Una posizione meno rigida? di Mario Deaglio

Una posizione meno rigida? Una posizione meno rigida? La posizione sindacale ha per-duto almeno una parte della rigidità che sembrava caratterizzarla ancora qualche giorno addietro. Questo non vuol dire che la trattativa sarà facile o i sindacati arrendevoli; semplicemente significa che le difficoltà economiche del Paese stanno inducendo le parti ad entrare nel vivo della questione, lasciando perdere alcune schermaglie rituali. E' ancora troppo presto per far calcoli, anche se le ultime stime sembrerebbero inferiori a quelle avanzale qualche giorno fa. Per valutare l'impatto che le richieste possono avere sul sistema economico si può immaginare, per assurdo, che il governo e gli imprenditori rispondano con un « no » secco ai sindacati. Che cosa succederebbe? Una larga fascia di lavoratori con bassi redditi, ed in particolare una gran parte degli ope- 1 rat dell'industria del Nord, sa rebbe costretta a ridurre i pro¬ a e a l i ò a a e l n - a e a i e o a i e è e o è e oe a ae o tia pri consumi e quindi i propri acquisti. Ciò manderebbe in rovina molti piccoli commercianti ed in brevissimo tempo si avrebbero, in tutti i settori, riduzioni d'orario e disoccupazione. Non sarebbe pensabile, d'altra parte, che i lavoratori accettino una simile soluzione senza reagire: si verificherebbero ondate di scioperi duri e minacciosi, e magari un estendersi di nuove forme di lotta, quali la « disobbedienza civile », di cui abbiamo avuto in questi giorni qualche accenno a Milano e Torino. Nessun dubbio quindi che vada accettato il principio del sostegno dei redditi più bassi. Questi redditi rappresentano il punto più debole di quel pericolante edificio che è la nostra espansione produttiva. In quanto tali, oltre che per un elementare senso di equità sociale, vanno puntellati. Vi è però un'altra faccia della medaglia. Mettendo più denaro nella busta paga dei lavoratori si ha, quasi automaticamente, per un complesso di ragioni, un aumento dei prezzi. Va quindi ricercato un punto di compromesso tra l'esigenza di difendere questi redditi e quella di ridurre il lasso di inflazione. Questo punto di compromesso non può che essere fissato dal governo. Le posizioni degli imprenditori sono legale a ciò che il governo pensa di fare (e di poter fare) per l'economia nei prossimi mesi e nel prossimo anno. Il governo non si illude certo di fare scomparire la nostra inflazione con un colpo di bacchetta magica. Quest'anno i prezzi in Italia aumenteranno del 20-25 per cento. Un obiettivo realistico potrebbe essere quello di cercare di ridurre questo aumento nel 1975 alla metà. Si tratterebbe cioè di disinnescare l'inflazione poco alla volta, dal momento che disinnescarla tutta d'un colpo si può solo a prezzo di milioni di disoccupati. Il governo deve dirci, dunque, qual è l'aumento massimo dei redditi di lavoro compatibile con un simile assunto. Di qui deve partire una trattativa seria. Più importante ancora della cifra che si concederà ai lavoratori è il modo in cui l'indennità di contingenza sarà calcolata di qui in avanti. Bisogna che l'indennità continui ad essere veramente un'indennità, e serva cioè a conservare il potere d'acquisto dei lavoratori; essa oggi rischia, per effetto di un meccanismo ormai antiquato, di far aumentare i salari più rapidamente dei prezzi e di diventare la classica buccia di banana su cui scivola necessariamente qualunque tentativo di contenere l'inflazione. E' possibile studiare un meccanismo di scatto dei punii che, mentre salvaguardi e magari accresca i redditi più bassi, non faccia al tempo stesso scattare anche l'inflazione. Nelle trattative degli ultimi anni i sindacati hanno tenuto atteggiamenti contraddittori: da un lato si sono fatti portavoce dei lavoratori più deboli ed in nome dell'equità hanno chiesto aumenti uguali per tutti. D'altra parte hanno lasciato libere singole categorie, più forti o meglio piazzate, di fare rivendicazioni aggiuntive. Il risultato è che all'interno del mondo del lavoro le differenze di reddito sono aumentate, e si assiste all'assurdo che certe categorie, che hanno pagato duramente le lotte, come i metalmeccanici, hanno in definitiva ottenuto molto meno di altre, come i bancari, che invece lian lottato mollo meno, ma si trovavano in posizione più favorevole. Si inizia così un circolo vizioso di nuove domande, nuove tensioni, nuova inflazione. Si potrebbero creare, a seguito di queste trattative, le premesse per una loro visione complessiva che finalmente agisca in senso contrario alle disparità sociali del Paese. Mario Deaglio

Luoghi citati: Italia, Milano, Torino