Le impronte "innocenti,,

Le impronte "innocenti,, Il nostro Stato Le impronte "innocenti,, Un caso di cronaca, particolarmente amaro c pietoso, ha riproposto all'attenzione, in tutta la sua crudezza, il pro blema delle impronte digitali, così come attualmente regolato nel nostro Paese. E' accaduto proprio a Torino: il cadavere di un invalido, scoperto molte ore dopo la morte in uno spiazzo dei Giardini Reali, è stato identificato soltanto grazie alle minuziose ricerche della polizia scientifica che ha avuto la ventura di rintracciare negli archivi, sou i la data del 1958, le impronte corrispondenti. Fin qui tutto bene, si direbbe. La tecnica della dattiloscopia ha ofTcrlo un decisivo contributo alla rapida chiarificazione dell'identità di una persona deceduta in circostanze drammatiche (fra l'altro, se soccorsa immediatamente, avrebbe forse potuto superare la crisi cardiaca da cui era stata all'improvviso aggredita). Ma c'è un particolare che dà all'episodio ben più negativi connotati. Il particolare si collega al perche della presenza in archivio di quelle impronte. La spiegazione è molto semplice: le impronte c'erano perché lo stesso individuo nel 1958 era slato denunciato ed arrestato come sospetto autóre di un furto Così, alla notizia della morte si è accompagnata e sovrapposta la notizia di un lontano precedente giudiziario, non certo adatta a onorarne la memoria, anche se di per sé denuncia non significa condanna. Anzi, quando non si parla di condanna successiva, la denuncia potrebbe addirittura catalogarsi come infondata o, per 10 meno, non provata. A questo punto, l'iniquità del sistema appare evidente. Premesso che soltanto gli arrestati e i fermati vengono sottoposti a rilievo dattiloscopico, bisognerebbe che fossero eliminate dagli archivi le impronte di chi sia poi stato prosciolto dal reato per cui si era addivenuti all'arresto o al fermo e, quindi, al prelevamento delle impronte. Conservando tutto e comunque, si istituisce una specie di schedatura permanente, che non di rado aggiunge danno a danno: e, cioè, al danno di un arresto o di un fermo smentito dal susseguente processo il danno di una permanente inclusione negli elenchi dei segnalati pericolosi. Fin qui, il sistema si pone in aperto contrasto con i princìpi di civiltà che dovrebbero caratterizzare una società rispettosa dei valori individuali. Altro che presunzione di non colpevolezza, altro che eguaglianza tra soggetti in posizioni analoghe: sotto il profilo delle impronte l'innocente resta equiparato agli arrestati colpevoli, anziché venir ricondotto alla situazione di partenza, comune a tutti coloro che non sono mai slati sottoposti né ad arresto né a fermo. Si arriva persino all'assurdo di trattare l'innocente già arrestato più gravemente dei colpevoli processati a piede libero e poi condannati a pena pecuniaria oppure con 11 beneficio della condizionale. Ma la regolamentazione vigente ha anche il torto di trascurare in maniera grossolana le esigenze di una maggior efficienza nella lotta contro la criminalità. Molti fra i più gravi reali, dall'omicidio alla rapina, dal sequestro di persona al falso materiale, sono spesso opera di delinquenti primari, senza riscontri negli archivi. In tali casi il ritrovamento di impronte digitali nel luogo del reato o sull'arma o la macchina usala dal colpevole, pur essendo un elemento probatorio di importanza fondamentale, non consente di risalire all'autore del crimine e, nemmeno, di individuare un imputalo contro cui procedere. Un notevole numero di procedimenti contro ignoti trova la sua sconsolante ragion d'essere nella mancanza di un inventario veramente completo delle impronte digitali. Basterebbe stabilire, come già fanno altri Paesi, che tutli i cittadini vengano sottoposti a prelievo dattiloscopico. Del resto, le carte d'identità intestale alla Repubblica italiana hanno, in un angolo della terza facciata (quella contenente la fotografia e la firma del titolare, nonché la sottoscrizione del sindaco del Comune di residenza), uno spazio riservato alla « impronta del dito indice sinistro ». Per ora, questo spazio è come se non ci fosse: rimane sempre bianco, inutilizzato. Tanto per non andare lontano, le carte d'identità dei francesi hanno uno spazio analogo, regolarmente occupato dal segno papillare. E nessun francese se ne adonta. Oltretullo, in tal modo diventa possibile attuare anche, e pienamente, quel principio d'eguaglianza che, come si è visto, le nostre distinzioni certamente non garantiscono né in linea assoluta né in linea relativa. La realizzazione di un servizio generalizzalo consentirebbe il conseguimento di notevoli vantaggi anche nel mondo degli affari. La firma di un alto non è da sola sufficiente a garantirne la provenienza: la firma può essere falsa o comunque venir disconosciuta. Affiancare alla firma l'impronta digitale si risolverebbe nell'apposizione di un indiscutibile contrassegno. C'è, tuttavia, un'esperienza ancor più interessante. In qualche Stato le impronte, immediatamente prelevate, servono a fronteggiare con certezza il rischio di una sostituzione tra neonati nelle « maternità » più affollate. La tecnica e la scienza hanno enuclealo un metodo talmente sicuro ed infallibile che è davvero uno sperpero non utilizzarlo come si potrebbe. Con un'organizzazione accurata e intelligente pure i costi dovrebbero mantenersi entro limiti accettabili. Giovanni Conso

Persone citate: Giovanni Conso

Luoghi citati: Torino