Un "no" al Sud Africa di Giorgio Viglino

Un "no" al Sud Africa Nello sport italiano c'è anche chi non sa dirlo Un "no" al Sud Africa La Federtennis ne ha propiziato il rientro in Coppa Davis - Poi ha tentato di evitare il confronto diretto solo nel timore di perdere - Saggia evoluzione del rugby Ci sono rapporti obbiettivamente difficili nello sport internazionale. Non è con l'animo sgombro che si affrontano giapponesi e coreani — e sono quelli del Sud che hanno provocato gli scontri più duri —, gli israeliani vengono isolati sotto una campana di vetro, e quando semplicemente sono di fronte le due Germanie com'è accaduto ai recenti mondiali di calcio si mobilitano i carri armati senza fiori nei cannoni. Sono scontri potenziali, che diventano effettivi quando la disciplina lo permette, ma che a livello dirigenziale vengono mascherati dietro a tavole rotonde o quadrate ricche di visi sorridenti. Ma ci sono anche i contrasti istituzionalizzati, la Cina, quella vera, e i Paesi dell'apartheid, Sudafrica e Rhodesia. Il problema cinese sta rientrando sulla spinta di un'ideologia che mai ha contrastato con i principi che regolano lo sport, e soprattutto per la necessità di inserire in un confronto veramente mondiale, gli elementi selezionati da una base tanto vasta. Diverso è il caso dei due Paesi africani più che mai arroccati sulle loro anacronistiche posizioni, che vengono puntualmente riflesse nello sport. Si nuota, si corre, si gioca a tennis e golf, ma né Karen Muir, né Malan (per non parlare di Fiasconaro], né Drysdale, né Gary Players sono negri. Di qui l'ostracismo che le federazioni internazionali più potenti hanno decretato a questi Paesi, e la reazione degli stessi negli altri settori dove ancora trovano modo di esprimersi. Ogni partita, ogni esibizione vengono sfruttate in chiave politica, magari al negativo, giocando sulla naturale reazione di chi si sente offeso dalla presenza di rappresentative ufficiali di un Paese che non solo con la democrazia, ma con II semplice rispetto dei diritti dell'uomo ha pochissimi contatti. Nello sport italiano gli atteggiamenti nei confronti del Sud Africa, più valido su un piano tecnico, e della Rhodesia sono direttamente collegati agli orientamenti politici dei diversi responsabili, e quindi ottimi nella maggior parte dei casi, freddi in pochi, il caso dei tennisti ha punti di contatto e di contrasto con quello del rugbisti, ma entrambi mettono in chiara evidenza l'assoluta mancanza di una direttiva da parte del Coni, troppo impegnato a livello dirigenziale in manovre internazionali quantomeno ibride. La Federtennis nei suoi rapporti con il Sudafrica è macchiata dal peccato originale. E' stato il nostro rappresentante lo scorso anno a chiedere la riammissione del Sud Africa alla commissione di Coppa Davis, ed è stato il voto favorevole dell'Italia determinante per la decisione finale. Fatalità ha voluto che in questa stagione davanti agli azzurri si siano venuti a trovare i sudafricani. Abbiamo così assistito ad un balletto orchestrato su un tempo « grottesco con brio ». La nostra Federtennis è stata improvvisamente colta da dubbi terrificanti circa la democraticità del Sud Africa, sul numero dei tennisti di colore ammessi alla rappresentativa nazionale, cioè nessuno, sui riflessi che il confronto diretto avrebbe avuto nel nostro Paese. Tutto ciò semplicemente per la paura di perdere, perdere sportivamente sul campo in cemento che poco si adatta ai tennisti azzurri. La manfrina non è servita a ottenere una sede diversa in campo neutro e la squadra italiana va a giocare contro avversari che se risultassero vin¬ citori non troverebbero rivali per la finalissima: tanto India che Urss hanno già dichiarato che rinunceranno al trofeo piuttosto che scendere in campo contro gli alfieri del razzismo. Nel rugby la colorazione politica di chi decise una lunga trasferta in Italia dei famosi «Spring- I boks» non era diversa, ma è successo che al mese di luglio al romano Luzzi Conti succedesse quale presidente della federazione il dottor Martone, napoletano cinquantaquattrenne, con un passato di rugbista affermato. E Martone senza rivoluzioni, ma con molto buonsenso ha ridimensionato quanto Luzzi-Conti aveva impostato, ha ridotto i rapporti con il Sudafrica da una sorta di gemellaggio ad una larvata collaborazione tecnica. Questione di sensibilità e di intelligenza, l'una e l'altra ritrovate con un cambiamento al vertice. Potrebbe essere un'idea anche per il tennis, o più in alto ancora. Giorgio Viglino

Persone citate: Drysdale, Fiasconaro, Gary Players, Karen Muir, Malan, Martone