Televisione e democrazia

Televisione e democrazia Televisione e democrazia Ogni giorno, nel seguire le vicende italiane, le nostre crisi, le inquietudini della gente comune, le assillanti cure dei governanti, siamo portali a meditare sull'insufficienza degli strumenti oggi esistenti per diffondere l'informazionc in Italia. Una democrazia moderna, «di massa», è forse il più delicato tra i meccanismi di governo mai inventati. E' complicala l'economia, con innumerevoli centri di potere, largamente autonomi l'uno dall'altro. E' complicata la società politica, per l'intricato giuoco di contrappcsi tra poteri centrali e periferici, tra partiti di governo e opposizione, tra centri d'iniziativa diversi ciascuno dei quali risponde a logiche di potere diverse. Come ogni altra società, e forse più d'ogni altra, proprio perché è così matura e complessa, anche questa richiede una notevole misura di consenso e reciproca tolleranza tra le parti sociali. Ma perche si formi un tale consenso tra forze che spesso sono naturalmente antagonistiche, c che hanno larga base sociale, occorre anche un immenso volume d'informazione, di dibattito, di partecipazione.- Questo bisogno è sentito ancor di più in epoche di crisi, quando ogni gruppo o classe tende a pensare solo a se stesso ed è spinto a comportamenti anarchici, anche se essi alla fine sono dannosi per tutti. E' in questi momenti che si è portati a riflettere (spe.ie se si lavora nel campo dell'informazione, e si sente tutta la responsabilità di questo compito) sull'inadeguatezza, in Italia, della televisione. I giornali possono fare molto per aiutare un Paese a capirsi, a riconoscere i suoi problemi, a discuterli ed affrontarli con civile senso di responsabilità. Ma la televisione, in una società di massa contemporanea, ha una potenza immensa che la rende insostituibile da qualsiasi altro mezzo di comunicazione sociale. La televisione italiana, pur con molte onorevoli eccezioni, non è mai stata all'altezza del suo compito. La responsabilità principale di ciò ricade sui partiti di governo, e più di ogni altro sulla democrazia cristiana. Ma tutti i partiti hanno sempre avuto una concezione miope della funzione della televisione in una società come la nostra. Il problema non è tanto quello di assicurare una giusta presenza percentuale sullo schermo, o dietro lo schermo, delle varie forze politiche e sociali organizzate, dei partiti o dei sindacati. II problema vero è di dare autonomi/i alla televisione dal potere partitico, facendone uno strumento indipendente di elaborazione culturale e di comunicazione tra gl'Italiani: nel rispetto, certo, di tutte le legittime forze politiche, ma rimanendo autonoma da esse: formando, con i giornali, il «quarto potere». La televisione «ufficiale» che noi abbiamo avuto finora, invece di aiutare a stabilire un contatto creativo tra le forze politiche c la nazione, tra la nazione e i suoi problemi reali, ha fallo da ovattato sipario. Ha dato al Paese un'immagine fastidiosa, proprio perché aridamente ufficiale, della sua classe politica; e non ha mai stimolato questa classe — come solo la tv può fare — a prender coscienza della realtà del Paese, non l'ha mai forzata ad esprimersi con linguaggio semplice e chiaro, le è servita piuttosto da schermo dietro il quale ripararsi, in un giuoco partitico remoto ed astratto, comodo forse ma estremamente pericoloso, a lungo andare, per la vitalità degli stessi partiti de- mocratici e soprattutto per il Paese. E' stata un fattore di alienazione sociale, invece di contribuire ad ammodernare l'Italia. Come si può sperare di ottenere (diamo un esempio immediato e urgente) comportamenti responsabili dalle grandi masse di lavoratori organizzati, in questi tremendi tempi d'inflazione selvaggia, se tutte le questioni economiche non sono dibattute instancabilmente, quotidianamente, e in modo a tutti comprensibile, sugli schermi televisivi, da parte di tutte le forze politiche e sociali organizzate? Altrove la tv trasmette in «diretta» dibattiti che durano ore su questi temi; da noi abbiamo invece le sedute notturne a porte chiuse tra capi politici e sindacali, senza che neppure si riesca poi ad averne notizie e rendiconti precisi. E' questa democrazia? Ma come si può risolvere civilmente la nostra crisi senza democrazia? Come si può avere vera democrazia senza partecipazione e discussione? E come si può fare a meno, a tal fine, di una televisione libera? La televisione «all'italiana» non è mai riuscita a darci veramente ciò che solo la tv oggi può dare, ed è una grave colpa di chi l'ha voluta così. Ma forse i nostri timorosi uomini politici non capiranno mai il loro sbaglio. Possibile che non riescano a farglielo capire i giornalisti e gli uomini di cultura? Forse questo è il momento per strappare praticamente quella riforma della televisione che da troppo tempo i politici promettono di malavoglia, senza mai realizzarla.

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