Le "voci,, del giovane Camus

Le "voci,, del giovane Camus Le "voci,, del giovane Camus Ascetismo letterario e tremore vitale nei brevi scritti inediti dell'autore di "La peste" Albert Camus: « Le voci del quartiere povero e altri scritti giovanili », Ed. Rizzoli, pag. 270, lire 3600. E' opinione diffusa che la letteratura sia mistificazione; anzi, pensano alcuni, chimerica mistificazione, inafferrabile canto di sirena che vive della propria inconsistenza, fascino puro e semplice, allo stato d'assoluta incorporeità: fascino fatto di nulla "e che nel nulla ritorna, perché nulla esiste oltre l'illusione. Il giovane Camus, alle prese con i suoi primi e sofferti tentativi letterari, si poneva questi problemi di definizione ed è comprensibile che egli fosse tormentato da un interrogativo che doveva impegnare tutto il suo destino. Il lettore non è angosciato dagli stessi dubbi e, semmai, accetta la funzione letteraria nel senso più largo e più banale, conscio, ad apertura di libro, che sta entrando consenziente in un universo di finzione dal quale prima o poi dovrà, altrettanto disinvoltamente,- riemergere. Non sono, dunque, ad interessarlo le risposte inconseguenti e mutevoli che il futuro autore della Peste propone in brevi scritti giovanili. C'è invece, in questi articoli dimenticati ed ora riproposti, nelle pagine volontariamente sottratte alla lettura e finalmente pubblicate, una alternativa diversa all'incantesimo della mistificazione letteraria, abbastanza forte e seducente da risultare contagiosa: lo spettacolo dell'opera che si costruisce. Rottami di esistenza che sono la vita banale di tutti i giorni, non importa in quale clima o sotto quale latitudine, e di cui lo scrittore s'impossessa, e li palpa con pazienza, a poco a poco li illumina e li trasforma; e nasce il miracolo di una seduzione da cui si è presi senza sapere, come si è intimamente convinti da questa sempre alta traduzione italiana di Giovanni Bogliolo, in cui la parola di Camus si distende ad agio e s'illumina d'innumerevoli sfumature. Nati dal più evidente compiacimento di autoanalisi, si potrebbe pensare, questi scritti ci dicono su Camus qualcosa forse d'importante che ancora non sapevamo e, come avverte una nota introduttiva, « l'immagine dello scrittore non può che risul¬ tare più delineata e ulteriormente arricchita dalla loro lettura ». E poi, quando si faccia caso ai brani più squisiti, ci si avvede che questi brandelli d'esistenza sono molto meno trasparenti di un romanzo mancato come La morte felice, primo volume della serie d'inediti camusiani, e ci raccontano molto di meno Camus uomo, molto di più la storia appassionante dello scrittore: dello scrittore che è sempre, come sostengono certi nostri contemporanei, l'autore di un solo libro. Così appare, unisono ed univoco, il cammino errante del giovane Camus nel suo apprendistato di ascetismo letterario che significa per lui la ricerca di una dimensione in cui vivere; errante in un turbinio di splendide intuizioni che faticano a comporsi, non logicamente ma poeticamente, lungo il difficile procedere del genio verso la chiarezza che è rinuncia. In questo senso si deve parlare di alternativa alla mistificazione letteraria: perché questa letteratura, vitale agli occhi del lettore, è intanto elevata lezione critica. Quel meccanismo che sviluppa la facoltà di dire cose sensate e la soddisfazione ovvia della competenza non ha asservito la parola di Camus critico d'arte e di letteratura, e critico di se stesso: il suo pensiero rimane l'esperienza esistenziale abbandonata al capriccio e al tremore dell'evento non dominato. Emanuele KancefT Albert Camus, di Levine (Copyright N.Y. Rcvlew of Books. Opera Mundi e per l'Italia La Slampa)

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