Tornare a Bordighera di Francesco Rosso

Tornare a Bordighera UNA CITTA VIVA COME UNA TAVOLOZZA Tornare a Bordighera Molti gli stranieri, fedelissimi i pittori in queste struggenti vacanze settembrine (Dal nostro inviato speciale) Bordighera, settembre. La stagione bella dì Bordighera è incominciata dopo i primi acquazzoni che hanno fatto rifluire verso le città d'origine le ultime retroguardie dei bagnanti agostani ed hanno lavato sole e cielo dalla calìgine aiosa che li ha offuscati per tanto tem po. Ora siamo in meno, ma non in pochi a sostare di giorno sulla spiaggia, la sera nei caffè, o in casa di amici per conversazioni un po' oziose, ma distensive. La lingua italiana ha il predominio, risuonano cadenze piemontesi, lombarde, romanesche, siciliane nel quieto discorrere che vorrebbe allontanare i cattivi presagi, le molte noie che ci attendono al ritorno a casa, dopo la vacanza settembrina. Chi non si preoccupa dei nostri affanni sono gli stranièri, arrivati puntualissimi, come ogni anno, nonostante le pre visioni catastrofiche. Tedeschi in maggioranza, ma anche francesi, belgi, inglesi, svizzeri, olandesi; formano i loro gruppi, pìccole isole nazionali per animare questo arcipelago cosmopolita che dà tono al settembre di Bordighera. Verso la Francia Il golfo dilaga con lente insenature verso la Francia, e ora che l'atmosfera si è fatta limpida, anche se talvolta il sole si fa trappista dietro a bianche nuvole sfioccale, i grattacieli di Montecarlo, le ville di Cap Ferrat, sembrano a distanza di braccio; lo allunghi e le tocchi. Questo è Zino dei doni che Bordighera offre ai suoi ospiti. Un altro sono i colli che la cingono, conservati con sufficiente premura dalle autorità che sono riuscite a contenere entro limiti tolte rabili l'assalto del calcestruzzo e la lebbra dei garofani. Minor sollecitudine hanno dimostrato nella difesa del centro urbano. Grazie a licenze di costruzione concesse con incredibile larghezza, orti e giardini sono stati divorati da condomini piccoli e grandi che si rubano l'un l'altro aria e sole. E' un massacro edilizio, che cancella ogni angolo di verde, comune a tutta la Riviera di Ponente. Non siamo ancora al parossismo del cemento che ha distrutto Sanremo, però, di questo passo, anche « Bordighera la distinta », come la definiva Irene Brin, che era di queste parti, diverrà uno sbiadito, grigio borgo affollato di case senza stile, non dissimile da altri centri della Riviera. Ma per ora qualcosa ancora si salva, e godiamone finché ci è consentito. C'è la passeggiata a mare, ad esempio, certo una delle più suggestive tra Savona e Ventimiglia. Animatissima durante il giorno, con le terrazze dei caffè sempre affollate, si fa deserta già alle prime ombre della sera. Diamole vita anche nel buio, ha pensato lo scultore G. R. Lanza, torinese, ed ha innalzato su un grande scoglio isolato nel profondo azzurro del mare una sua scultura dal titolo emblema lieo. Gli argonauti, una coni posizione di metallo zincato in cui la figura umana sì trasfigura nelle linee armoniche di una prua. Elementi mobili in perspex azzurro inseriti nell'alto delle tre figure ruotano all'alitare del vento simili a radar, o ad occhi protesi verso lontane, misteriose Argolìdi. Di sera, ragazzi in costume da bagno mimano coreografie allusive agitando nel buio torce accese. Anche queste iniziative inducono la gente a uscire la sera, a incontrarsi, fondersi in gruppi sempre più omogenei, a cercare l'unità pur nelle difformi espressioni dell'esistenza che si conduce a Bordighera, città cosmopolita anche sotto il profilo religioso. Credo non esista altro centro della Liguria balneare che ospiti con una tolleranza completa tanti credi religiosi. La chiesa cattolica dì Terra Santa, progettata all'inizio del secolo dal parigino Garnier, l'architetto liberty dell'Opera di Parigi e del Casinò di Montecarlo, ha la fetta più consistente di fedeli. Vi officiano i frati cappuccini, dinamici nell'organizzare concerti di musica sacra e profana sotto le navale del tempio, e gite di ragazzi in montagna. Ma di questa stagione, con l'afflusso di tanti stranieri, anche gli altri riti hanno buon seguito di fedeli. Nella chiesa valdese-protestante, in cui officia il pastore Guido Mathieu, sono sempre numerosi gli svizzeri, i tedeschi, gli scandinavi. In quella anglicana, in cui celebra il rito il reverendo Ruthven Forbes, sposo della signora Hanbury, già vedova del celebre naturalista che creò i favolosi giardini tropicali della Mortola, si raccolgono i superstiti che conservano il ricordo dei tempi in cui Bordighera pareva l'appendice invernale mediterranea dell'Inghilterra. Ora gli inglesi sono meno numerosi, e tuttavia sufficienti, come i protestanti, a mantenere la « loro chiesa » da cui, due volte la settimana, partono i rintocchi delle campanelle che invitano alla preghiera. A completare la vita religiosa di Bordighera c'è poi un cospicuo gruppo di Testimoni di Geova il cui fratello maggiore. Tino, il barman di Chez Louis, sta organizzando per metà settembre un raduno nazionale; duemila fedeli, certi che la fine del mondo è prossima, affolleranno per alcuni giorni le vie di Bordighera. « Speriamo che il mare sia buono — dice Tino fra un cocktail e l'altro, — per il grande battesimo collettivo ». I prediletti Auguriamoglielo, anche per il buon nome dell'ecumenismo di Bordighera, prodiga con tutti, ma in particolare coi pittori. Si direbbe che questa città eserciti un fascino irresistibile sugli esponenti delle arti figurative. Lo scultore Lanza è un caso isolato; gli scrittori, se si fa eccezione per Giovanni Ruffini, non entrano nella storia di Bordighera. I pittori, invece, si possono cogliere a mazzi. « Perché di pittori in Italia ve ne sono centurie — dice Guido Seborga, ormai ancorato in questo eccitante giardino esotico —. Chi non dipinge? Anche se non sanI no tenere in mano carboncino o pennello, tirano giù qualcosa, che poi pretendono anche di vendere ». Seborga viene dalla letteratura, e il suo stile pittorico conserva concrete aderenze alla parola scritta. Le sue ideografie, raffinati segni grafici che ottiene trasfigurando i graffiti rupestri di Monte Bego, gloriosa scoperta dell'inglese Bicknell che esplorò tutte le Alpi Marittime alla ricerca della preistoria ligure, sono una proiezione della sua indole di narratore, crittografie leggibili dagli iniziati, ma afferrabili come sola espressione pittorica anche da chi si ferma al segno rappresentato. La luce di Monet Forse ha ragione Seborga, a Bordighera i pittori sono nutrita schiera perché essi abbondano in tutta Italia, ma non vi è dubbio che qui arrivano i selezionati, attratti da qualcosa che essi intuiscono di poter decifrare. Sul finire del secolo scorso, Claude Monet venne a soggiornare e dipingere a Bordighera, di cui captò gli angoli più suggestivi e li traspose in quadri ora sparsi in tutte le pinacoteche del mondo. Ci venne anche Mose Bianchi, ma per brevi soggiorni, imitato poi dal nipote Pompeo Mariani, il pit- | tore della luce di Bordighera, delle gaie comitive che | animavano quei giorni di « belle epoque », affacciate i alle rocce di Capo Ampelio, I o sedute attorno alla roulette, che allora faceva concorrenza a Montecarlo, e girava per dispensare, o ingoiare, più sterliìie e rubli che lire italiane. Mariani mise casa nella periferia della Bordighera medioevale, un recesso misterioso, sepolto in un giardino incassato fra muri alti e ombreggiato da folti alberi del pepe, svettanti eucaliptus, argentei olivi, oggi conservato come il museo di un gusto e di un tempo irrepetibili. La sera, seduti a Capo Ampelio, la più suggestiva scogliera di tutta la costa, o nella città alta, sulla piazzetta della chiesa che il Caffé Romano affolla di tavoli e sedie, tentiamo di analizzare i perché della preferenza dei pittori per Bordighera. E' per via delle palme, dice qualcuno. Sembra che persino Matisse, per comporre il celebre manifesto per la pubblicità del turismo di Cannes, — una finestra spalancata, una tenda a righe rosse e bianche, due pennellate di mare azzurro e ima palma fogliuta — si sia ricordato delle palme di Bordighera. Quale storia affascinante quella delle palme, con protagonista l'eremita Ampelio, ora santo, che arriva dalle Tebaidi orientali con alcune barbatelle, le pianta a Bordighera da dove si sono poi diffuse in molte coste d'Europa, e genera bellissime favole, troppo lunghe per raccontarle ora. « No, sono i colori di Bordighera ad affascinare i pittori », sostengono altri. Come per evocazione, si accendono nel buio le centinaia, migliaia di niagara scarlatte che crollano da muri, siepi, alberi, con l'esu¬ beranza cardinalizia delle bougainvillee. « Non è nemmeno questo — dice Napoleone Ciliberto, che pure impasta i suoi colori in toni essenziali, ma densi come le tonalità di Bordighera —. E' l'atmosfera che avvolge questa città a ravvivarla come una tavolozza ». Forse Ciliberto, che soggiorna qui ogni estate, è nel giusto. E' il clima che fa crescere le araucarie dell'Oceania, le tropicali jacaranda che si estenuano coi grappoli viola rilucenti come preziose ametiste tra le foglie piumose, l'esplosione gialla delle mimose, a dare colori, atmosfere, profumi particolari a Bordighera, a richiamare coi limpidi cieli settembrini tanti ospiti, soprattutto stranieri. Ci sono molti luoghi in Italia, in Spagna, in Africa settentrionale, dove il caldo estivo dura a lungo, ma ve ne sono pochissimi in cui palme, araucarie e jacaranda scattino con verticale esuberanza dalle siepi cilestrine di plumbago, dal niveo, profumato biancore dei gelsomini, dalla porpora delle bougainvillee. E così sarà finché i molti condomini piccoli e grandi, le seconde case di milanesi e torinesi, non avranno cancellato fin le pagliuzze dell'antica, affascinante Bordighera avvolta dalla vegetazione tropicale. Francesco Rosso