L'incerto pronostico delle elezioni greche di Ferdinando Vegas
L'incerto pronostico delle elezioni greche Prima votazione dopo 10 anni L'incerto pronostico delle elezioni greche 11 primo ministro greco Karamanlis ha dunque mantenuto la promessa fatta a Salonicco il 51 agosto, davanti a trecentomila ascoltatori deliranti di entusiasmo, di indire le elezioni « in un lasso di tempo più breve eli quanto non si creda »; addirittura troppo breve, secondo il giudizio espresso l'altro ieri da Andrea Papandreu nella conferenza-stampa di Roma. Le critiche del leader socialista hanno un indubbio peso: in appena due mesi, quanti ne intercorrono fino alla scadenza elettorale del 24 novembre, i partiti non avranno il tempo di organizzarsi; vi è quindi il rischio che, specie nelle campagne, prevalga di nuovo l'abitudine di votare per fedeltà ad una persona o per ragioni di clientela. Tanto più che, ha affermato Papandreu, « nei villaggi saranno gli slessi poliziotti, gli stassi funzionari del periodo della Giunta a regolare le operazioni di voto ed a "vigilare" sulla libertà dei partiti ». Altro motivo di critica offre il sistema elettorale deciso dal governo: proporzionale, sì, ma con tali forti correttivi da snaturare veramente il responso delle urne. Per concorrere alla ripartizione dei seggi in Parlamento, infatti, un partito dovrà raccogliere almeno il 17 per cento dei suffragi popolari, una coalizione di due partiti il 25 per cento, di tre partili il 50 per cento. Nonostante tutti questi aspetti negativi, Papandreu si è detto convinto che il suo partito, il Movimento socialista pan-ellenico, otterrà il successo; ed ha auspicato una più ampia unione delle forze di sinistra, che a suo parere potrebbe ottenere una schiacciante maggioranza nella prevedibile contrapposizione frontale tra due schieramenti che deriverà dalla legge elettorale. 11 primo interrogativo che sorge con la ripresa della vita politica in Grecia, non solo in vista delle elezioni, è precisamente se e quanto potranno unirsi le varie forze di sinistra. Il Movimento socialista di Papandreu è stato fondato appena il 3 settembre, ma si può con siderare l'erede, se non di tutta la vecchia Unione di centro (il partito di Giorgio Papandreu il padre di Andrea), perlomeno della sua ala più avanzata. Nelle ultime elezioni libere della Grecia, del febbraio 1964, l'U nione di centro aveva ottenuto quasi il 53 per cento del totale dei voti: quanti di essi seguiranno Papandreu figlio nel suo spostamento su posizioni decisa mente socialiste? Non si dimen tichi che l'Unione di centro era l'ultima incarnazione del vecchio partito liberale e comprendeva, appunto, più clementi di centro, moderatamente progressisti o al massimo di indirizzo socialdemocratico, che non elementi propriamente di sinistra. Un altro interrogativo fondamentale, sempre sul versante di sinistra, sorge circa la consistenza che dimostreranno i comunisti, se saranno legalizzati, dopo essere stati messi al bando al tempo della guerra civile (194749) e bollati come « greci indegni >> dai colonnelli e, prima ancora, da Karamanlis. La questione è ulteriormente complicata dal fatto che oggi esistono due partiti comunisti: quello « dell'esterno », ortodosso, di obbedienza sovietica, su posizioni più rigide; e quello « dell'interno », dissidente, su posizioni più concilianti, tanto che il suo segretario generale ha pubblicamente espresso sostegno al governo Karamanlis. Si uniranno i due tronconi? Si alleeranno con il Movimento socialista di Papandreu? La dittatura, come insegnano esempi storici, dovrebbe aver rafforzato per contrapposto le sinistre in genere ed i comunisti in particolare; manca però un adeguato termine di confronto elettorale per i comunisti da soli, dato che essi confluirono nell'Eda (Unione democratica delle sinistre), la quale nel '64 ottenne il 14,50 per cento dei voti. Rimane da esaminare l'altro blocco, quello di destra o di centro-destra, che però non si è ancora organizzato in uno o più partili. Non sappiamo quindi se Karamanlis stesso si porrà alla testa delle forze moderato-conservatrici oppure se lascerà il compito ad altri, preferendo mantenersi al di sopra delle parti, come ama fare fin d'ora con i suoi appelli all'unità nazionale. Strana parabola, invero, quella di Karamanlis, che dal '55 al '63 diresse un go-verno fortemente autoritario, andò poi in volontario esilio all'avvento di Giorgio Papandreu, vi rimase durante la dittatura dei colonnelli ed infine è stato richiamato in patria per raccogliere un'eredità disastrosa e cingere l'aureola di restauratore della democrazia. Ammettiamo la sincerità della sua conversione, maturata nell'esilio, ma non possiamo non domandarci se il 23 luglio '74 della Grecia non somigli al 25 luglio '43 dell'Italia: ossia, Karamanlis come Badoglio? Le forze sociali che hanno fatto appello a Karamanlis sono sempre quelle tradizionali, non certamente quelle progressiste. Queste ultime non si accontentano di una semplice restaurazione, di una democrazia di facciata, ma tendono invece all'instaurazione di un'effettiva democrazia sociale. Sta qui il contrasto di fondo che, al di là delle persone e dei partiti, le elezioni dovrebbero risolvere. Ferdinando Vegas
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