Giorni intensi a Washington su monete, inflazione, prestiti di Giovanni Leone

Giorni intensi a Washington su monete, inflazione, prestiti Una fitta serie di vertici economici in Usa Giorni intensi a Washington su monete, inflazione, prestiti Da ieri sono riuniti e Gran Bretagna) pa anche l'Italia: in i cinque "grandi" (Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia Domani cominciano i lavori del Fondo monetario, cui parteciquella sede saranno ridiscussi gli aiuti finanziari al nostro Paese (Dal nostro corrispondente) Washington, 28 settembre. Nella stretta della crisi economica mondiale — ormai evidentemente la più grave del secolo dopo il dramma del '29-'30 — i Paesi del mondo occidentale industrializzato tentano di organizzare la difesa, in imo sforzo generale senza precedenti in tempo di pace. Le Nazioni « piccole », le più fragili ed esposte, cercano l'aiuto degli amici più potenti (è il caso dell'Italia con il viaggio di Leone). I « grandi » si riuniscono in gran segreto, in un'atmosfera cospiratoria nel vertice aperto oggi a Washington, (non a Camp David, per il forte maltempo) fra i cinque « big » dell'economia, Usa, Giappone, Germania, Francia e Gran Bretagna). « Grandi », meno grandi e Paesi in via di sviluppo si accingono infine ad un confronto globale in seno al fondo monetario internazionale, da lunedì. Tutto questo mentre il perno delle operazioni in corso, gli Stati Uniti, sono, al loro interno, in difficoltà e sotto la presidenza di Ford esaminano possibili vie di uscita nel « referendum » economico nazionale, sempre a Washington. Alla capitale americana guardano dunque, una volta di più, tutte le nazioni del mondo, da quelle comuniste, il cui più modesto livello di sofisticazione industriale sembra rivelarsi oggi quasi vantaggioso, da quelle arabe la cui improvvisa, enorme ricchezza dipende dalla capacità occidentale di pagare i nuovi prezzi del petrolio che questa stessa ricchezza minacciano; inoltre alle nazioni del mondo in via di sviluppo, che corrono il rischio di pagare due volte il conto della crisi, importando insieme energia e manufatti, dunque subendo insieme la causa e gli effetti dell'inflazione mondiale. Si scopre l'inestricabile interdipendenza che lega ormai amici e nemici, si avverte l'urgenza di trovare soluzioni subito a problemi che sembrano non averne alcuna. Vediamo allora, uno per uno, questi appuntamenti diplomatico-economici concentrati a Washington. Innanzitutto, il «vertice economico» con Giappone, Gran Bretagna, Germania e Francia, più naturalmente gli Usa. L'Italia non parteciperà in alcun modo a questo summit di ministri degli Esteri e delle Finanze, e lo si sapeva da tempo, mentre sembra esclusa ormai anche la possibilità di un « ripescaggio » dell'ultima ora di Colombo o Moro per contatti ai margini che non avrebbe in verità avuto gran significato. Un'esclusione certo sgradevole, ma che solo un nazionalismo cieco può considerare umiliante visto che Paesi come il Canada, il Benelux, la Svezia sono anche esclusi e il ruolo dell'Italia in questo Summit sarebbe rimasto comunque marginale. Il « vertice », aperto in un'atmosfera di segreto assoluto, con i giornalisti tenuti lontani dalla polizia e nessuna conferenza stampa prevista finora, si accentra sulla nuova proposta americana di inaugurare una « linea dura » di netto confronto con i Paesi produttori di petrolio. Otto mesi fa, alla conferenza energetica di Washington, la proposta rimase inascoltata. Oggi, Kissinger ritiene che l'aggravarsi della crisi abbia ammorbidito gli europei e i giapponesi. E soprattutto i francesi, finora acerrimi oppo. sitori di ogni « cartello dei consumatori ». Stamani, per ben 50 minuti, Ford ha incontrato il ministro degli Esteri francese Sauvagnargues, e l'offensiva americana per riportare la Francia sulla linea americana appare lanciata. E' la forza della realtà — dicono gli americani — che deve far comprendere come solo uniti i Paesi consumatori possono ridurre alla ragione i produttori: si pensi che — secondo cifre rese note oggi — al ritmo attuale il reddito petrolifero degli arabi raggiungerà i 90.000 miliardi di lire nel 1980, e i 130.000 miliardi nel 1985, danari «drenati» dalle nostre economie. Insieme, a parziale smentita di quanto sostengono i portavoce arabi, il prezzo del petrolio risulta essere aumentato più di ogni altro bene commerciale: dal 1963 — oggi (cifre Onu) è cresciuto del 636' = (oltre 7 volte), mentre i metalli sono aumentati del 290'', i beri alimentari del 230'; e i manufatti del 175. Mentre, oggi e domani, i cinque grandi discutono in segreto sempre a Washington si aprono i lavori del Fondo monetario e della Banca mondiale, con una serie di « pre-riunioni » domenica. Qui e sembra un paradosso, l'Italia gioca un ruolo di rilievo: il ministro del Tesoro Colombo (da stasera negli Usa con Carli, mentre Leone e Moro stanno per lasciare il suolo americano) presie- derà i lavori del gruppo dei dieci Paesi più industrializza- ti del mondo, fra i quali an- che i cinque contemporanea- mente raccolti nel vertice di oggi. E' un intrico quasi grot- tesco, che le fonti ufficiali cercano di attenuare asserendo che mentre i « 5 » discutono di grande strategia economico-politica, i « 10 » trattano solo di aspetti monetari. Come se le due cose, con i 60 miliardi di petrodollari vaganti come un uragano monetario, fossero scindibili. Ma, ben al di là dei lavori del Fondo (si parla ancora, pateticamente, di riforma del « sistema monetario » che non esiste più), la presenza di Colombo negli Usa dovreb be permettere al nostro mi nistro e al governatore Carli di proseguire, sui piano con creto, le discussioni con gli americani sui possibili aiuti all'Italia. E, eventualmente allargarle allo stesso Fondo monetario che già ci ha concesso un prestito di un miliardo e duecento milioni di dollari in gran parte prosciugato (ce ne restano 360 milioni, cifra ufficiale). Le fonti americane, alla conclusione degli incontri del presidente Leone, dissero che gli Usa attendevano Colombo per vedere che cosa fare concretamente in nostro favore: si parla di aumentare la linea di credito « Swap » (a breve termine) che già conta 3 miliardi di dollari, di creare un consorzio di banche private per consolidare i debiti esistenti e porre premesse fiduciarie per eventuali, nuovi finanziamenti. Si parla anche di facilitazioni commerciale su mercati internazionali ove siamo in concorrenza con gli Usa e dove gli americani potrebbero farci « un po' di posto » (un caso ben noto è Cuba, nostra potenziale cliente per macchine e macchinari alla quale anche i colossi dell'auto Usa guardano ora con intensità. Si attende poi una proposta del presidente della Banca mondiale, McNamara, per fare della banca stessa una sorta di camera di compensazione fra gli arabi é i Paesi consumatori raccogliendo e gestendo per conto degli « sceicchi » i dollari del petrolio e reincanalarli verso i Paesi di partenza (attraverso prestiti, finanziamenti ecc.). Infine, la crisi economica interna Usa, da seguire con attenzione visto che un crollo di questo « perno » toglierebbe quel poco di solidità residua alla costruzione occidentale. Il vertice degli economisti, industriali, sindacalisti, politici americani presieduto dallo stesso Ford si sta chiudendo in queste ore con ben pochi risultati concreti e il crescente sospetto che si sia trattato di un vasto esercizio di «pubbliche relazioni». Ne sono usciti suggerimenti talora contraddittori, che danno la misura di quanto sia difficile stabilire ima cura efficace che non tenga conto delle ramificazioni mondiali dei problemi economici. Si fa strada la convinzione che questa non è solo la « guerra del petrolio », ma la crisi di un ordine internazionale economico-politico, di cui il petrolio è stato il detonatore. Vittorio Zucconi New York. Giovanni Leone con il segretario delle Nazioni Unite, Kurt Waldheim, durante un pranzo in onore del Presidente italiano nel palazzo dell'Onu (Tel. Ansa)

Persone citate: Carli, Kissinger, Kurt Waldheim, Moro, Tesoro Colombo, Vittorio Zucconi