Curcio e Franceschini davanti a Sossi e Amerio Non han riconosciuto le voci dei brigatisti rossi di Claudio Cerasuolo

Curcio e Franceschini davanti a Sossi e Amerio Non han riconosciuto le voci dei brigatisti rossi Dodici ore di interrogatori e prove foniche nella caserma di Moncalieri Curcio e Franceschini davanti a Sossi e Amerio Non han riconosciuto le voci dei brigatisti rossi Il giudice genovese e il dirigente Fiat non videro mai in faccia i loro carcerieri nella "prigione del popolo" - L'eventuale identificazione era affidata al ricordo di paiole, pronunciate attraverso un cappuccio e udite mesi fa - Anche altri dodici testimoni non avrebbero riconosciuto gli estremisti - Unica prova certa : i documenti trovati al Franceschini, sono quelli presi dalle Brigate il giorno dell'irruzione nel Centro di Resistenza democratica a Milano Renato Curcio c Alberto Franceschini, i due brigatisti catturati l'K settembre a Stuplnlgl, sono stati messi ieri a confronto con Mario Sossi e Ettore Amerio entrambi sequestrati dalie Brigate rosse c con dodici testimoni. Le ricognizioni verbali (i due rapiti non videro mai in faccia i loro carcerieri) i confronti all'americana, gli interrogatori, si sono susseguiti senza sosta dalle 8 alle 20 nella caserma dei carabinieri di Moncalieri. I magistrati che conducono l'inchiesta non hanno voluto rilasciare dichiarazioni ma si ha la sensazione che la giornata abbia segnato una svolta decisiva nell'Inchiesta. Questa la cronaca della giornata. Alle 9, scortato da tre «Giulie» dei carabinieri, è giunto in caserma Renato Curdo. E' l'uomo che per oltre quattro anni è vissuto nella clandestinità con lo scopo dichiarato dì dirigere la guerriglia urbana dando vita all'organizzazione delle Brigate rosse. Proveniva dal carcere di Novara. Non ha reagito ai lampi dei fotografi. Volto grassoccio, aria mite. Un aspetto apparentemente poco in armonia con l'individuo, dotato di personalità decisa e di volontà ferrea, con un retroterra culturale di un uomo cresciuto nelle valli valdesi, orgoglioso assertore di un fanatico spirito di autonomia. Subito dopo è arrivato il suo I braccio destro, Alberto France| schini. Proveniva dal carcere di Cuneo, da dove era partito (rien- ! j™J*r""0 8FnSf dove'ha ! a?^«to inerito ! ad alcune rapine che sarebbero servite a finanziare l'organizzazione. I due brigatisti erano difesi dall'avv. Di Giovanni, giunto da Roma. Il difensore di France¬ schini, l'aw. Giannino Guiso di Nuoro, ha delegato il collega romano. Alle 9,15 sono entrati in caserma i magistrati che conducono l'inchiesta, il giudice istrut¬ cs tore Caselli e il procuratore Caccia. Il sostituto procuratore Mario Sossi è giunto alle 9,30. E' passato dall'entrata di servizio della a a a l a a e l , o r a o , a e caserma, quasi nascosto sul sedile posteriore della « Giulia » dei carabinieri, la stessa strada che ha seguito all'uscita, per evitare qualsiasi contatto con i giornalisti. Appariva smagrito e stanco. Quasi contemporaneamente, con la sua macchina, ecco il dirigente della Fiat Ettore Amerio. Poi è stato tutto un continuo andare e venire di auto dei carabinieri. I testimoni, coloro che hanno visto gli aggressori di Sossi o di Amerio, o che hanno incrociato la strada dei due « brigatisti » nel periodo della loro latitanza, sono entrati uno alla volta, alla spicciolata, per timore di essere riconosciuti. Qualcuno ne ha contati dodici. Un gruppo di tre, proveniente da Milano, era composto da Enzo Pagnozzi, segretario del « Centro di resistenza democratica » di Milano dove fece irruzione un commando delle Brigate rosse il 2 maggio scorso; dal suo collaboratore più vicino, un brigadiere dei carabinieri in pensione, costretto ad assistere impotente all'invasione sotto la minaccia di una pistola a canna lunga e di un revolver; e da una terza persona, pure del Centro. Da Pianello Val Tidone, nel Piacentino, dove il 6 luglio i carabinieri individuarono una cascina che potrebbe aver ospitato una base logistica dell'organizzazione, sono arrivate almeno tre persone. Il proprietario che ha venduto la cascina al fantomatico signor Colombo o meglio alla persona che con questo nome si è presentata a lui, ha firmato il contratto con il notaio e si è fatto conoscere da mezzo paese. Era accompagnato da un ragazzino, suo figlio. Anche lui, senza volerlo, è coinvolto nella vicenda: ha visto il signor Colombo, lo ha sentito parlare. Un terzo abitante di Pianello Piacentino era stato avvicinato dal Colombo ed anch'egli è stato convocato. Da Savona, accompagnato dal figlio è giunto un testimone che ha riconosciuto dalle foto dei giornali Renato Curcio. Lo aveva già visto in treno nei giorni successivi al rapimento Sossi, in maggio, viaggiando da Savona a Genova. Poi i testimoni torinesi: un ragazzo dall'aria spaventata, costretto a vivere un'esperienza più grande di lui, una donna: « Non sono stata convocata dal giudice, non dichiaro niente, mi lasci stare ». Due uomini. Uno di loro ha visto i rapitori di Amerio mentre lo forzavano a salire in macchina. « Non posso parlare, ho avuto ordini tassativi dal magistrato. Lei non immagina i fastidi che può dare una storia del genere ». Sembra che non abbia riconosciuto nessuna delle sei persone che gli sono state fatte sfilare davanti. cs«icFm«fqdnslsIg in mezzo alle quali c'erano Curcio e Franceschini. Difficile valutare le prove raccolte dagli Inquirenti. Si pub soltanto tentare un primo bilancio. L'inchiesta ha vissuto una delle giornate fondamentali. Rapimento Sossi — Il magistrato genovese è stato il primo « teste » messo a confronto con i brigatisti. Anche questa volta, come nel caso di Paolo Maurizio Ferrari e Adriano Carnelutti, i magistrati avevano predisposto « prove foniche » per tentare di far riconoscere la voce degli inquisitori che per 35 giorni hanno dato ordini, urlato domande, atterrito il prigioniero. Le voci sono state riconosciute? « Giudicate voi dal tempo che ci abbiamo messo », ha detto il giudice Caselli, riferendosi alla durata dell'operazione, circa due ore. Forse un tempo troppo lungo se l'identificazione fosse stata sicura. Il confronto, almeno per Sossi, avrebbe avuto esito negativo. Rapimento Amerio — Il dirigente Fiat era entrato in caserma | convinto forse di poter dare un ; aiuto decisivo ai giudici. Ma anche per lui le « ricognizioni verI bali » non hanno dato l'esito sperato. « Come è possibile che gli imputati non collaborino se devono far sentire la loro voce? », è stato chiesto all'avv. Di Giovanni, difensore dei brigatisti. « Hanno risposto alle domande, hanno letto il loro nome e cognome. Una cosa diversa, più piatta di un discorso ». « Ma qua! è la posizione di Curcio e Franceschini dopo questa giornata? ». « Non posso rispondere, ma sono pessimista. E' accaduto quello che era già successo con Paolo Ferrari. Al momento della cattura sembrava che dovesse rispondere di tutti i fatti imputati alle Brigate rosse negli ultimi sei mesi ». Cascina di Pianello Val Tidone — I testimoni non hanno voluto parlare con i giornalisti. Proprio da loro potrebbe essere venuta la prova più convincente della colpevolezza degli imputati. Irruzione al Centro di Resistenza di Milano — E' il successo assolutamente certo riportato dai magistrati. Pagnozzi, il segretario del Centro diretto da Edgardo Sogno, ha ammesso che i documenti trovati nell'auto e addosso a Franceschini al momento della cattura « assomigliano molto » a quelli sottratti alla sua organizzazione il 2 maggio. « Qual è la posizione del Centro e dei suol aderenti rispetto alle recenti dichiarazioni di Sogno? » è stato chiesto a Pagnozzi. « Di perfetta concordanza ». « Ma perché Sogno continua a nascondersi? ». « E' l'unico in grado di reagire alle insinuazioni mosse contro il Centro ed ì suoi aderenti. Ma come dice un proverbio piemontese è meglio non lasciarsi mettere una mano sulla spalla ». « E lei, Pagnozzi, ha riconosciuto qualcuno degli aggressori?». «No». « C'era una ragazza con i brigatisti, chi era? ». Qualcuno ha risposto per lui: « Margherita Cagai ». Una ragazza che Curcio conobbe a Trento mentre studiava sociologia. Tornato con lei dal corso di guerriglia a Cuba, la sposò con rito solenne nel Santuario di San Romedio, in Val di Non. Il personaggio Curcio è anche questo. Prima di risalire in macchina, alla fine della giornata Curcio ha alzato in alto i pugni ammanettati. A differenza di Franceschini, ammette di essere un brigatista ma si appella alla Convenzione di Ginevra per il rispetto dei diritti dei prigionieri di guerra. Claudio Cerasuolo Il giudice Caselli ha tirato le fila dell'inchiesta - I «sequestrati» Sossi e Amerio - L'avvocato Di Giovanni, difensore dei brigatisti - Renato Curcio [ iEiltltlItlIllilMlEtlllllllllllIlll Franceschini con lo sguardo smarrito dopo il confronto llillllLIIIIIIMIIIIllllKIflIlllllllItlIKIIItllllllllill