Dal mistero ai dogmi

Dal mistero ai dogmi Dal mistero ai dogmi Padre Giuseppe tic Rosa S.J. ha dedicato a! mio libro Quaesivi et non inveiti un ampio saggio nella Civiltà cattolica, c io Io ringrazio dell'onore che mi ha fatto. Naturalmente il saggio è una critica severa del libro, e altrettanto naturalmente io credo che la critica non sia giusta. Il punto iniziale e fondamentale del saggio è questo: che io ho cercato Dio per giustificare il mio ateismo. Un processo alle intenzioni? Padre de Rosa dice che « ho affrontalo il problema della religione con hi mente ingombra di pregiudizi, il pili forte dei quali è il pregiudizio di origine illuministica, per cui rifiuto la teologia che muove da dogmi e accetto quella che si vale della ragione ». Per me è vero il contrario: la critica biblica non si vale che della ragione, e nessuna critica e possibile se si parte dal pregiudizio che i testi siano ispirati anzi « dettati » dallo Spirito Santo e quindi esenti da errori C« Libri onines atque integri, quos Ecclesia lamquam sacros et cauonicos recipit, cum omnibus suis partibus, Spiriti! Sditelo die/ante, conscripli suiti... »), Dio, che è somma Verità, non può essere autore eti alcun errore (...Dcnm, situiuiam veri/aleni, niillius omnino erroris auctorem esse. Enciclica Provideulissimus). Il mistero, dice Padre de Rosa, è sopra la ragione, non contro di essa. E si domanda: « E' giusto, è ragionevole che ci sia qualcosa al di sopra della ragione? Il razionalismo lo nega. Mi questa pretesa è inaccettabile. Infatti è la stessa ragione umana che infrange il limile che le si vorrebbe imporre quando con la sola sua forza dimostra che esiste Dio. Se Dio esiste — e la ragione umana può dimostrare che esiste! — non può non essere infinitamente al di sopra della ragione, non pili) essere per questa se non un mistero ». Credo che la discussione guadagnerebbe in chiarezza se fosse condotta più terre à terre. Padre de Rosa dice: il Mistero. Io dico: il tale dogma, la tale Enciclica, la tale direttiva (vincolante) della tale Commissione pontificia. E ritengo che non sia ragionevole mettere il tale dogma, la tale Enciclica, la tale Commissione pontificia al di sopra della ragione. Dice Padre de Rosa: Guerriero « si affida cigli specialisti di critica iieotvstamenlaria... A due vanno le sue preferenze: a Loisy e a Bnl/mann ». « Loisy un autore "serio"? », si domanda, e contesta vivacemente la « serietà » di Loisy. Mi permetto di fargli notare che Loisy, prima di diventare « il padre del modernismo », tenne la cattedra di Sacra Scrittura all'Istituto cattolico di Parigi. Ne deduco che la Chiesa lo riteneva uno studioso « serio >•. * * Un Padre gesuita, P. Jean Levic, professore di Sacra Scrittura al Collegio teologico S.J. Saint-Albert a Louvain, dice: « Alfred Loisy era notevolmente dota/o dal punto di vista filologico ed esegetico, penetrante e perspicace, ma con una tendenza marcala da una parie allo scetticismo ipercritico, dall'altra ad una ingegnosità fiduciosa nelle sue divinazioni. Molto personale nelle sue ricerche, avrebbe potuto promuovere attivamente il progresso esegetico, a coudizione che si fosse tenuto in gì ardia contro certi tratti del suo temperamento ». Dunque fu una perdita per la Chiesa. Un autore così poco « serio »? La verità è che per Padre de Rosa Loisy non è un autore « serio » solo perché diventò modernista, « il padre del modernismo ». Ma nel cattolicesimo dopo la Riforma, il modernismo è stato il movimento più « serio » dopo il Giansenismo. Fu una crisi « terribile »: la reazione della Chiesa in qualche moine.ito fu dominata dal panico, tanto che la stessa Civiltà Cattolica, la stessa Compagnia di Gesù furono sospettate di modernismo: non dal primo venuto, non da un giornalista qualsiasi, ma dall'organizzazione segreta con a capo Monsignor Benigni, che era stata istituita presso la Santa Sede per combattere il modernismo. Probabilmente, dice Padre de Rosa: «Guerriero ha della "serietà" di un libro una concezione. diversa dalla nostra». L. eredo anche io. « La prima condizione perché mi libro di storia del Cristianesimo sia serio è che faccia astrazione da qualsiasi concezione dogmatica della persona e dell'opera di desìi e del Cristianesimo », ho scritto. Ma Padre de Rosa dice che « non gli sembra proprio "serio" ragionare così. Un libro di stori,! su Cristo e sul¬ le origini del Cristianesimo è "serio" non se chi lo ha scritto è un ateo o un razionalista, ma se ha applicalo rigorosamente il metodo storico-critico, un metodo che è ugnale per lutti, razionalisti e credenti ». E' giusto. Ma come può applicare rigorosamente il metodo storico-critico un libro in cui l'uso della ragione sia limitato da dogmi? ★ ★ Faccio un esempio: il caso più importante e memorabile nella storia della critica dell'Antico Testamento. La tradizione millenaria ebraica e cristiana ha sempre attribuito a Mose i libri de' Pentateuco. Nella seconda me,., del secolo scorso la critica protestante fece un lungo paziente lavoro, la cui conclusione fu l'opera di Wellhauscn (1878). Fu definitivamente dimostrato i carattere composito del Pentateuco. Esso e la combinazione di quattro « documenti »: Jahveistico, Eloistico, Deuteronomico. Sacerdotale, di date diverse. (J, E, D, P). La data ultima dei cinque libri fu abbassata al V secolo a.C. La critica protestante poi ha lavorato sulla base di questa ipotesi. C'è stato chi ha proposto l'introduzione di un quinto « documento » (Eissfeldt, Pfei(Ier); chi ha suddiviso qualcuno dei « documenti ». Vediamo che succedeva intanto nel mondo cattolico. Nel j 1893. Papa Leone XIII fece' l'Enciclica Vrovidentissimus, in ! cui riaffermò i due principi 1 fondamentali dell'esegesi catto- ; lica, che ho sopra ricordati: che la Sacra Scrittura in ogni sua parte è ispirata e « l'iner-1 ranza ». Lo stesso Pontefice Leone XIII istituì la Commissione biblica perché desse un indirizzo sicuro ed efficace all'insegnamento della Sacra Scrittura. Ed ecco alcuni dei suoi responsi: sull'autenticità mosaica del Pentateuco (1906): Mose è l'autore, sia direttamente, sia per mezzo di redattori da I lui approvati; sull'autenticità dei capitoli XL-LXVI (1908)! (non ci sono argomenti suffi-1 cienti per attribuirli ad un altro Isaia); sul carattere stori-; co dei primi tre capitoli della Genesi (1909): verità storica! sostanziale di quei fatti della ' storia umana; si mantiene la ! storicità letterale di certi punti, come: forma/io primae mu-1 lieris ex primo homine...; divi- ! /// praecepti, diabolo sub ser- ! penlis specie suasore, trans- ! gressio; ecc. Cinquanta anni dopo (1943), Pio XII, con l'Enciclica Divino afflante Spirita, allentava le strettoie. Oggi, nessuno — protestante o cattolico —■ mette in dubbio che il Pentateuco non fu scritto da Mose e che ci furono due Isaia. Non so se la Chiesa lo ammetta ufficialmente. Padre de Rosa vorrà: riconoscere che la Commissione biblica non « applicò affatto il metodo storico-critico», c| che chi scrisse libri di esegesi i attenendosi a quelle direttive! non potè scrivere libri « seri ». i Padre de Rosa trova eccessiva la stima che io ho di Bult-1 ma mi. « Anche in campo protestante, pochi diranno che \ Bnl/mann sia il più grande teologo del nostro tempo », ■ anche se si deve riconoscere, con Zahrnt, che, « insieme con ■ Karl Barth e Paul Tillicb, Bullmaini è uno dei tre veramente grandi nella teologia protestalite del XX secolo». Non è il più grande, ma è j uno dei tre più grandi? Ho qui sul tavolo il volume degli Atti della XXI settimana biblica. Tutti parlano di Bultmann. C'è una lunga relazione su Bultmann. Nessuno ricorda Barth o Tillich. A me sembra che Bultmann si distingua dagli altri due e in generale da tutti i teologi per questo: perché propone un cristianesimo che l'uomo moderno può accettare. Padre de Rosa approva che io non accetti il passaggio dal mito alla fede. Ma io non Io accetto perché non sento l'appello alla mia coscienza, di cui parla Bultmann. Altri lo sentiranno e potranno accettare il messaggio cristiano senza fare sacrifidimi inlellectus. Dice ancora Padre de Rosa: « Guerriero, accettando la tesi di Bultmann che il NT. è mitico, non si appoggia alla sua scienza esegetica, ma al suo razionalismo, cioè ad un pregiudizio non scientifico e a nostro parere radicalmente falso ». Come ho detto in principio, per me è vero il contrario: la critica non si vale che della ragione, e i pregiudizi fideistici, limitando o sopprimendo la libertà della ragione, rendono impossibile la critica: non solo la critica « razionalistica », ma la critica semplicemente razionale o, più semplicemente ancora, ragionevole. Augusto Guerriero

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