Biennale, soltanto parole? di Marziano Bernardi

Biennale, soltanto parole? S'APRE IL 15 OTTOBRE LA RASSEGNA DI VENEZIA Biennale, soltanto parole? Dieci giorni di conferenze introduttive possono solo aumentare il distacco tra il pubblico e l'arte Fiumi d'inchiostro rovesciatisi per mesi e mesi sui quotidiani e settimanali italiani (quelli stranieri si dimostrarono, ben a ragione, indifferenti) avrebbero dovuto illuminare i lettori su quanto stava elaborando, con discussioni interminabili e tempestose polemiche, il consiglio direttivo della Biennale di Venezia sotto la presidenza di Carlo Ripa di Meana e con l'aiuto dei vari «esperti». Dubitiamo che questi lettori, tranne pochi iniziati alla decifrazione dell'ermetico linguaggio in uso tra i politici, abbiano capito qualcosa di quello che negli uffici di Ca' Giustinian veniva poi stilato in «comunicati» sibillini, dai quali a loro volta gli «inviati speciali» ed i commentatori giornalistici invano tentavano di cavare alcunché di chiaro e di concreto. Tolto il principio, su cui tutti siamo d'accordo, che la Biennale nata dal nuovo statuto sarebbe dovuta riuscire «democratica e antifascista ». Molti mesi, ripetiamo, sono occorsi sia per formulare un programma, sia per stabilire la data d'inizio, ancora nell'anno in corso, delle manifestazioni della Biennale che, com'è noto, si divide in tre settori: 1) delle arti visive e architettura; 2) cinema - spettacolo tv; 3) musica e teatro. Ora abbiamo l'uno e l'altra nella veste di « Comunicazione alla stampa »: « Il Consiglio direttivo della Biennale di Venezia, conclusosi questa notte, ha approvato il programma delle manifestazioni internazionali dell'autunno 1974, poste sotto la testata La Biennale per una cultura democratica antifascista». E prosegue: «Le manifestazioni si svolgeranno a partire dall'inizio di ottobre lino alla prima decade di novem¬ bre, costituendo l'avvio di un più vasto programma permanente destinato a saldarsi anche con il calendario relativo al 1975; si apriranno con un convegno di testimonianze dedicato all'analisi delle componenti strutturali del fascismo sul piano nazionale e internazionale, e con una serie di iniziative e manifestazioni culturali dedicate al Cile nel quadro generale del Sudamerica». Arte da "vedere Dato che sul foglio seguente della «comunicazione» si precisa che le manifestazioni relative alle «arti visive e architettura» saranno comprese tra il 15 ottobre e il 15 novembre, ci sembra d'intendere che il sunnominato «convegno di testimonianze» abbia da essere una specie di prologo della Biennale, composto di conferenze, discussioni, tavole rotonde necessariamente di carattere politico. E vediamo il programma: «Le mostre in ottobre eleggono in una parte dei Saloni (devono essere i vecchi magazzini del sale alle Zattere, n.d.r.ì la propria sede come luogo di grande significato per il dibattito intorno alla conservazione del patrimonio dei centri storici ed al tema della risignificazione e utilizzazione popolare di questi stessi centri. A) Città, cinema, avanguardia, 15 ottobre-15 novembre, Confronto tra il linguaggio filmico e i problemi della città e dell'architettura moderna, articolati dall'avanguardia europea tra il 1919 e il 1939. Seminario di tre giorni sull'argomento. B) Ugo Mulas e la storia della Biennale, 15 ottobre-15 novembre. Saggio di sociologia dell'attività delle arti visive per quanto riguarda il rapporto tra protagonista ed o- pera e tra opera e pubblico, attraverso la ricerca fotografica di Ugo Mulas. Seminario di tre giorni sull'argomento ». Quindi, una decina di giorni di parole nella prima quindicina di ottobre, sei giorni di «seminario» (che sono altre parole) tra ottobre e novem'bre. Chi va a Venezia per vedere una Biennale, come si è fatto dal 1895 in poi, è servito. Ci dissero che la Biennale disponeva per il 1974 di un miliardo e passa. Se è vero, diviso equamente nei tre settori, toccherebbero a quello delle «arti visive e architettura» più di 330 milioni. Ci pare troppo per un programma preminentemente verbale. Ma v'è altro. La «comunicazione» avverte che « il Consiglio direttivo ha sottolineato la necessità che le manifestazioni non abbiano in nessuna area di intervento il carattere esclusivo di rassegna della produzione creativa più recente... bensì costituiscano frammenti di testimonianze e ipotesi di interpretazioni di una situazione complessa di carattere internazionale, offerti alla discussione creativa fra gli operatori e gli strati popolari, ecc.». Siamo alle solite. Quattro quinti del prodotto artistico contemporaneo è composto di «frammenti di testimonianze» e di «ipotesi di interpretazione». E intanto, benché a valanghe, continuamente, per iniziative ufficiali e private, ci si scaraventi addosso di questa roba, non cessa il lamento per il jato tra arte e pubblico. Ora il programma della Biennale sembra fatto apposta per aumentare questo distacco. Persino le fotografie del compianto Mulas vengono strumentalizzate per un «saggio di sociologia dell'attività delle arti visive». Ve ne sono alcune riprodotte nel libro Ugo Mulas - La fotografia, a cura di Paolo Fossati, edito da Einaudi l'anno scorso. Sono le più innocenti fotografie che si possa immaginare. Qualunque reporter fotografico, per esempio il bravissimo Cremon di Biella, avrebbe fatto altrettanto. Artisti sul vaporetto, al Florian, alla trattoria, Carlo Levi che sorride pacioso, Severini che saluta... E si vuol tirar coi denti la «sociologia» anche da queste? Scrisse Mulas: «La mia attività ufficiale di fotografo è cominciata con la Biennale di Venezia del 1954. Allora non avevo nessuna pratica, e nessun'arte... ma con la Biennale del '58, e poi in quelle del '60, del '62, del '64, ho sempre più precisato l'aspetto festoso dello stare insieme, del guardare, dell'esibire e dell'esibirsi, che nei pittori non mancava di aspetti autopubblicitari. Povero topolino «Con l'edizione '64 la Biennale ha toccato il suo vertice, per importanza, poi è cominciato il declino: nel '68, la contestazione, la polizia che pesta i pittori, ha assunto un valore indicativo, di fine». No, i «vertici» erano stati prima, moltissimi anni prima, quando la Biennale (si ricordi quella del 1948, col padiglione riservato agli Impressionisti, dove la folla si pigiava entusiasta) era un avvenimento che interessava tutta l'Italia e il mondo. Ma l'indicazione di «fine» è esatta. Viene in mente l'«Arte poetica» di Orazio: «Parturient montes, nascetur ridiculus mus». La montagna (di parole) che partorisce il topo (di parole). Marziano Bernardi

Luoghi citati: Biella, Cile, Italia, Meana, Sudamerica, Venezia