Strage di Brestia: forse la pista è tra i "giovani neri,, di Lanciano di Liliana Madeo

Strage di Brestia: forse la pista è tra i "giovani neri,, di Lanciano Trovate connessioni fra i gruppi di neofascisti Strage di Brestia: forse la pista è tra i "giovani neri,, di Lanciano Cesare Ferri, il picchiatore di destra che sarebbe stato visto da un prete in piazza della Loggia il giorno dell'attentato, era in stretti rapporti con gli ultra del campo paramilitare di Pian di Rascino - Ora i giudici stanno di nuovo indagando su di lui (Dal nostro inviato speciale) Lanciano, 26 settembre. Passa forse per Lanciano la connessione fra la strage di Brescia (28 maggio: 8 morti, 56 feriti) e lo scontro a fuoco di Pian di Rascino (30 maggio: il terrorista Giancarlo Esposti ucciso, due suoi camerati, Alessandro Danieletti e Alessandro DTntino, arrestati; due carabinieri feriti). Elemento di congiunzione fra i due episodi potrebbe essere quel Cesare Ferri che un sacerdote bresciano sostiene di aver visto la mattina dell'attentato in piazza della Loggia, poco prima che s'iniziasse il comizio dei sindacalisti, mentre lasciava cadere in un cestino dei rifiuti un pacco avvolto in carta di giornale e si allontanava rapidamente. Adesso è venuto fuori che il Ferri era in stretti rapporti sia con Esposti sia con la cellula fascista di Lanciano. E, data la sua personalità (23 anni, un pesante curriculum di teppismo « ultra » alle spalle; coinvolto nell'inchiesta sugli scontri del « giovedì nero » a Milano, che portarono all'assassinio dell'agente Marino; in carcere per l'attentato del 3 marzo '73 alla sede del psi di Crescenzago e firmato dalle Sam), per vederci più chiaro su di lui e sulle sue « amicizie » sono giunti da Brescia anche i giudici Vino e Trovato. Si sono intensificati gli interrogatori, i sopralluoghi e le perquisizioni. Anche gli avvocati di parte civile, che rappresentano i parenti delle vittime dell'attentato, sono arrivati e fanno la spola tra Rieti, Lanciano, Ascoli Piceno, Pescara, Ortona, dove via via i magistrati reatini e bresciani si spostano in questi giorni. Che ci fosse un collegamento tra i diversi episodi di violenza fascista che da tempo insanguinano l'Italia è ipotesi che gli inquirenti sui fatti di Pian di Rascino hanno sempre tenuto presente. Ai principali imputati, come si legge nei mandati di cattura, subito fu contestato di « essersi associati fra di loro al fine di partecipare ad una insurrezione armata contro i poteri dello Stato, di concorrere a commettere fatti diretti a mu- I tore la Costituzione dello Stato e la forma di governo con mezzi non consentiti dall'ordine costituzionale dello Stato, quali la rivoluzione armata e la soppressione degli avversari politici con la violenza, e a suscitare la guerra civile nel territorio dello Stato, in Milano, Brescia, Ascoli Piceno, Lanciano, e in altre parti d'Italia non ancora identificate ». Cesare Ferri rappresenta un anello nella catena dei rivoluzionari dell'estrema destra. Resta da stabilire quale fosse il suo ruolo e la sua importanza. Esposti aveva nel portafogli due sue fotografie (per mostrarle a qualcuno o per procurargli qualche documento falso, ad esempio in quella tipografia clandestina di Roma, dove poi furono trovate false carte di identità intestate a fascisti che erano nei guai con la giustizia?). Luciano Bernardelli, il sanbabilino trasferitosi nel '72 a Lanciano; amico di Colombo, Esposti, Fumagalli, Degli Occhi; fuggito in Svizzera il giorno che doveva es- sere arrestato per « associa¬ zione sovversiva », e che adesso accusa il procuratore della Repubblica di Lanciano di averlo fatto scappare avvisandolo in tempo del provvedimento preso contro di lui, lo ha ospitato più volte. Lo presentava come suo « cugino, Marco ». Se lo ricordano in molti: bruno, slanciato, coi capelli lunghi. Il 18 febbraio '73, i neofascisti lancianesi assalirono un gruppo di extraparlamentari. « Marco » prese a pugni Michele Jeronimo, il figlio del maresciallo dei carabinieri che adesso è accusato di aver favorito la fuga del Benardelli. Il maresciallo Jeronimo andò a incontrarlo, accettò le sue scuse e tutto finì lì. « Marco » non entrò nella lista dei 13 incriminati per rissa, ragazzi di destra e di sinistra mescolati insieme. Eppuse il suo nome doveva essere noto alle autorità anche per un'altra ragione, uno dei componenti della banda Benardelli, Fernando Veronesi, fu fermato dai carabinieri perché senza documenti; rimase dentro tutta la notte e fece i nomi dei suoi compagni. In un'altra occasione « Marco » fu notato a Lanciano. Andò a una festa organizzata dalla filanzata del Benardelli e corteggiò una sua amica. Questa, simpatizzante di sinistra, fu spinta dai suoi amici a chiedere l'indirizzo del giovane per potergli scrivere. Il Benardelli indovinò l'inganno e andò su tutte le furie. « Marco » rimase senza cognome, fino ad ora. Sono tutti elementi che vengono vagliati con attenzione oggi che altre circostanze di rilievo emergono. Dal Benardelli partono piste che portano in svariate direzioni: appartengono a lui oggetti rinvenuti fra le armi e l'esplosivo (dello stesso tipo dell'arsenale di Pian di Rascino) sequestrati presso Lanciano; era suo amico l'esponente missino di Guardiagrele, presso Lanciano, che per qualche tempo pubblicò una rivista. Rivolta di popolo, stampata in Veneto; facevano capo a lui sia i « camerati » del Nord, come Colombo, Esposti, Ferri, sia quelli del Centro-Sud. Liliana Madeo

Persone citate: Alessandro Danieletti, Alessandro Dtntino, Cesare Ferri, Degli Occhi, Fumagalli, Giancarlo Esposti, Luciano Bernardelli, Trovato