vitali di una società moderna può impadronirsi del potere dovunque. La tesi è esatta, ma è parziale: i colpi di Stato non maturano nel vuoto, ma in certi Paesi e in certi momenti della loro storia: per esempio non ce ne sono mai stati in Inghilterra, dai tempi di Cromwell, se ne discorre ora, sia pure in una chiave semiparadossale e semiletteraria, mentre l'Inghilterra conosce la più grave crisi interna della sua storia moderna. In Italia, il primo caso concreto di attivismo politico di settori militari è del luglio 1964, con la prima grave crisi del centro-sinistra, mentre si delineava un vuoto di potere, sullo sfondo di difficoltà economiche. Allora Nenni denunciò, con la sua antica esperienza, il pericolo di una svolti' autoritaria, disse che il Parlamento e il governo « potevano essere scavalcati ». E il vuoto di potere fu colmato da una nuova coalizione. « Il vero rimedio alle malattie dell'esercito », aveva già ammonito Tocqueville, « non è nell'esercito, bensì nel Paese ». Aldo Rizzo Pattakos, di Levine (Copyright N.Y. Rcvlcw of Dooks. Operi! Mundi c per ritolta La Stampa)

Luoghi citati: Atene, Grecia, Inghilterra, Italia, Roma, Salonicco