L'italiano è cacciatore di Vittorio Gorresio
L'italiano è cacciatore TACCUINO L'italiano è cacciatore Il primo giorno di caccia, 25 agosto, quest'anno i morti furono sci, oltre a numerosi feriti tra i quali due fidanzati di Modigliana (Forlì) che in un boschetto furono scambiati per fagiani e impallinati. Domenica 15 settembre, apertasi la caccia in Piemonte, tre nuovi morti e una decina di feriti: « Da rilevare — hanno scritto i giornali — che non si segnalano vittime tra i non cacciatori ». Insomma, tutto bene; i cacciatori eventualmente si sparano tra loro. Si sa del resto che le automobili fanno molte più vittime in una sola giornata domenicale e anche si sente sostenere che tra i diversi passatempi rischiosi (alpinismo, ad esempio, pesca subacquea ed affini) questo della caccia è uno dei meno cruenti, nonostante che l'esercito venatorio italiano, armato di almeno un milione e 800 mila fucili, numericamente sia pari agli effettivi degli eserciti regolari di tutta l'Europa occidentale, Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia messe insieme, e circa la metà di quello Usa negli anni della guerra nel Vietnam. Il volume di fuoco sviluppato dai nostri cacciatori è cospicuo: l'Associazione libera caccia lo calcola in 840 colpi a testa sparati in media ogni anno, per un totale di un miliardo e 512 milioni di cartucce. Ammesso che vada a segno il 10 per cento dei colpi, si avrebbe una strage annuale di 150 milioni di capi di selvaggina, uccelli in grande maggioranza, e quanto al costo dell'operazione, calcolando il prezzo medio delle cartucce intorno alle cento lire, si registra uno spreco di 150 miliardi circa. Un milione e 800 mila cacciatori fanno un cacciatore ogni trenta italiani, ma tolti i vecchi i bambini e le donne, siamo al rapporto da uno a dieci. Bellicosi come risultiamo essere, ci si domanda come mai abbiamo perduto la guerra. Ci si domanda pure come sia possibile che di anno in anno si trovi ancora in Italia qualche animale da uccidere. Qui la risposta è facile, perché a parte la fauna migratoria, la quantità maggiore delle prede a disposizione dei nostri fucilatori consiste in lepri, starne e fagiani che importiamo dall'estero, Europa dell'Est e dell'Ovest, oltre che dagli Stati Uniti e dall'Argentina. Siamo il solo Paese del mondo che importi selvaggina, per circa settemila quintali ogni anno con una spesa di oltre due miliardi. Esportiamo in compenso cacciatori poiché i più ricchi nostri Tartarini battono altri Paesi (Jugoslavia, Ungheria, Spagna, Turchia, Algeria, Tunisia) e nei giusti periodi non è infrequente negli aeroporti d'Europa e del Nord Africa imbattersi in italiani con bagaglio di fucili e pernici, tortore e tordi. Non si ha notizia che sia stato mai possibile applicare ai fucili il deterrente di una tassa una tantum: se ne era parlato l'estate scorsa ma la proposta non passò in Parlamento, ed un ministro disse anzi che il mancato introito della tassa sulle armi sarebbe stato facilmente ricuperalo col gettito di quella sulle case: sparare iiecesse, abitare non est necesse. Politicamente, del resto, i cacciatori sono protetti come nessun'altra categoria, costituiti come sono in corporazione incrollabile. Già la più forte loro associazione, la Federcaccia, da tempo ha realizzato il compromesso storico, essendosi dato un presidente democristiano, l'ex ministro Italo Giulio Caiati, e un vicepresidente comunista, il senatore Enzo Mingozzi. E poi c'è un'Arcicaccia di sinistra, socialisteggiante, e un'Enalcaccia pluripartitica; una Libera caccia di ispirazione pri, e adesso pare che sia in corso di costituzione anche una lega missina di franchi cacciatori. Le esigenze matìoso-corporativo-elettorali spiegano bene lutto questo, facendo crescere la vergogna nazionale e diminuire la speranza in un civile raddrizzamento della classe dirigente. Se pure i comunisti, considerati da varie parti come l'estrema riserva del Paese, son dentro fino al collo nell'azione di strage, Domine, qttis sustinabli? Il pei si è schierato persino a favore dell'uccellagione, arrischiandosi a sostenere che non è la caccia a distruggere la fauna, ma sono gli inquinamenti, c che pertanto sarebbe inutile cominciare a limitare la caccia se non sia prima eliminata tutta la serie delle altre cause. Mi dicono del resto che appunto il pei è il quasi esclusivo importatore della selvaggina dai Paesi dell'Est. Devo pur riconoscere che nel pei si trova anche qualche difensore della fauna selvatica italiana: è il senatore Umberto Terracini il quale un giorno ha scritto sulla rivista Ulisse, sotto il titolo « I guastatori della natura »: « La società odierna trae certamente, almeno in Italia, maggior vantaggio da un uccello vivo che da un uccello morto». Ma Terracini, sappiamo bene, è rara avis nel pei, dove è normale che sempre lo contraddicano. Vittorio Gorresio
Persone citate: Domine, Enzo Mingozzi, Italo Giulio Caiati, Tartarini, Terracini, Umberto Terracini
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