Conti con l'estero e bilanci turistici di Mario Salvatorelli

Conti con l'estero e bilanci turistici I nostri soldi Conti con l'estero e bilanci turistici Magri bilanci della stagione turistica, che non c ancora finita, ma difficilmente avrà un colpo di coda che li raddrizzi. Non c'è da stupirsi se il « movimento » degl'italiani è stato inferiore all'estate scorsa, in molte località, negli alberghi e sulle strade: il prezzo della benzina è proibitivo, per gran parte delle famiglie i conti non tornano, quanto meno non permettono stravaganze, l'orizzonte non è roseo. Stupisce, invece, se sarà confermata dalle cifre definitive, la flessione dei turisti stranieri, e proprio in un anno in cui abbiamo un bisogno disperato di valute, tanto da dover ricorrere ai prestiti esteri fino al punto di dare in garanzia le riserve d'oro. A questo proposito, però, non condivido le critiche, addirittura l'indignazione di una parte dell'opinione pubblica, e le battute tipo: « Siamo arrivali a impegnare la catenina d'oro ». Se si chiamano « riserve » è proprio perché si tengono da parte per ì periodi di emergenza, e se questo non lo è, allora non si capisce perche si parli della crisi più grave del dopoguerra. Inoltre abbiamo ottenuto, per la prima volta in un'operazione tra banche centrali, di valutare l'oro non più al prezzo ufficiale ma ad una quotazione prossima a quella del mercato libero. Infine, delle due l'una: o alla scadenza saremo in grado di rimborsare il prestito, e allora le riserve rimangono dove sono, oppure non saremo in grado, e allora in qualche modo avremmo pur dovuto tirare fuori i quattrini per onorare l'impegno. Quanto ai turisti stranieri, che l'anno scorso ci portarono 1377 miliardi di lire (qualcosa più, quindi, del prestito tedesco, e senza rimborsi né garanzie auree), se c'era un'estate in cui avrebbero dovuto affluire, più numerosi che mai, era proprio questa. E' vero che i nostri prezzi sono cresciuti, e non di poco, in particolare per chi viaggia o comunque vive fuori di casa (alberghi e ristoranti), ma è anche vero che aumenti ci sono stati in ogni Paese — e con gli aumenti dei prezzi un accrescimento dei redditi — e che il favorevole cambio con la lira, favorevole per chi possiede marchi, franchi di vario genere, sterline e dollari, compensa largamente l'eventuale rincaro in più dei nostri prezzi rispello a quelli altrui. Una cifra per tutte: nell'estate scorsa la svalutazione media della lira, rispetto all'ultimo giorno prima della «fluttuazione», era intorno al 15 per cento, quest'estate è di oltre il 22 per cento, cinque punti in più per noi, cinque punti in meno per chi deve acquistarla con valute straniere. Si dirà che non c'è stato solo l'aumento dei prezzi, ci sono state le bombe sui treni, che spaventano tutti e inducono, chi non è obbligalo a farlo, a non viaggiare sui treni italiani. Ma va anche detto che almeno 1*80 per cento dei turisti si muove sulle strade, in automobile o in torpedone, ed anjhe ammesso che chi ha fatto un programma di vacanze — c gli stranieri lo fanno di solito con largo anticipo — lo modifichi per paura del banditismo pseudo-politico, ciò non avrebbe potuto avere una grossa influenza sul totale dei nostri ospiti stagionali. Qualcuno osserverà, ancora, che il disservizio postale ha sconvolto i contatti, per cui molti alberghi si sono visti giungere famiglie e comitive che, non attendendo risposta alle loro prenotazioni, le consideravano giunte a destinazione, altri alberghi non hanno visto arrivare quelli che attendevano una conferma prima di muoversi e non l'avevano ricevuta. A questo punto mi rendo conto che diventa sempre più difficile considerare « sorprendente » il calo dei turisti stranieri, e sempre più facile, direi obbligatorio, criticare la « politica turistica », anzi « antituristica » del nostro governo. Complessati dalla necessità di ridurre le importazioni di merci dall'estero e i consumi all'interno, nulla si è fatto a favore, anzi tutto si è fatto contro quelle importazioni che rappresentano un'entrata di valuta, non una spesa (« importazione » di turisti, per esempio) e per sostenere quei consumi che non solo danno lavoro a centinaia di migliaia di lavoratori (i ristoranti c le trattorie in Italia sono centomila, i « letti » in alberghi, pensioni e campeggi sono quasi due milioni), ma sono strettamente collegati a quell'entrata di valuta. C'è stato anche un ritardo nella decisione riguardante i buoni-benzina agli stranieri, tanto più imperdonabile quando il prezzo del carburante, per noi italiani, saliva alle stelle ed i giornali di tutto il mondo non perdevano l'occasione di farlo sapere a tutti. L'anno scorso con i buoni, cioè a prezzo ridotto, gli stranieri hanno acquistato qualcosa come 412 milioni di litri di benzina, per un importo di circa 44 miliardi di lire, ciò che dimostra quanto questi buoni siano importanti. Quest'anno, forse, si è tardato a metterli a disposizione degli stranieri per risparmiare benzina? Non è da escludere. Nei precedenti in materia, si è sempre data più importanza a un minor consumo, anche minimo, di carburante, che al danno, anche enorme, provocato da quel «risparmio ». A tutto ciò si è aggiunta, più estesa che mai quest'anno, la chiusura di musei, gallerie e scavi, per mancanza di personale. Ma quando ci si renderà conto della loro forza di attrazione sugli stranieri? Quando si valuterà adeguatamente il fatto che solo gl'istituti di antichità e d'arte dello Stato (esclusi, quindi, quelli dipendenti dagli enti locali e che sono un'infinità) richiamano ogni anno 20 milioni di visitatori, nonostante i loro assurdi orari di apertura (quando funzionano « regolarmente »)? E' possibile che uno Stato che ha 1 milione e 800.000 dipendenti (compresi i 400.000 delle aziende autonome) non possa spostarne diecimila per valorizzare e proteggere una delle nostre più grandi ricchezze, il patrimonio artistico, ma abbia bisogno di indire lunghi e tortuosi concorsi per assumere 300 custodi di musei? Mario Salvatorelli

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