I fedayn dell' Olimpiade

I fedayn dell' Olimpiade Dopo due anni, la verità sulla strage di Monaco I fedayn dell' Olimpiade Alla tragedia in cui morirono undici atleti israeliani contribuirono complicità, errori e vigliaccherie ■ Il commando di "Settembre nero" ebbe appoggi all'Est, in Europa e nella stessa Monaco ■ Gli sbagli delle autorità tedesche e olimpiche Quando stava per incominciare a Monaco la ventesima Olimpiade, un invalido di guerra (una gamba lasciata in Russia, nove anni di prigionia) che teneva un chioschino di panini sui bordi dezroiympisches Dorf, ebbe delle grane dagli organizzatori. La presenza di un mutilato nell'Arca della Perfezione Fisica! Un vecchio rottame galleggiante sul Mare della Giovinezza! Peggio: un avanzo di guerra, nella Festa della Pace! Il magagnato alzò il corno, minacciò solidarietà sindacali e combattentistiche; fu lasciato stare, a malincuore. Avrà attirato lui, con la sua unica gamba, il mah cchio sull'Olimpiade? Avrà unto lui, di peste, le porte verniciate di fresco del Block 31 di Connollystrasse? In una Expo del Benportante non mancano mai i sintomi preoccupanti; in un Titanio che si stacca dal porto, è già sviluppato il seme del naufragio. Ci sono state altre Olimpiadi sfregiate o sospette, dal giorno della loro artificiale resurrezione. Ecco Monaco 1972, l'Olimpiade con la faccia di vetriolo, la più costosa, la più universale, la più seguita, la più mostruosa. Ventiquattromila poliziotti, soldati, agenti speciali con gli occhi fissi sui Giochi; tutti i più fini sistemi elettronici per comunicare, per prevenire; tutti gli incidenti possibili ipotizzati dagli psicologi: ma intorno alla squadra più minacciata, più esposta all'odio concentrato, più fragile, nessuno. La vigilanza promessa, ininterrotta, diurna e. notturna; le scorte vellutate, la protezione inimitabile: niente. Evidentemente, la Fraternità Sportiva farà da Argo. L'attività dei residui mitici nella nostra mente: Villaggio Olimpico come luogo inerme affidato a forze invisibili, limite sacro. Chi oserebbe? Collocata perifericamente, la squadra designata sfiderà anche meglio il pericolo; di là dal tracciato magico, l'Odio la scruterà, impotente. Fronteggiata da una barriera di delegazioni di Stati ostili (Tunisia, Libia, Germania Est), sarà la prova che omnia vincit Amor. Su questo cuscino agapico, ventuno ebrei israeliani dormiranno sicuri. Il Land della Baviera ha pensato a tutto. Nove ostaggi Il piede equino sotto la crinolina, l'alito demoniaco... Qualche buon pellicano ha nutrito i suoi figli: fucili d'assalto russi Kalachnikov e Tokarev, mitra Kalachnikov, carabine automatiche ceche Sks, bombe e pistole, il meglio della Fraternità Mondiale. Portatori di questo messaggio, in sacchi gonfi e pesanti, sono sei uomini che in tuta atletica, alle 4 del mattino del 5 settembre, senza che nessuna divinità olimpica si svegliasse, hanno scavalcato la rete metallica dell'Olympisches Dorf, a cinquanta metri dal sonno degli israeliani, sparendo subito. Venti minuti dopo (dov'erano? chi li ha annidati?) riappaiono in altro arnese, e altri due li raggiungono direttamente dal sottosuolo, dove corrono le autostrade. Mezz'ora dopo Moshe Weinberg, allenatore di lotta, e Yossef Romano, sollevatore di pesi, sono due inciampi sanguinosi, fracassati di colpi, nella cucina dell'appartamento n. 1 del Block 31, Connollystrasse. Non avevano armi. Si erano difesi con karaté e coltelli da cucina. Tuvia Sokolovsky e Gad Tzobari riescono a scappare. Altri nove, che abitavano gli appartamenti 1 e 3, imbavagliati, legati da cento corde, sono presi in ostaggio dalla compagnia d'incappucciati penetrata nei loro dormitori. Oltre che di un trepidante arsenale, gli otto erano anche forniti di duplicati delle chiavi del Block 31. Gli ostaggi: Yosef Gutfreund, Amitzur Shapira, Kehat Shorr, Andrei Spitzer, Yacov Springer, David Berger, Zeev Friedman, Eliezer Halfin, Mark Slavin. Non ce ne saranno altri; gli altri dieci ospiti israeliani della palazzina riescono a salvarsi. L'elenco degli ostaggi è un elenco di morti. La Médaille de Sang dì Serge Groussard, Denoél 1973: tutto quel che in questo articolo non è commento personale è ricavato di lì; seicento pagine di cronaca e di flashes di un cronista-testimone sulla strage olimpica. Documenti, testimonianze, biografie, ritratti, punti di vista arabi, tedeschi, israeliani. Quasi tutto è nuovo. Anche un'appendice di emanazioni della stampa mondiale sarebbe stata opportuna, per fissare uno spartiacque morale. Monaco 1972, tra le convulsioni che ci spiantano, è una memorabile smorfia; ed è una battaglia malamente perduta ma, fortunatamente, combattuta. Non c'è momento, anche minimo, di quei due giorni di settembre che non tocchi la seìisibilità umana col suo specillo. In qualche punto, è cronaca a mala pena sopportabile. Tutto è solidamente emblematico. Tutto finisce in una ben giustificata tristezza. Un editore italiano si troverà, spero. Elùl-al-àssuad: Settembre Nero. Il colpo di Monaco viene di là. Quando si dice società si parla confuso; quelle che contano sono le società segrete, che sono le vere società dentro le illusorie. La loro rete è oggi smisurata... Ma Elùl-al-àssuad non è che la parte d'ombra compatta di una società in penombra, che ormai tratta con le potenze e si presenta come Stato nell'uovo, il Fath di Arafat, magna pars dell'Olp. (Per scrupolo filologico, non uso la trascrizione Fatàh; il Fath non è una fata). Uno dei capi del Fath, Abu Daud, quand'era prigioniero ad Amman, l'aveva detto esplicitamente: « Settembre Nero non esiste; è solo un nome di codice per i gruppi del Fath dediti alle operazioni terroristiche ». E altrettanto chiaro, su questo, fu il foglio egiziano Al-Gumhuriyya, il 21 settembre 1972. Il Fath perderebbe in rispettabilità guerriera e diplomatica prestando la sua sigla ai lavori indecenti dei suoi bravi. (Niente di strano, è storia vecchia e universale del potere). Nel Villaggio Olimpico, in preparazione del bagno irenico universale, lavoravano tranquillamente tre palestinesi già schedati come terroristi: il futuro capo del gruppo, Issa, come architetto; Tony, come cuoco; Abu Halla, come giardiniere, tutti parlanti tedesco e inglese. Gli altri cinque arrivarono a Monaco in due gruppi, da Tripoli e da Beirut, via Roma e Belgrado. Secondo rivelazioni di Quick, li avrebbero invece accompagnati a Monaco, in auto, da Parigi, un libraio del Quartier Latino e sua moglie. La polizia bavarese tace per ora quel che ha saputo. Un centinaio di arabi vennero espulsi, dopo il colpo, dalla Germania Federale. L'attentato era in preparazione da almeno un anno, le ultime disposizioni vennero date a Sofia dal Fath e le mani complici furono tante, e molto vicine ad altre delegazioni sportive. Subito dopo, lavate, eccole di nuovo pronte. Le richieste dei terroristi: liberazione di 234 detenuti rivoluzionari (cioè colpevoli di atti terroristici) in Israele, tra cui Kozo Okamoto, l'omicida di Lod, e quattro dinamitarde francesi; inoltre Ulrike Meinhof e Andreas Baader (imputati di assalti a banche e attentati alle basi Nato, sette omicidi) in Germania Federale. La banda Baader-Meinhof, arrestata nel 1972, minuettava col Fath. Li volevano tutti in libertà entro meno di tre ore — l'ultimatum era delle 5,08 — poi sarebbero volati in un Paese arabo di loro scelta. Sul video Il Terrore adora il Teatro. Il Fath aveva scelto il massimo teatro mondiale disponibile. Le immagini delle Olimpiadi erano diffuse in mondioviaione. Gli italiani, privati del colore, imprecavano; Pai o Secam, questo il vero dramma di Monaco. Appena il colpo è noto, il mondo è prostrato da un dubbio: saranno sospesi i Giochi? Per ora, solo due morti. I Giochi continuano. Mentre nel Block 31 si balla la danza degli impiccati, primati e medaglie continuano a ballare davanti agli occhi degli olimpiofili. Forse il sangue ravviva il colore della visione. Una goccia è ferma sopra ogni immagine, una goccia scivola sulla facciata di questo mai visto Teatro, un Teatro che ci contiene tutti, mentre al centro della scena gli otto settembristi schitarrano un assordante, stridulo, sterminato Deguello... L'Occhio Cosmico contempla, insieme alle regate e ai pesi, anche l'assedio che la polizia di Manfred Schreiber stringe attorno al sarcofago di Connollystrasse, spettacolo di alta accademia che possono godersi, sul proprio video, anche gli aggressori. Si tirano giù a lutto le bandiere degli Stati partecipanti, ma subito dopo bisogna ridare il vento a quelle arabe, per formale protesta delle delegazioni della Lega. Felicità di qualcuno che è riuscito a farsi un rullo a colori di terroristi affacciati, viso coperto, tratti pennellati di rosso o di carbone. Dove non arriva la Fraternità Mondiale? Mark Spitz, il fenomenale nuotatore americano, ebreo non israeliano, riceve in un'ora, quel mattino stesso, una dozzina di minacce di morte. Fu una bella giornata, una confortevole tisana per l'antisemitismo silenzioso. E non mancarono i martelli profanatori, qua e là, nei cimiteri ebraici tedeschi, quella notte. Si tratta. I tedeschi offrono, grossolano errore, fiumi di denaro; inoltre libertà dei loro angelici Baader-Meinhof, aereo per la fuga e propri ostaggi di prima scelta. Brandt invita Gerusalemme a piegarsi, almeno un poco, al ricatto. Con tragica saggezza Gerusalemme rifiuta, e aspetta dai tedeschi un gesto di forza per la salvezza dei suoi ospiti. La clessidra degli ultimatum si vuota molte volte. I terroristi appaiono, ai negoziatori, sempre più isterici, imbottiti di eccitanti, febbrilmente appiccicati alle loro formule e alle loro armi. Lunga paura Alle 4,35 del pomeriggio Issa chiede un aereo per II Cairo, giurando la morte dei nove ostaggi se non troverà, sulla pista di arrivo, i suoi 236 liberati. Brandt fa un'inutile telefonata al Cairo, chiedendo gli si dia una mano per salvare i nove: passo inopportuno, dettato dalla disperata renitenza tedesca a fare uso della forza. In realtà, la partenza degli ospiti verso la morte sarebbe un ignobile abbandono da parte federale e bavarese. Già diverse occasioni sono state lasciate cadere... L'ultima carta è giocata, a malincuore e con pessimi presagi, sul campo militare di Furstenfeldbruck. Qui è di scena la sola polizia bavarese, perché è lo Stato libero della Baviera che ha la competenza: Furstenfeldbruck non sarà una battaglia tedesco-federale ma, gelosamente, bavarese. L'appoggio della Bundeswehr, che ha fatto affluire forze, è respinto dal Land. Alle 10,34 della notte si posano sul campo due elicotteri Bell-Iroquois che hanno a bordo gli otto terroristi e i nove ostaggi. Subito gli ostaggi diventano tredici, perché anche i quattro piloti tedeschi sono risucchiati dalla macchina del terrore. Sul Boeing 727, che non dovrà mai partire per II Cairo, erano in attesa otto uomini della polizia travestiti, ma hanno abbandonato il posto poco prima dell'arrivo degli elicotteri (l'aereo era pieno di carburante, una spaventosa polveriera); questa solitudine scopre ai terroristi il piano di Schreiber. Appostati in punti protetti ci sono cinque ("cinque in tut¬ to!; tiratori scelti, con armi ultramoderne ma prive di lenti infrarosse per colpire al buio. C'era la certezza che i terroristi fossero soltanto cinque e che ogni tiratore avrebbe abbattuto il suo, alla luce dei riflettori. Dietro, un cerchio di quattrocento agenti. Subito dopo i primi colpi, tutto piomba nel buio, perché i terroristi fanno fuoco sui riflettori, e a un pronto ricambio non si è pensato. Gli ostaggi, nelle carlinghe, cogli occhi bendati, fanno tremendi sforzi per liberarsi di qualche laccio. Dopo una lunga pausa, la polizia attacca con mezzi blindati. Ore 0,4: Issa lancia una granata nella carlinga di uno degli elicotteri, dove sono Berger, Shorr, Shapira, Slavin e Spitzer; un rogo, un silenzio. Un minuto dopo è la fine, sotto le raffiche dei terroristi, degli altri quattro sul secondo elicottero. Durata di un supplizio: tra la cattura e l'arrivo a Furstenfeldbruck passano diciotto ore: poi una ora e mezza di cella della morte nelle carlinghe, durante la sparatoria: in tutto, diciannove ore e mezza. Cinque terroristi abbattuti. Un uomo della polizia, Anton Fliegerbauer, morto. Salvi, con un ferito, gli ostaggi tedeschi. Tre terroristi, Samir, Badran, Denaui, catturati. (Liberati in un soffio, dopo un ricatto alla Lufthansa, il 29 ottobre). Non era ancora il tragico assoluto; alle 0.30 è toccato. Conrad Ahlers, da Bonn, annuncia trionfalmente alla televisione che gli ostaggi sono tutti salvi. Un po' di sabbia negli ureteri dell'Informazione... Ma non si può pensare a quel che succede, da Dan a Beersheba, dopo que^'annuncio folle; no, è impossibile pensarci... Shlomo e Hanna Friedman. due pazienze infinite, due resti di radici distrutte (alle loro spalle, in Polonia, quaranta familiari sterminati) che a Kiriat Chaìm, con i vicini intorno, nel cuore della notte, sturano una bottiglia di vino del Carmel per festeggiare... Shlomo, padre di Zeev Friedman, quel pomeriggio, sulla triste ribalta televisiva, con un'espres¬ sione insostenibile, aveva scongiurato i terroristi di Connollystrasse. Ah nobiltà del dolore! Veramente non ce n'è altre. Mancata — punto nerissimo — la prevenzione implacabile dell'aggressione, la risposta militare finale per la salvezza degli ostaggi resta tre volte giusta: ma in un dramma di uomini, per salvare uomini in pericolo, ospiti preziosi, non si può rischiare di perdere soltanto macchine, evitando ad ogni costo un tempestivo attacco scoperto. La macchina ha risposto male all'aggressione; la lunga esitazione ha costruito alla catastrofe un perfetto arco; la sconfitta è stata tremenda e non si sono evitate vittime tedesche. Con disonore La tregua d'armi, proclamata dagli araldi, rigorosamente osservata sotto l'occhio degli Dei. per le gare di Olimpia greca, questo fa parte del passato sacro, l'aborrito. Ma false Olimpiadi, queste, trasformate in agguato, in teatro del terrore; miserabili Olimpiadi, che non hanno neppure osato, di fronte al crimine ripugnante, dichiararsi morte insieme agli atleti morti. Gerusalemme chiese inutilmente, a una compaUa massa amorale, che i Giochi cessassero, per luttuoso abbraccio comune, per onorevole compenso e per lucido disgusto. r« -aele poteva soltanto ritirare da quel contagio i suoi avanzi vivi, e dare sepoltura, mentre l'impura farsa continuava, ai suoi undici suppliziati. Nessun biglietto sprecato, a Monaco. Nessun spettatore deluso. Un completo successo. Un disonore infinito. Guide Ceronetti GgB Monaco, settembre 1972. Un guerrigliero s'affaccia dalia palazzina degli atleti israeliani