Addis Abeba: gli studenti chiedono un governo civile di Alfredo Venturi

Addis Abeba: gli studenti chiedono un governo civile Sono in fermento gli universitari etiopi Addis Abeba: gli studenti chiedono un governo civile Vogliono che i militari rientrino nelle caserme e non ostacolino la nascita di una "repubblica socialista" - La polizia ha impedito la formazione di un corteo - Arrestati alcuni manifestanti (Dal nostro inviato speciale) Addis Abeba, 16 settembre. Adesso il neonato regime etiopico deve fare i conti con l'impazienza dei giovani. Gli studenti dell'Università di Addis Abeba sono in fermento: vogliono che i militari tornino alle loro caserme, permettano la formazione democratica di un governo civile, non ostacolino chi vuol fare dell'Etiopia una repubblica socialista. Stamattina, l'ateneo ha riaperto le iscrizioni, ed alcune centinaia di giovani hanno cercato di formare un corteo. Ma sono stati bloccati dalla polizia ai cancelli della sede centrale universitaria, mentre i soldati prendevano posizione tutt'attorno al grande recinto accademico e alcune jeeps con mitragliere sfrecciavano nelle strade adiacenti. Poi un'autoidrante della polizia ha varcato uno dei cancelli, ricacciando i giovani verso gli edifici universitari. Non c'è stato un vero e proprio scontro, ma gli agenti hanno arrestato tre o quattro manifestanti; s'è vista una jeep rovesciata, ma pare si sia trattato semplicemente di una curva affrontata troppo in fretta. Nel primo pomeriggio, duemila studenti sono entrati nel vicino parco della facoltà di Scienze: la polizia li aveva inizialmente bloccati, poi ha lasciato via libera. E' cominciata cosi una lunga, appassionata assemblea. I giovani si avvicendavano a parlare, era evidente il riscoperto gusto del dibattito, della perorazione. Intorno, polizia e soldati erano schierati in forze. Al termine della riunione quattro ufficiali membri del Comitato di coordinamento delle forze armate sono giunti all'università ed hanno parlato agli studenti. Essi hanno detto di non poter concedere per il momento libertà democratiche in quanto bisogna prima educare il popolo. Gli ufficiali hanno detto che nei prossimi giorni tutta la popolazione etiopica avrà i suoi diritti civili e che in un lasso di tempo ragionevole vi sarà anche un governo popolare. Questa inquietudine studentesca ha fatto dunque ricomparire nelle vie della capitale una presenza militare che, così massiccia, non si vedeva da giovedì, giorno della deposizione di Hailè Selassiè. Gli universitari di Addis Abeba temono che la rivoluzione si fermi a metà, o addirittura che il cambiamento sia solo superficiale. E' normale, persino fisiologico, che ora i nuovi dirigenti dell'Etiopia debbano subire una pressione radicale. Affondato il feudalesimo, s'è aperte il tempo del dibattito, delle insoddisfazioni che esplodono, della richiesta di godere subito tutti i diritti così a lungo negati. Forze fino a ieri duramente represse, escono finalmente allo scoperto: è saltato il tappo alla vecchia Etiopia, adesso si vuole tutto e subito. Una decina di giorni fa, prima della deposizione di Hailè Selassiè, circolava un documento attribuito all'Unione degli universitari di Addis Abeba, in cui il comitato coordinatore, cioè l'organo di direzione politica delle forze armate, veniva definito «punta di lancia del movimento popolare». Ma era un appoggio parziale, uscito da una mi. noranza dei seimila studenti della capitale. La maggior parte di questi giovani vuole che i militari si levino di torno, alla svelta, prima che la situazione si cristallizzi. Un primo sintomo di questa cristallizzazione viene individuato nell'annuncio diramato oggi, secondo cui il comitato militare, in attesa del re designato Asfa Wossen (che giace malato in Svizzera e probabilmente non ha nessuna intenzione di cacciarsi in questo pasticcio), eserciterà collegialmente le funzioni di capo dello Stato. Ma sembra più probabile che si tratti, invece, di un semplice adempimento formale. Il modo in cui i militari gestiranno il problema permetterà di giudicare meglio la loro attitudine al governo, e la profondità del loro proposito rivoluzionario. E' appena il caso di notare che la situazione delineatasi oggi molto chiaramente, il fatto cioè che il nuovo regime deve fare i conti con l'ansia di chi vuole procedere oltre, conferma l'inesistenza di un pericolo controrivoluzionario. Indietro, insomma, non si torna: il problema è ormai se si debba continuare ad andare avanti, e fin dove. Alfredo Venturi

Persone citate: Asfa Wossen, Hailè Selassiè

Luoghi citati: Addis Abeba, Etiopia, Svizzera