Il "fantasma,, di mister Heath di Mario Ciriello

Il "fantasma,, di mister Heath A una settimana dalle elezioni inglesi: i conservatori Il "fantasma,, di mister Heath (Dal nostro corrispondenteI I Londra, 2 ottobre. Le elezioni sono vicine, si voterà il 10 ottobre, gli uomini politici, le loro idee e le loro promesse sono sotto il microscopio della pubblica opinione. I sondaggi ripetono: «I laboristi dovrebbero vincere anche se di poco. I conservatori non riescono a recuperare il terreno perduto». Dopo le sorprese del '70 e del febbraio scorso, ogni pronostico è sospetto, ma non v'è dubbio che tutto sembra favorire il partito di Wilson: dalla paura di un uragano economico al desiderio di pace sociale. L'uomo che dovrebbe fermare l'avanzata socialista e attrarre nuovamente l'elettore verso gli azzurri orizzonti tory è Edward Heath. Ma come può farlo, quando il passato lo tallona come un'ombra implacabile? E* un passato recente, l'inverno scorso. La gente non ricorda i perché, ma ricorda la sfida di Heath ai minatori, il suo grido di battaglia («Chi dirige il Paese? Il governo o i sindacati?»), il freddo nelle case e il buio nelle strade, la sconfitta alle urne. La politica è tra le più crudeli delle arti, e avevano ragione quei conservatori che, nei mesi scorsi, hanno tentato di ottenere la sostituzione di Heath alla guida del partito. Non era neppure un'operazione difficile, né eccessivamente dolorosa: Heath stesso pare-1 va disposto a cedere il comando. Ma è mancato il tempo. Sette mesi soltanto tra le due elezioni. Le domande sono talvolta spietate. Heath era in un pub del Bedfordshire, parlava con i giornalisti, con gli abitanti del luogo. Si ode la voce di Bill Caddis, l'oste, un tory: «Mi dica, mister Heath, sia simero. Oggi, lei non è che il fantasma dell'uomo che dominò la scena nel '70. L'essere battuto, non le ha inflitto un tremendo colpo psicologico?». Il leader dell'opposizione di sua maestà guarda, accigliato, l'inquisitore. Risponde: «Le sembro forse un fantasma?». Caddis non si lascia intimidire e insiste: «Scusi, ma lei non ha la stessa sicurezza che mostrava nel 70». Heath, gelido: «Lei ha torto». Alla televisione un intervistatore domanda: « Lei crede di potere ancora riaccogliere la fiducia degli inglesi?». A un comizio, una donna grida: « Ted, è troppo tardi ormai ». Nella prima fase della campagna elettorale, gli strateghi del Conservative Party, ben consapevoli degli handicaps del loro capo, gli avevano imposto un'attività sommessa, pr dente. Beffardo, Wilson diceva: «I tories si vergognano. Nascondono il loro leader, l'hanno messo in naftalina». Sino a ieri, Heath visitava i collegi conservatori più vulnerabili, si teneva lontano da Londia, percorreva itinerari provinciali, bussava alle porte, visitava supermercati. Accettava incontri con gli studenti, ai quali si presentava in maglione celeste e scarpe da ginnastica. Viaggiava su un piccolo aereo noleggiato dal partito, sedeva solo e silenzioso, scrutando il cielo e sorseggiando il suo whisky favorito, Glenfiddich, con acqua e ghiaccio. Rideva e sorrideva come sempre, ma con l'incertezza di chi non si sente padrone della situazione. Adesso, a poco a poco, Heath avanza verso il proscenio. Deve farlo, perché i conservatori non hanno molti uomini di primo piano, perché l'unico rispettato da tutti è il moderato William Whitelaw, già «proconsole» nell'Irlanda del Nord e probabile futuro leader del partito. Perché troppi influenti personaggi, come sir Keith Joseph, auspicano terapie monetariste che allungherebbero le file dei disoccupati senza sanare forse l'economia. E così, la difesa dei tories, in questo momento tanto critico per le loro fortune, è di nuovo affidata all'uomo che, in febbraio, con un gesto di arroganza personale e di follia politica, condusse il partito a un rovinoso scontro. E, poiché non vi sono alternative, il condottiero deve predicare oggi l'opposto di quanto dichiarò l'inverno passato. L'apostolo del primato governativo, il principe guerriero che tentò invano di imporre per legge una nuova disciplina sindacale e una politica dei redditi, questa severa incarnazione dello Stato e del suo potere deve adesso irradiare dolcezza e ragionevolezza, si presenta nei francescani panni di poco più che un mediatore nazionale. Se i laboristi offrono infatti all'Inghilterra un «contratto sociale» tra governo e sindacati, i conservatori offrono un «contratto nazionale» tra tutte le forze. E' un disegno ancora vago, ma che sembra prevedere un rafforzamento del National Economie Development Colludi (il cosiddetto «Neddy») con la partecipazione di rap presentanze di ogni settore, dalle massaie ai medici, dai pensionati alle Camere di Commercio. Tutti assieme dunque nella pianificazione dell'economia, anzi della società stessa. E' su questi due progetti che si combatte la vitale battaglia elettorale: tutto il resto èrndvsptpnnpfvtln è di secondaria importanza. I ; rapporti con la Cee balzeranno alla ribalta soltanto quando — e se — un eventuale governo laborista indirà, il prossimo anno, una consultazione popolare. (Un referendum è tutt'altro che certo. Wilson potrebbe proclamare invece nuove elezioni e sostenere la necessità di restare in Europa: o, con il pretesto della bufera economica, potrebbe rinviare tutto sìne die). Gli attacchi e i contrattacchi sull'inflazione fanno parte dell'inevitabile schermaglia elettorale, e pertanto Heath, esagerando, grida che nel '75 i prezzi saliranno del trenta per cento e Wilson, con altra esagerazione, addita nel più insignificante ribasso un'incoraggiante inversione di tendenza. «Contratto sociale» o «con¬ tratto nazionale»? Nessuno i può garantire che le Unions, I indipendenti e pugnaci come sono, rispettino il patto con | Wilson: ma il piano laborista I ila il vantaggio di essere pron- to, di essere chiaro e di essere presentato con seducente abi- lità, da tutti i grossi calibri del partito. Il «contratto na- rionale» non esiste ancora, j Heath lo costruisce strada fa- j cendo e lo recita con grandi i voli retorici, come un attore I costretto a sostenere una par- te in cui non crede, e per cui |forse non è nemmeno taglia to. E' un'impresa sfiancante, quasi disperata, la sua. In febbraio, i tories raccolsero più voti ma meno seggi dei laboristi e, per conquistare una | netta maggioranza, devono ora assicurarsi un vantaggio di almeno il tre e mezzo per cento. I laboristi avrebbero già il quattro. Non basta. I tories sono più esposti alla minaccia liberale. Se il partito di Jeremy Thcrpe guadagnerà altri seg gi, lo farà, quasi certamente, a spese di Heath. L'ultimo pronostico? Una I piccola maggioranza labori- sta, forse non assoluta. Ma gli inglesi sono elettori impreve-1 dibili, molte sono le incognite ' e, come disse Wilson in altra ! occasione: «Una settimana è i j un perìodo assai lungo, in po- j litica ». i Le notizie di oggi dicono I che Heath sarebbe disposto a dimettersi, anche se vincitore, | per facilitare una coalizione | /ori/-liberale. E' possibile, tutto è possibile: anche che Heath, più saggio e più accorto, torni agli onori e ai dolori di Downing Street. Mario Ciriello ! : j I ! '

Persone citate: Bill Caddis, Edward Heath, Jeremy Thcrpe, Keith Joseph, William Whitelaw

Luoghi citati: Europa, Inghilterra, Irlanda Del Nord, Londra