I petrolieri: gli aumenti a carico dei consumatori

I petrolieri: gli aumenti a carico dei consumatori Una perentoria richiesta fatta al governo I petrolieri: gli aumenti a carico dei consumatori II maggiore prelievo fiscale fissato dall'Opec è del 3,5 per cento - Secondo l'Opec, le compagnie petrolifere possono rinunciare a parte dei "pingui ed eccessivi profitti" Roma, 16 settembre. (e. p.) Fino a sera, la sola reazione in Italia alle deci-' sioni prese a Vienna dai Paesi dell'Opec (la potente organizzazione dei produttori di petrolio) è quella dell'Unione Petrolifera, che chiede di scaricare sui consumatori il maggior prelievo fiscale del 3,5 per cento a carico delle compagnie. La richiesta, indirizzata al governo, è perentoria e lascia presagire (anche sul ricordo di quanto è accaduto con la pasta) nuove tensioni sul già travagliato mercato interno del petrolio. In proposito, il ministero dell'Industria non ha dato ancora alcuna comunicazione. Ma è presumibile che gli organi tecnici siano al lavoro per un esame approfondito del problema, prima che questo venga affrontato dal ministro e dallo stesso governo. I dirigenti dell'Unione petrolifera ritengono le decisioni dell'Opec solo «una mossa tattica» che nasconde «un vero e proprio aumento del presso del combustibile». Si tratta di un rialzo contenuto, aggiungono i petrolieri, ma pur sempre tale da rimettere in discussione il prezzo al consumo di tutti i prodotti del greggio. Non aumentare il prezzo di riferimento del petrolio fino a dicembre e accrescere invece il prelievo fiscale a carico delle società, per l'Unione, sul piano pratico, non presenta alcuna differenza, poiché «la manovra si conclude sempre con un aumento del quantitativo di denaro che finisce nelle tasche dei paesi produttori». I petrolieri, conti alla mano, sostengono che l'imposizione maggiorata comporta per le compagnie un aggravio di 3-400 miliardi di lire, «assolutamente insostenibile». La conclusione è che «il governo abbandoni ogni dilazione nel riconoscimento del nuovo onere che viene a gravare sugli operatori, perché gli effetti ricadrebbero, oltre che sulle società, su tutti i consumatori». E la minaccia, sia pur velata a tagli di rifornimenti è chiara. La situazione, aggiunge il comunicato, è destinata ad aggravarsi, in quanto «l'industria petrolifera è oggi impegnata in un immune compito di ricerca e sviluppo di nuove fonti energetiche che non potrà andare a buon fine senza l'indispensabile sostegno finanziario del mercato». Dal settembre dello scorso anno a questo settembre i prodotti petroliferi hanno subito pesantissimi rincari: la benzina «super» è passata da 162 a 300 lire il litro, la «normale» da 152 a 287 lire il litro, il gasolio da trazione da 30 a 135 il litro, il gasolio da riscaldamento da 27 a 80 lire il litro. Pure raddoppiato è il prezzo dell'olio combustibile che mediamente, tra i vari tipi, costa oggi sulle 50 mila lire la tonnellata. Le importazioni di greggio pesano poi in forte misura sulla nostra bilancia commerciale, che nei primi sette mesi dell'anno ha accusato un deficit di 4532 miliardi di lire, dei quali 2742 imputabili esclusivamente ai prodotti petroliferi. Londra, 16 settembre. (m. ci.) Passano le ore e l'Inghilterra scopre che le nuove decisioni dell'Opec aggraveranno in misura tutt'altro che modesta le sue difficoltà finanziarie. Il più elevato costo del petrolio aggiungerà alla bilancia britannica dei pagamenti una spesa annua pari ad altri 400 milioni di dollari. Salirà quasi certamente il prezzo della benzina, il che avrà l'effetto d'innalzare anche i prezzi d'innumerevoli altri prodotti. Non aveva torto a Vienna il delegato iraniano Amouzegar, quando dichiarò: « I Paesi in posizione più vulnerabile sono Inghilterra, Francia e Italia ». Certo, il problema non esisterebbe se le società petrolifere si addossassero interamente quella maggiorazione del tre e mezzo per cento nel carico fiscale. Secondo gli esponenti dell'Opec, le Oil Companies dovrebbero rinunciare a parte dei loro « pingui ed eccessivi » profitti, ed evitare così nuovi aumenti a danno del consumatore. Ma le società, perlomeno in Inghilterra, non sembrano disposte a seguire tale esortazione: fanno presente che i loro utili continuano a calare; che sono impegnate in costosissime ricerche; e che i profitti possono essere tagliati soltanto se, a simile riduzione, se ne accompagna una in tutte le attivila. Le consultazioni tra queste aziende e il governo avranno inizio nei prossimi giorni. Non vi 0 dubbio che, dietro 1p complicate percentuali annunciate a Vienna, si nasconde un colpo ansili duro I calcoli degli esperti non corrispondono inoltre ai calcoli elencati nel comunicato diffuso venerdì a mezzanotte. L'Opec parla di un aumento di 33 cents nel costo del petrolio « medio », che salirebbe pertanto da nove dollari 41 cents a nove dollari e 74 (il petrolio « medio » è il cocktail composto per il 40 per cento dall'etnia oil delle società e per il 60 per cento dal participaiion oil, o buy-back, di proprietà dello Stato e rivenduto alle società); ma le proporzioni non coincidono, l'Opec tace sulla crescente quota del grezzo di partecipazione: per cui il costo « medio » è più vicino a 9,97 che a 9,74. Il prezzo del petrolio è dunque rivolto verso l'alto e non verso il basso, come si erano illusi gli ottimisti durante l'estate. Lo confermano le dichiarazioni dell'Ara¬ bia Saudita che s'accingerebbe ad aumentare il prezzo «medio» del suo petrolio di 13 cents, venti cents meno dei 33 concordati dagli altri paesi dell'Opec. Svanisce così la speranza che l'Arabia Saudita non ritoccasse minimamente i suoi oneri fiscali e lasciasse crescere il divario tra i tuoi prezzi e quelli degli altri produttori. Bisognerà vedere infine come si concluderanno i negoziati tra l'Arabia e la società Aramco. Se il governo di Riyad innalzerà la sua partecipazione dal 60 al 100 per cento, potrà stabilire un unico prezzo, che potrebbe essere tra i dieci e gli undici dollari. Un'ultima informazione. I nuovi aumenti fiscali, calcolati sui trenta milioni di barili prodotti giornalmente dall'Opec, accresceranno le entrate di questo cartello di circa cinque miliardi di dol¬ lari, nei prossimi dodici mesi. Il fiume di petrodollari continua ad ingrossarsi. Arriverà al trilione tra l'84 e l'85.