Nell'ippica non c'è alcuna crisi mancano soltanto gli allenatori di Elvio Rossi

Nell'ippica non c'è alcuna crisi mancano soltanto gli allenatori Abbiamo buoni cavalli ma pochi uomini che li curano Nell'ippica non c'è alcuna crisi mancano soltanto gli allenatori E' indubbio che la crisi economica è lontana dagli ippodromi del galoppo. Il numero dei cavalli aumenta, molte scuderie hanno concluso nelle ultime settimane importanti acquisti in Francia ed in Irlanda, altre si preparano ad andare a cercare cavalli alle prossime aste di Newmarket in Inghilterra. La produzione nazionale è in forte incremento non solo quantitativo, ma anche qualitativo. E' questo soprattutto il lato Importante, perché, nel momento in cui si parla di aprire il Derby agli ■ invader », occorre anche produrre in casa ad un livello che sia competitivo. Le aste di Monza sono state un successo senza precedenti: un puledro. Settimo Sigillo ha raggiunto Il vertice assoluto di 54 milioni. Ben 156 cavalli hanno cambiato padrone, con un prezzo medio superiore a 4 milioni e 200 mila lire. Siamo dunque di fronte ad un fenomeno di crescita senza precedenti. Del resto il pubblico è più numeroso dappertutto, segno di un rinnovato interesse; il movimento delle scommesse si amplia ed autorizza a prevedere per il 1975 un sensibile ritocco delle dotazioni in palio. A questo punto però sorge un nuovo problema: gli uomini che hanno in cura i cavalli — a tutti i livelli — dal più umili « groom » agli allenatori stanno diventando troppo pochi. L'evoluzione dell'ippica rischia di essere rallentata se non si correrà ai ripari. La vita dell'artiere, dell'uomo cioè che ha in consegna gli animali, non è certo delle migliori, con levatacce all'alba ed un impegno quasi continuo. Ha però il vantaggio di consentire una vita all'aria aperta e paghe che non sono proprio di fame. Tuttavia sono pochi i neofiti. Più grave ancora la situazione allenatori. Quelli « a livello internazionale » sono in Italia al massimo una mezza dozzina; poi c'ò un gruppo di « abbastanza capaci » ed infine una quantità di mestieranti. Questa terza scelta può andar benissimo per la preparazione dei cavalli mediocri, ma si trovano in seria difficoltà davanti ad un soggetto da gran premio che va studiato e programmato in modo da raggiungere i vertici di condizione nei pe- n'odi delle corse più importanti. Un buon cavallo richiede un buon allenatore, altrimenti esprime soltanto 'I 50 o il 60 per cento delle sue possibilità. Da tempo l'Unire è stata invitata ad aprire una scuola per allenatori. Ci vuole tempo, non basta certo un corso di tre mesi, ma fra i giovani caporali di scuderia ci sono elementi in grado di apprendere e farsi strada: senza maestri rimarranno soltanto dei praticoni. Un buon allenatore deve possedere un bagaglio di cognizioni veterinarie, deve saper leggere i programmi di corse ed indirizzare con mesi di anticipo l'attività dei cavalli che gli sono affidati. Oggi, purtroppo, i soggetti di maggior pregio finiscono nelle mani di quella sparuta pattuglia di uomini validi, che si vedono costretti a seguire un numero di cavalli eccessivo; inoltre, per non scontentare I vari proprietari, debbono evitare scontri diretti fra I propri allievi ed è fatale che sacrifichino le attenzioni che qualcuno ■ potrebbe meritare » a favore di chi le merita sicuramente. Così la Razza Dormello-Olgiata ha fatto il primo passo ed indicato una strada: è andata In Inghilterra ed ha assunto un giovane, Anthony Hyde, concedendogli piena fiducia. I risultati non sono mancati. Del resto nella grande ippica italiana del primo dopoguerra, i quasi incredibili successi erano frutto di tre o quattro allenatori (Tesio a parte) venuti dall'Inghilterra. Ed oggi gli uomini di scuderia che sono ancora fra i più richiesti sono quegli anziani che furono da ragazzini loro allievi. I risultati dell'asta di Monza confermano che in Italia i buoni cavalli, almeno potenzialmente, ci sono. La « tavola rotonda » sul Derby ha mostrato una certa propensione a vedere più i lati positivi che quelli negativi di una partecipazione di cavalli stranieri alla massima prova per i tre anni: meno chiaro se l'orientamento sia tale soltanto per i cavalli nati all'estero ma di proprietà italiana o anche per I cavalli di proprietà straniera. E' però certo che le file dei nostri allenatori (e con esse quelle dei fantini) si devono allargare, con l'inserimento di uomini validi, in modo da far sì che in ogni scuderia non vi siano più di 12 o 15 cavalli (20 è considerato il limite massimo, oltre il quale molto è affidato al caso). Gli sforzi degli allevatori che cercano incroci veramente qualitativi (e costosissimi) e del proprietari che impegnano i loro capitali saranno altrimenti inutili. Elvio Rossi

Persone citate: Anthony Hyde, Razza Dormello-olgiata, Tesio

Luoghi citati: Francia, Inghilterra, Irlanda, Italia, Monza