Il pensionato può aspettare di Nicola Adelfì

Il pensionato può aspettare VOI E NOI Il pensionato può aspettare In appena sette giorni arriva sul mio lavolo una lettera imbucala ad Arequipa, citlà del Perù, e a mandarmela è la signora Valentina Mnffezzoni, titolare di una pensione minima dell'I nps. Il suo caso, sebbene non singolare, è un indicatore del livello di disinvolta inefficienza al quale si è degradata la nostra amministrazione pubblica. Ecco di che si tratta: da due anni e mezzo, precisamente dal febbraio 1972. la signora MaiTezzoni non riceve più la pensione. Ha scrino anche al presidente del Consiglio, ma è staio inutile. Solo ora una lettera del ministero degli Esteri le comunica che « dagli accertamenti effettuati è risultalo che il ritardo è slato dovuto in massima parte alle temporanee disfunzioni del servizio postale ». Come si vede siamo nel grottesco: in uno slesso tempo c'è di che ridere e di che provocare travasi di bile. Le Poste italiane non sono in grado di far arrivare una pensioncina al destinatario in due anni e mezzo, ma tutto ciò viene considerato normale, rientra nella logica delle « temporanee disfunzioni ». E tra le righe della prosa ministeriale traspaio un certo rammarico per le insistenze della signora MaiTezzoni: in effetti che cosa sono due anni e mezzo di fronte all'eternità? Dunque quella signora se ne stia buona, non stia a seccare la gente. Ma quando la pensionala potrà infine ricevere quel che le spetta? Questo punto nella lettera del ministero non è neppure sfiorato: del resto, si sa che in Italia non esiste una differenza precisa ira «temporaneo » c « permanente ». tra « provvisorio » e « definitivo ». In genere, si lira a campare alla giornata, da un governo all'alno, giù giù lino al più modesto ulficio periferico. Nella lellera dal Perù mi si domanda — si fa per dire — se ritardi così prolungati nel pagamento di ciò che è dovuto si verificano da parto dello Stato nei riguardi dei suoi dipendenti in servizio o in pensiono, specialmente se sono « pezzi grossi ». In alno parole, è vero oppure no che agli occhi dello Stalo italiano ci sono cittadini di prima, di seconda, di lerza categoria e cittadini con¬ siderati addirittura entità irascurabili? Ed ecco ora sul mio tavolo la fotocopia di una lettera corrodata dalle firme di molti presidi c professori del Veneto, c mandata al presidente Leone, al presidente Rumor, a diversi ministri e parlamentari. Nella lettera vengono esposte lungamente « le umilianti condizioni cui sono condannali gli insegnami medi collocati a riposo anteriormente al settembre 1975», Fu approvata allora una logge, la 734, che accordava al corpo insegnante l'assegno perequativo pensionabile, escludendo tuttavia dal beneficio coloro che erano stati collocati a riposo in data anteriore. « /;; conseguenza di tale esclusione due insegnanti di pari grado e anzianità jruiscono di un trattamento fortemente differenzialo con una sperequazione che umilia il sacrificalo », ossia chi dei due andò in pensione prima della legge 734. Va anche detto che l'amarezza dei « sacrificati » è resa più aspra dal fatto che alcune categorie di pensionati, dolio Stato e di enti pubblici, hanno ottenuto che le loro pensioni fossero aumentate in deroga alla legge 754. Insomma siamo sempre alle solite: a prescindere da meriti o demeriti, alcuno categorie di cittadini riescono a farsi dare dallo Stato tutto quel che chicdono, e altre invece vengono accantonalo in angoli bui. tenute li in un neghittoso oblio, non c'è mai nessuno che presti attenzione ai loro lamenti. A questo punto mi scuso con altri pensionali che mi hanno scrino narrandomi le loro tribolazioni e che lo spazio non mi consente di eilare. Sono tallii e poi lami. Tull'insienio formano un panorama molto confuso, mollo deprimente, una specie di giungla dove le norme più elementari della giustizia sono raggirate o addirittura manomesse alla luco del sole. Va da sé che chi no è succubo non può restare a lungo affezionalo a una democrazia così maniglia, così palesemente adulterala noi suoi valori essenziali, a cominciare dalla giustizia. Già all'inizio del secolo scorso Pietro Colletta osservava che « più della civiltà, la giustizia è il bisogno dei popoli »; e oggi è convinzione universale clic dove poca, incerta è la giustizia, anche poca è la libertà, e sempre vacillante. Nicola Adelfì

Persone citate: Pietro Colletta, Rumor, Valentina Mnffezzoni

Luoghi citati: Arequipa, Italia, Perù, Veneto