Tra le parigine penitenti di Lietta Tornabuoni

Tra le parigine penitenti ESIGENZE E FRIVOLEZZE NEL TEMPO DELLA CRISI Tra le parigine penitenti All'inverno difficile per l'inflazione, le francesi s'avvicinano riscoprendo la moda delle nonne: mutandoni di lana, sciarpe all'uncinetto, biancheria pesante - Il risparmio è la nuova civetteria; e anche questa s'inserisce nel ritorno agli Anni Trenta (Dal nostro inviato speciale) Parigi, settembre. « Freno sui prezzi! » esclamano i cartelli in tutte le vetrine: ma sì, ci vuol altro. Travestite da collegiali inglesi, le ragazze portano collari con su scritto il proprio nome: come cagnolini. Scolorisce sui muri il manifesto ideato per la festa del quotidiano L'Humanité, testimonianza delle nuove aperture del partito comunista francese: a tìnte vivaci, un astronauta si fionda su una bella riversa che ripete lo slogan birichino del nuovo corso, « Io sono comunista, perché tu no? ». Con la faccia avida delle future divorziate, signore eleganti comperano lampade a forma di testa di statua greca, comperano alte cinture di serpente o d'elastico, comperano i gran cuscini turcheschi che sono l'ultima, ennesima attività di Mijanou Bardot, sorella di Brigitte: nuovo mestiere, altro sbaglio. I ministri invitano i cittadini a « farsi carico dei propri problemi », cioè a cavarsela da soli, e ad arrendersi alla « fine dell'età dello spreco »: ritenuti conservatori, i francesi si adattano con fatica al contemporaneo stato di perenne mutamento, tanto piìi che le cose cambiano soprattutto in peggio. « La situazione è difficile », riconosce finalmente il governo. « La festa è finita », annunciano i giornali. « Sono gli ultimi giorni di Parigi », drammatizzano i settimanali popolari. Boutiques battezzate « Tango » in ricordo di Bertolucci vendono slip maschili ornati da tre palle da tennis e dalla scritta « Nessuno è perfetto », ma c'è poco da scherzare: tra l'ancheggiare dei giovanotti e il duro passo veloce delle donne, anche Parigi impara a vivere nella logica dello sgomento. L'inquietudine è nell'aria e nei sondaggi d'opinione: V83 per cento degli interrogati è spaventato dall'aumento dei prezzi, il 71 per cento si sente « molto ansioso » per l'avvenire. Il 52 per cento ritiene che « la situazione si aggraverà », e magari non sbaglia. Le vendite delle auto, già calate del 10 per cento, alla vigilia del Salone dell'Automobile arrivano al 18 per cento in meno: il nuovo modello della Matra, disegnato da Courrèges, troverà forse compratori tra gli sceicchi del petrolio. Il razionamento della benzina è una minaccia, limitazioni al riscaldamento domestico sono già sicure: nelle scuole si progetta di non far lezione al sabato mattino e di prolungare le vacanze di Natale, a Tolosa i presidi concedono ai professori di sostituire camicia e cravatta con maglioni dal collo alto e spronano le professoresse a portare i pantaloni. Tornano di moda i vestiti di lana d'angora, i piumini di penne d'oca, gli scialli. Indignati dal divieto di aumentarne il prezzo o diminuirne il peso, i fornai sospendono la vendita della baguette, il sottile bastone di pane croccante che, insieme col basco, ha sempre caratterizzato il francese nei film americani: «C'est la fin », è la fine. Come un gioco Non è vero. Nell'inverno del nostro scontento, a Parigi si starà certo meglio che a Roma o a Londra: però anche qui la crisi determina nuove abitudini, stupidaggini e voghe di stagione, anche qui necessità e futilità procedono insieme, mescolandosi e condizionandosi. Fare molta attenzione a ogni soldo che si spende, esercizio cui i francesi si son sempre dedicati con passione, è adesso un'esigenza assoluta per la maggioranza. e si trasforma per la minoranza dei ricchi in una nuova specie di gioco indecente, di provocatorio snobismo. Dirigenti d'azienda, mannequins, pensionati miliardari, attori, scervellate, campioni sportivi, anime perse, redditieri immobiliari e mogli della diplomazia si sfidano alle « gare di risparmio »: partono in safari a caccia dei posti meno costosi dove mangiare, e chi spende più di seimila lire a pasto paga pegno o fa penitenza. Vanno al cinema di mattina, quando il biglietto costa la metà. Rinunciano ai prodotti di bellezza a base di placenta, embrioni di pulcino, olio di visone o avocado per adoperare la vecchia crema Nivea e la cipria; i perfezionisti arrivano a comperarsi, per conteggiare l'avarizia, le piccole calcolatrici elettroniche (4 operazioni, estrazione di radici quadrate, calcolo di percen- tuali) che i grandi magazzini avevano messo in vendita contando sugli studenti somari o pigri, però ingegnosi. Decise a sottrarsi ai prezzi troppo alti e all'« imperialismo dei sarti », molte ragazze imparano a cucire da sé quelle lunghe camicie di lanetta che sono gli abiti alla moda. Per le donne, la smania dell'uncinetto e dei ferri da calza smette di essere una nevrosi, si fa utile a realizzare golf e sciarpe che costano meno. Aumentano le vendite di lana in gomitoli, Yves Saint-Laurent sogghigna: « Eccole, le nuove tricoteuses della controrivoluzione industriale ». Il prossimo freddo nelle case invernali provoca quella che gli esperti definiscono pomposamente « un'inversione di tendenza nel settore lingerie ». Invece di continuare a usare capi di biancheria leggerissimi e piccolissimi, o di non usarli affatto, le donne porteranno maglie con le maniche lunghe, braghette di flanella al ginocchio, combinazioni di lana, e se ne rallegrano: è « uno stile diverso », giustififica nuovi acquisti, la pubblicità assicura che può essere lusinghiero. Anzi exciting, eccitante. Ma la pubblicità è sotto accusa. Se ne discute la funzione, se ne condannano i metodi imbroglioni e troppo stridenti con la realtà di crisi, si invoca un rinnovamento che la renda socialmente consona e utile alla collettività: « Chi si rivolge ai compratori, oggi deve aiutarli a liberarsi da un certo numero di pregiudizi e d'abitudini nati dall'espansione e sempre più incompatibili con la situazione economica », dice il sottosegretario Francoise Gìroud. Le nostalgiche Al Casino de Paris, la bellissima nera Lisetie Malidor canta « Dove son finiti i milionari? Oggi tutti son senza denari »... « Quando fuori si piange, in teatro si ride », dice Francois Perier, ripetendo un luogo comune della gente di spettacolo. I teatri danno commedie comicoerotiche vecchie o come vecchie, risuonano dei musicals su cui punta la stagione, è un genere che ai francesi non è mai riuscito bene: c'è il musical settecentesco « Tom Jones » e il musical pseudopoetico « Come neve d'estate », c'è il musical nostalgico « Gomina », ossia Brillantina: nel 2017, in un ricovero per vecchie stars del rock e del twist degli Anni Cinquanta, governato dalla direttrice suor Maria Brillantina, arriva il diavolo Faust a restituire ai cantanti la loro giovinezza... Persino Roger Planchon prepara per il Théàtre National populaire una sorta di commedia musicale, 15 ballerini, una formazione di free jazz in scena, molte canzoni degli Anni Trenta perché il testo intitolato « Mamma Chicago » racconta ancora di Al Capone e dei suoi gangsters. Il nuovo spetta¬ colo di Copi, « Goodbye mr. Freud », svergogna invece la psicanalisi, quasi ce ne fosse bisogno. Lo sperimentalismo teatrale va oltre la gestualità e la recitazione corporale, approda al nulla: tra il palcoscenico e il pubblico si leva (per esempio ne « I naufraghi nella foresta» messo in scena da Pierre Sola) una spessa parete di piccoli vetri quadrati, quindi lo spettatore che vede male e sente poco entra in uno stato di tensione e disagio, si fa « guardone » e spione, e questo risultato è appunto la sostanza teatrale dell'opera. L'inverno della crisi, a Parigi, sarà del resto caratterizzato da ben altre sparizioni e apparizioni. Scompaiono gli oracoli contemporanei, i santoni delle scienze umane: a sociologi o psicologi si dà assai meno retta (e loro stessi sono confusi, esitanti a fornire ipotesi, analisi, profezie). Gli economisti non osano azzardare previsioni che la realtà s'incarica troppo spesso di smentire. I politologi vengono guardati con sospettosa diffidenza, ci azzeccano così di rado. Ricompare un personaggio sempre simpatico: il romanziere incompreso, lo scrittore impubblicato, l'autore inedito, il collezionista di frustrazioni letterarie e dattiloscritti rinviati al mittente. « Con l'incrudirsi della situazione economica, l'aumento di prezzo della carta e della distribuzione, gli editori non intendono più pubblicare libri che la gente non riesce a leggere e non com- ! pera: c'è infatti un gran ritorno al romanzo realistico, addirittura al romanzo storico. In questa stagione escono centodieci romanzi: ma sarà, credo, l'ultima volta », dice il critico Jacqueline Piatier. Le vechìe ragazze del bestseller fanno del loro peggio: Francoise Sagan raccoglie in volume le interviste concesse ai rotocalchi sin dal 1954, e intitola bravamente « Un profilo perduto ». Emmanuelle Arsan dirige Emmanuelle, una « rivista del piacere » che segue al pornosuccesso dell'omonimo libro e film. Certi scrittori delincale du regard, per esempio Claude Ollier, si danno alla fantascienza. Escono le opere di Gramsci e, con la scusa che quest'anno ricorre il cinquantenario del manifesto del Surrealismo, infiniti altri saggi sui surrealisti. Ma lo sguardo, spaventato dal futuro, continua a volgersi al passato: pubblicano le proprie memorie molte vedettes della politica, il sultano del Marocco, il presidente Burghiba, il cardinale Mindszenty, l'ex ministro degli Esteri Jobert. Seguita con numerose opere la speciale ambigua attenzione portata alla storia del nazismo e della Francia sotto l'occupazione nazista: « Calmate le passioni, si cerca di esaminare quel periodo straordinario e terribile il più obiettivamente possibile», dice Jacqueline Piatier. Brutto segno? Molti intellettuali di sinistra non sono d'accordo, Michel Foucault sostiene che questa pretesa obiettività, riduttiva o negatrice dell'antifascismo e delle lotte popolari nella resistenza francese, fa leva sull'antipatia verso De Gaulle e la retorica dell'eroismo per esprimere « il nuovo cinismo senza ideologie di quel grande capitale multinazionale e tecnocratico che Giscard d'Estaing rappresenta ». Nelle difficoltà del momento e nelle lotte della stagione di crisi, l'estrema sinistra dei giovani, che era rimasta priva dei suoi bersagli prediletti, il Vietnam, De Gaulle, la società dei consumi e i colonnelli greci, riacquista spazio. E le giovani ragazze femministe tentano un nuovo passo. Provano ad accettare il proprio aspetto fisico, a liberarsi dal « fascismo estetico » che impone alle donne di essere eleganti e magre quanto chi possiede ricchezza, potere e fama: « Non si può restare schiave d'una forma imposta, continuare a sentirsi colpevoli quando non si assomiglia ai modelli proposti, venir perpetuamente lacerate tra come si è e come si sogna di essere», dice Liliane Dreyfus, che pesa 52 chili, e prevede scherzando: « In tempi di magra, si assisterà alla rivincita delle grasse ». Lietta Tornabuoni Parigi. Due ragazze passeggiano in un « boulevard » (Foto Team)