I deliri del falangista Rodriguez sospettato di stragi nere in Italia di Francesco Fornari

I deliri del falangista Rodriguez sospettato di stragi nere in Italia Sfuggito all'arresto l'abbiamo intervistato in Spagna I deliri del falangista Rodriguez sospettato di stragi nere in Italia II giudice di Torino, Violante, ha spiccato nei suoi confronti mandato di cattura per cospirazione, associazione sovversiva, traffico d'armi - "Sono un nazista" - "Violante è un pazzo" (Dal nostro inviato speciale) Barcellona, 1 ottobre. L'uomo è magro, di media statura, stempiato, lo sguardo mobile, inquieto. E' Luis Antonio Garcia Rodriguez, falangista, colpito da un ordine di cattura emesso dal giudice Violante per cospirazione politica mediante associazione, associazione sovversiva e traffico di armi. Il suo nome è legato all'inchiesta sulle trame nere, agli attentati dinamitardi, al terrorismo fascista. Si sospetta che sia uno dei capi dell'internazionale nera, la misteriosa organizzazione che finanzia e sostiene l'eversione internazionale e la cui base dovrebbe trovarsi proprio in Spagna. Di certo, Garcia Rodriguez è legato da grande amicizia con tutti i più importanti esponenti del fascismo mondiale: francesi, inglesi, jugoslavi, americani, sudafricani, portoghesi, italiani. Non fa mistero delle sue idee politiche, il suo fanatismo in certi atteggiamenti ed esibizionismi raggiunge addirittura il ridicolo. Porta una svastica appesa al collo, sull'auto ha una targa con l'immagine di Hitler in rilievo, il suo pastore tedesco si chiama Blondie, come quello del Fuhrer, al più piccolo dei suoi cinque figli è stato imposto il nome di Benito, ad una bimba quello di Eva Claretta. Appartiene alla «falange», si dice che faccia parte anche della polizia segreta franchista, che sia un trafficante d'armi. Il suo nome, con quello dell'ex colonnello delle SS Otto Skortzeny e di Valerio Borghese, era già stato fatto al tempo del fallito «golpe» organizzato dal «principe nero». E' tornato improvvisamente d'attualità durante l'inchiesta sulle trame nere: viene indicato come uno dei principali fornitori di armi ai neofascisti italiani, collegato agli ultimi sanguinosi episodi che hanno funestato il nostro Paese. Accuse che Garcia Rodriguez respinge, infastidito e offeso. «Sono un falangista e non ne faccio mistero. Sono un fascista. Sono un nazista. Nessun giudice straniero può condannare me, cittadino spagnolo, per questo. Il resto sono tutte cose senza senso. Sfido il giudice Violante a provare una sola delle accuse che mi ha mosso. E' vero: conosco dei fascisti italiani. Sono amici miei perché abbiamo un ideale in comune. Ma non ho mai cospirato contro il governo italiano, non ho mai fornito armi a nessuno. Io, semmai, le armi le impugno, se è necessario, non mi servo di mercenari». L'enfasi spagnola unita alla violenza verbale di stampo fascista. «Violante è un pazzo sadico. Mi accusa senza neppure conoscermi e mi addossa responsabilità che appartengono ad altri. Come magistrato commette anche delle irregolarità; perché questo atto d'accusa non mi è stato mai notificato e lui, prima ancora d'interrogarmi, provare quanto dice, tiene conferenze stampa e dà il mio nome in pasto ai giornali. Perchè non prova a comportarsi da uomo almeno una volta? Stracci quel mandato d'arresto ed io sono pronto ad andare nel suo ufficio per spiegargli come stanno le cose. Altrimenti sarò costretto a fare tutto ciò che è necessario per salvaguardare la mia dignità: lo denuncerò al tribunale internazionale dell'Aia per quanto sta facendo contro di me, per tutti i danni economici e morali che mi ha provocato». L'ira gli altera i lineamenti, il tono di voce diventa sempre più violento. Cerco di arginare questa fiumana di parole contestandogli dei fatti inoppugnabili: la sua amicizia con Valerio Borghese, con Salvatore Francia, già dirigente missino, appartenente a «Ordine nuovo», fondatore dei «Quaderni neri» e della rivista neonazista «Anno zero», arrestato e condannato per i campi paramilitari scoperti in Val di Susa, colpito da tre ordini di cattura (l'ultimo, del dottor Violante, per cospirazione politica), fino a ieri nascosto in Spagna, ospite nella sua casa di Barcellona. «Certo, li conosco. E ne conosco molti altri ancora. Ma questo non significa nulla. Anche perché l'unico uomo dì valore fra tutti era soltanto il comandante Borghese. Ecco, se lui me lo avesse ordinato, avrei preso le armi e sarei andato in Italia a combattere». Parlando del feroce comandante della «X Mas», Garcia Rodriguez si esalta. «Quello era un vero capo. Gli altri? Tutte mezze cartucce. Parlare di politica con i fascisti italiani significa perdere del tempo. Ognuno pensa soltanto ai propri interessi. Almirante, Rognoìii, Orlandìni e tutti gli altri non contano niente. Anche Francia: zin poveretto che sa fare soltanto della filosofia, mentre io so7io un uomo d'azione ». Che cos'è l'azione, gli chiedo, mettere una bomba su un treno e uccidere degli innocenti? La risposta è stupefacente: «No, questo è omicidio. Non sempre, però. A volte, delle vittime innocenti possono essere giustificate dal fine più importante che è quello di far trionfare il proprio ideale». Lo interrogo sull'internazionale nera. Finge meraviglia. «Che cos'è, un'invenzione dei giornali? L'unica internazionale nera che conosco è quella dei gesuiti». Ma finisce col parlarmi del circolo spagnolo degli amici d'Europa, un'organizzazione fascista che ha sedi sparse dappertutto: in Inghilterra, Francia, America, Sudafrica, Mozambico («Dove stiamo facendo un ottimo lavoro»), Italia, dove conta quaranta gruppi «dalla Calabria all'Alto Adige». E' questa, dunque, la misteriosa organizzazione che dirige l'eversione internazionale, che procura armi e finanziamenti ai gruppuscoli che fanno del ter. rorismo la loro arma preferita? Garcia Rodriguez lo nega. «Noi organizziamo dei congressi per discutere le nostre idee e tenerci costantemente informati sulla politica internazionale. Ne abbiamo tenuto uno recentemente anche a Milano. Purtroppo, con gli italiani si perde sempre tempo: si sentono tutti ducetti, antepongono i loro interessi personali agli ideali». Dei fascisti italiani afferma di avere poca stima. Ma li conosce tutti e continua a frequentarli perché «anche se non condivido il loro modo di agire, abbiamo in comune le stesse idee». A Natale erano in trenta a casa sua. «Abbiamo pranzato ascoltando gli inni del duce», dice compiaciuto. Perso nei suoi ricordi, rievoca i tragici fantasmi del passato costruendo soldatini di piombo con la camicia nera o la divisa delle SS. Giocattoli che grondano sangue. Francesco Fornari