Amor di lago di Carlo Carena

Amor di lago Tra scrittori e pittori Amor di lago Elogio del Lago Maggiore, Officine Grafiche Esperia di Milano, pag. 346 e 140 ili., s.i.p. Non so fino a qual punto il Lago Maggiore, che pure è l'occhio del Piemonte e della Lombardia, meriti tutti gli elogi e i rapimenti strappati a grandi e piccoli visitatori in secoli di frequentazione. Se ha ragione Mendelssohn di dire che è la cosa più bella da lui mai vista, o chi, come Chateaubriand, ha bisogno anche di una notte di luna e del tocco della sventura per avvertirne l'impatto. Certo non è priva di significato culturale la storia di un luogo che ha funzionato da cassa di risonanza sentimentale per tanto tempo. I grandi nomi e le note alterne della fortuna di un paesaggio, comunque molto no to, sono rievocati con abboni danza A} citazioni da Piero Bianconi nel saggio introdut tivo a un prezioso volume che Franco Vercellotti ha organizzato in modo esemplare, secondo criteri rigorosi e un gusto assai fine. Il volume contiene la schedatura di tutte le stampe del lago (oltre quattrocento) dal 1677 fino al 1884, quando esse vennero progressivamente soppiantate dalla fotografia. In questa rassegna, la perizia dei due curatori, Paolo Arrigoni e Luigi Zipoli, si rivela pari allo splendore del vasto materiale illustrativo. La prima apparizione del paesaggio del Lago Maggiore sulla carta stampata risulta in un incunabolo del 1485. Rappresenta una città indefinita entro una cerchia di mura cinte dall'acqua, una immagine intercambiabile cui, è attribuito il nome di « Angleria (Angera) castello in Lombardia ». Poi Arona e ancora Angera compaiono un po' più verosimili nei Sacri ragionamenti del cardinal Federigo (i Borromei sono i feudatari del luogo), e ini¬ zia allora la lunga vicenda fi gurativa, che ha protagonisti anche notissimi (da qualche parte ci sono schizzi di Corot e di Samuel Butler ». Ma direi che nella nostra diffidenza o nella nostra noia le luminarie e le macchine teatrali allestite per la visita di Carlo Felice all'Isola Bella, o la sosta di Napoleone prima di Marengo ci attraggono meno dei deboli quadretti settecenteschi o delle intense vedute dell'Ottocento tinteggiate di verdolino e d'azzurro: solitudini aperte o arruffate, rare barche coperte di un telo a botte; sul lungolago di Baveno dominato da due olmi immensi si contano una quindicina di persone (due villani in groppa di asinelio un ufficiale con ragazza, una bimba che insegue un cane...); se sull'isola si scorge l'albergo Delfino di fogazzariana memoria, a Stresa la mole incipiente del Des Iles evoca una stagione che oggi bisogna andare a ritrovare piuttosto a Lucerna o nelle città termali del Reno. Tutt'al più andremmo anche noi, in compagnia di Théophile Gautier, a cercare a Lesa il vecchio Manzoni, transfuga della Brianza: « lo si vede spesso davanti alla porta della sua villa in faccia al lago, che sta a guardare i viandanti. Ha una fisionomia benevola, venerabile e nobile; i tratti disegnati dalla magrezza lo fanno somigliare al Lamartine ». In realtà, come ben dimostra l'ampia panoramica del volume, in un Paese come questo, sostanzialmente ingenuo nella dimensione storica di cento altri sulla faccia della terra, la suggestione rimane soprattutto affidata alle cose e alle persone più effimere. Riesce tanto più commovente che solo per esso, insieme a Santa Croce di Firenze, al Vaticano e al Vesuvio, Stendhal fosse disposto a vendere la sua camicia, se non il suo cuore. Carlo Carena

Luoghi citati: Angera, Baveno, Firenze, Lesa, Lombardia, Milano, Piemonte, Stresa