Rocca non ci crede di Mario Bianchini

Rocca non ci crede La ''giovane guardia,, di Fulvio Bernardini Rocca non ci crede Il difensore romanista ringrazia Liedholm che l'ha "sgrezzato" e sogna la maglia azzurra I momenti liberi li passa in pace a S. Vito Romano dov'è nato, tra tifosi ingenui e sinceri (Dal nostro Inviato speciale) S. Vito Romano, 13 settembre. A S. Vito Romano, un piccolo paese di 3800 abitanti ad ottanta chilometri dalla capitale, costruito ai piedi dei monti Prenestini fra il verde dei boschi e di vigne fiorenti, le discussioni sul football stanno diventando da qualche settimana più importanti dei discorsi sul raccolto dell'uva. E' una situazione inedita in un ambiente dove il più popolare dei nostri sport era noto soltanto fra i ragazzi del bar principale. Causa della metamorfosi di costumi è Francesco Rocca, uno dei gioielli che Bernardini vorrebbe trapiantare nella nuova Nazionale. Il giovane difensore romanista, balzato quasi improvvisamente alla ribalta della notorietà dopo la convocazione in azzurro, è diventato la bandiera del suo paese natale. Tuttavia nessuno eccede In manifestazioni isteriche come accade spesso fuori degli stadi nelle grandi città. Francesco continua ad essere il simpatico amico di tutti, senza distinzione. La sua matrice genuina di figlio di lavoratori (suo padre è idraulico) è ancora perfettamente intatta. La modestia di Rocca è tale da accentuare il solito interrogativo: saprà difendersi dalle insidie del successo? La valvola di sicurezza potrebbe essere proprio il suo piccolo paese, permanente esempio di sacrificio e di duro lavoro. « CI hi In passato un altro calciatore di S. Vito Romano — ricorda Marcello, cugino di Rocca — si chiamava Lelio Calaneri. giocò per qualche anno nelle file della Juventus ». « Anch'io stavo per finire In maglia bianconera — aggiunge il neo azzurro — l'affare andò a monte per un soffio. Ricordo, avevo 17 anni quando venne a vedermi Locatela, osservatore della Juventus. Allora giocavo nella squadra del "Bettini Quadrare" come prestito del Genazzano dove ho cominciato a tirare I primi calci. Locatela mi chiese se avessi gradito un trasferimento a Torino. Non ci pensai due volte a rispondere che ne sarei stato entusiasta. Ma nel frattempo la Roma aveva già acquistato il mio cartellino dal Genazzano per la cifra di 4 milioni ». • Andò pure a vuoto — aggiunge Rocca — un tentativo fatto dal Milan attraverso il suo incaricato sig. Larena. Non ho pentimenti, sono contento. Sono sempre stato un tifoso della Roma. Si può facilmente immaginare la mia felicita adesso che ho la possibilità di giocare addirittura in prima squadra ». Helenio Herrera, qualche giorno fa, si vantò di essere stato lui a scoprire le tue doti. « In parte è vero, Herrera mi notò durante una partita che la squadra Berretti della Roma disputò contro il Civitavecchia. Egli era venuto ad osservare le condizioni di Cordova. Inserito per l'occasione nella nostra Berretti. Il sabato successivo alla vigilia di Roma-Varese sostenni il primo allenamento con la squadra titolare. Anche se non scesi in campo tu per me un gran giorno. Successivamente disputai quattro partite del torneo anglo-italiano. Finalmente il 25 aprile del 1973 esordii in serie A. A San Siro contro il Milan. Perdemmo per 3-1. Mi dissero che avevo giocato bene ma ciò non servì a con- solarmi. Mi sarebbe piaciuto cominciare con un successo ». A quel tempo Rocca era ancora facile all'emozione, insicuro, grezzo sul piano tecnico. Forse per questo Herrera, anche perché assillato dalla situazione di classifica, lo tenne in disparte. » Partito il mago — prosegue l'atleta — giocai le ultime due partite del campionato sotto la guida di Trebiciani che mi aveva già dato fiducia inserendomi nella formazione Primavera ». Agli osservatori Rocca apparve subito come un giocatore di grande interesse. Molti, però, (compreso Scopigno) ritenevano che il suo gioco esuberante, impostato prevalentemente sulla velocità, non fosse adatto per un tipo di manovra ragionata. Sarebbe stato necessario un tecnico dotato di talento ma soprattutto di pazienza per plasmare e dare un tono più razionale alle grosse risorse di Rocca. Liedholm ha subito compreso di aver a disposizione un campione ancora racchiuso in quel guscio da cui nessuno lo aveva aiutato ad uscire. « Liedholm mi ha consentito di svilupparmi atleticamente, per la prima volta mi ha latto allenare con i pesi — ricorda Rocca riconoscente — siamo stati per ore intere a palleggiare, ad effettuare cross. Se sono migliorato tecnicamente lo devo esclusivamente a lui. Ero un mediano. Liedholm mi Ita insegnato come si gioca nel ruolo di terzino-centrocampista, a marcare l'uomo e a spingermi avanti al momento giusto. Aveva ragione lui. Le mie doti in questo modo risaltano di più. Ora sono più calmo. Ho imparato a ragionare ». Cosa ti ha detto Bernardini? » Di giocare secondo le mie abitudini ». Ti ha assicurato un posto per Zagabria? » No. ma in Jugoslavia io e Roggi ci andremmo anche soltanto per portare le valigie ». Tu speri di esordire in Nazionale? « Non ci credo, sarebbe troppo bello ». Gli occhi di Francesco Rocca brillano di commozione al pensiero della maglia azzurra, così accade a mamma Emma, sempre in pensiero per il figlio in viaggio e per papà Ottavio che all'inizio non voleva un figlio calciatore. Adesso è il suo tifoso più appassionato, anche la sorellina Emma di 9 anni come la maggior parte della semplice gente del paesino laziale, partecipa al sogno di Francesco, primo cittadino di S. Vito Romano. Mario Bianchini S. Vito Romano. Francesco Rocca tra i ragazzi al mercatino del suo paese (Telefoto)

Luoghi citati: Civitavecchia, Genazzano, Jugoslavia, Roma, Torino, Varese, Zagabria