Due "leaders,, sulle spine nell'Inghilterra malata di Mario Ciriello

Due "leaders,, sulle spine nell'Inghilterra malata DAVANTI ALLE ELEZIONI DI OTTOBRE Due "leaders,, sulle spine nell'Inghilterra malata (Dal nostro corrispondente) Londra, 11 settembre. Elesione significa incertezza. Come disse Stalin a Churchill: « Certo, è un sistema magnifico per eleggere i propri leaders, non merita che lodi: ha un solo difetto, non si può sapere prima chi vincerà ». Due sole previsioni si possono fare senza perplessità su queste nuove general elections che si avvicinano di giorno in giorno come i primi freddi d'autunno. E' in gioco la sopravvivenza politica dei due leaders, Wilson e Heath: chi sarà sconfitto in ottobre precipiterà in quell'Averno dove vagano le ombre dei condottieri sfortunati e umiliati, e il vincitore farà, per circa due anni, più o meno quanto avrebbe fatto il suo avversario. E' una scena da western. La strada deserta, i cittadini che spiano ansiosi dalle porte e le persiane socchiuse, il sibilo minaccioso del vento, la polvere. D'improvviso, Wilson: poi, al fondo delta via, Heath. Avanzano guardinghi, armi in pugno, passano dinanzi a una simbolica insegna: « Last Chance Saloon », l'osteria dell'ultima occasione. Fuoco. Uno cade, morto, l'altro occupa il posto di sceriffo, dove non ha altra scelta che arrestare gli stessi cow-boys, impiccare gli stessi malfattori e rispettare gli stessi signorotti che avrebbe arrestato, impiccato e rispettato il suo de¬ funto concorrente. Questo, perché vi sono momenti nella vita di una borgata come di una nazione in cui le circostanze sono più forti degli uomini. Sulle cause si sono scritte colonne. L'Inghilterra è inferma quanto l'Italia, non tenta nemmeno di nascondere le sue ferite, anzi le ostenta, e s'adonta se la Comunità europea considera più drammatiche, più. purulente, quelle del nostro Paese. Le cifre sono sempre rivelatrici. Gl'italiani si strappano i capelli, ma la nostra produzione industriale sarà nel 1974 decisamente superiore a quella del 1973. La produzione britannica non s'è mossa di un millimetro, soltanto negli ultimi mesi ha cominciato a ridestarsi. Il prodotto nazionale lordo dì Londra, superato in un decennio dal tedesco e dal francese, diventa lina torta sempre più piccola, con fette sempre più sottili. Meglio perdere? | vare Un alto funzionario del ministero del Tesoro ha det: to ad un giornalista: « Se io t fossi il premier, non vorrei I essere rieletto. Tornare a ; Downing Street mi atterri| rebbe ». Tale è la logica del ragionamento che innumerevoli lettori hanno preso sul | serio un articolo del Guar! dian in cui si sosteneva, per ! scherzo, che il governo loborista voleva elezioni anticipate, ottobrine, « nella speranza di perderle ». Quali sono infatti le prospettive? Un disavanzo nella bilancia commerciale pari a oltre il 6 per cento del reddito nazionale. Oltre un milione di disoccuj pati durante l'inverno. Una ■ inflazione che dal 18 per cento sfreccia già verso il 20. Cosa potrà fare il premier? Accrescere le esportazioni, per ridurre il passivo? Ma non si può vendere se scarseggiano i compratori, e nessuno sa quali politiche economiche adotteranno gli altri mercati, soprattutto la Germania, gli Stati Uniti e la Francia. Avventarsi contro l'inflazione? Sì, certo, qualche falla può essere tappata, ma la calamità è planetaria non circoscritta alla sola Gran Bretagna e neppure all'Europa. E il petrolio del Mare del Nord? I tempi s'allungano per questo toccasana. L'oro nero c'è e comincerà presto ad arrima per vari anni le entrate petrolifere serviranno a pagare i debiti internazionali e le spese per la creazione di questa nuova industria. E' su tale sfondo wagneriano, tra tuoni e fulmini, tra l'arroganza dei sindacati e l'esasperazione della borghesia, che si muovono le figure dei politici: e sembrano j tanto fragili da scoraggiare 1 1 i più ottimisti. Sino ad un anno fa, i politici cercavano ancora di sfruttare le illusioni della passata grandezza, l'equivalente del nostro « stellone ». « Britain leads the way », la Gran Bretagna all'avanguardia, o, nel peggiore dei casi. « Britain always muddles through », bene o male ce la caviamo sempre. Oggi, il tono è da emergency. Il « Manifesto » conservatore avverte: « Fra due anni, la sterlina varrà 55 pence. Nessuna grande democrazia è mai sopravvissuta ad lui aumento tanto ca- ! tastrofico nel costo della i vi'a »• ! Per Heath e Wilson è duri I °"f !a Partita decisiva, chi ! <;aclrta non si risolleverà. E le stesse implacabili Parche ! potrebbero mozzare il filo della leadership liberale di Jeremy Thorpe. (Sempre che il risultato sia netto, con un vincitore e uno sconfitto, altrimenti, si rafforzerà la possibilità dì coalizioni, gradita a Thorpe e accettata tacitamente da Heath. ma respinta, per ora, da Wilson). La battaglia per la successione nei due principali partiti sì presenta confusa, ed è naturale, perché nessuno può ancora dire se il partito condannato dagli elettori si sposterà verso destra o verso sinistra, se preferirà un leader carismatico, un conciliatore o un abile amministratore. Tra gli uomini più brillanti nel gabinetto di Wilson vi sono ad esempio Michael Foot ed Anthony Wedgwood Benn. ma è impensabile che uno di loro possa assumere la guida di un Labour Party massacrato come l'esercito di Napoleone in Russia. Sono tra gli esponenti della sinistra, soprattutto Benn, che di questa sinistra è divenuto negli ultimi mesi « la coscienza e la guida », con i suoi stretti legami con i sindacati, con i suoi progetti per vasti e decisivi interventi statali nell'industria. Michael Foot è un caso diverso, sui generis, è adorato dalla sinistra, ma rispettato pure dalla destra per la sua cultura, il suo intelletto, per la sua calda umanità e per il suo contributo — citiamo una delle frasi che meglio lo descrivono — « di logica e di passione ». Qualcuno ha definito la famìglia Foot « un monopolio dell'intelligenza ». 77 padre di Michael, Isaac, fu famoso bibliofilo e illustre deputato liberale. Dei tre fratelli di Michael uno è Hugh (ora Lord Caradon), eminente diplomatico, l'altro è John (ora Lord Foot), deputato liberale, e il terzo è Dingle (ora Sir), passato dai liberali ai laboristi, ex avvocato generale dello Stato. Michael ha adesso 60 anni, è più in forma che mai — sostiene che « il potere è la penicillina della politica » — è stato in questi mesi un ottimo ministro per l'occupazione. Ma, come abbiamo detto, è allo stesso tempo troppo radicale e troppo indipendente per ereditare la leadership del partito. I candidati sarebbero Roy Jenkins, James Callaghan. Denis Healey e forse Anthony Crosland. Ma con molti interrogativi. Jenkins è considerato troppo di centro e troppo europeista, una sua ascesa diverrebbe possibile soltanto se un insuccesso elettorale attenuasse l'influenza adesso dominante, quella della sinistra. Callaghan è troppo anziano, ha 62 anni. Eguali dubbi affollano la scena conservatrice, abbastanza chiara fino all'estate ma su cui è scesa un'improvvisa foschia. E' un fenome¬ no nuovo. Sono i laboristi, usualmente, con i socialisti di tutti i paesi, ad accapigliarsi e a frazionarsi: per i tories, la maschera della compattezza era una delle loro forze, « Unìty » il loro motto. Il successore « naturale » di Heath sembrava William Whitelaw. l'uomo che, per due anni, tra il '72 e il '73, ha governato l'Irlanda del Nord come un proconsole romano. E' uomo di grandi doti, ha 56 anni, è uno dei pochi capi tory con un brioso senso dell'umorismo, ha una visione moderna della società, sa guidare e conciliare allo stesso tempo. Purtroppo, i problemi sono infiniti, immensi e contorti: e gli uomini dalle spalle robuste e dalla mente coraggiosa sono pochi. La scena nazionale e internazionale è cambiata: è piena di nuove pressioni e tensioni, di nuovi trabocchetti. Il «Labour party» va a sinistra e snobba l'Europa proprio quando l'Inghilterra ha maggior bisogno di pace sociale, di un'industria serena e di quel mercato che soltanto la Comunità europea può garantirle. I tories sono alla ricerca di un'identità. Come ha detto in questi giorni Lord Blake, uno storico conservatore: « Esiste un nuovo potere, il potere operaio, e i tories non hanno ancora scoperto come adattarsi alla nuova situazione. Il partito ha una tradizione di pragmatismo, per cui prima o poi risolverà il problema. Ma trova difficile disfarsi della sua immagine "manageriale", e paradossalmente accende più antagonismi di quando era il partito dei proprietari terrieri ». Nuovi assetti Non è più possibile finire un libro o un articolo con le parole della certezza. Viviamo in tempi fluidi. Si cercano nuovi assetti economici e politici. Lo scorso anno, il Giappone pareva destinato a un doloroso ridimensionamento: oggi, un autorevole studio anglo-americano conferma che sarà la «superstar» degli Anni Ottanta. Si pensava alla Germania come la prima potenza europea, ma certi futurologi assicurano che sarà invece la Francia. Come avverte Alastair Buchan nelle ultime righe del suo nuovo libro. La fine dell'era postbellica, « ci occorre un nuovo codice di navigazione per affrontare le burrascose acque piene di scogli che si stendono dinanzi a noi. Purtroppo, è proprio in questi anni, mentre più violenti e improvvisi sono i vortici, che l'Inghilterra deve completare la sua metamorfosi da impero oceanico in piccola potenza europea ». Mario Ciriello