La vecchia Europa segna il passo

La vecchia Europa segna il passo I campionati romani di atletica hanno messo a nudo una realtà La vecchia Europa segna il passo Pochi campioni autorevolmente alla ribalta • Qualcosa di più si è visto in campo femminile: i margini di progresso sono più ampi - L'atletica italiana ha bisogno di smussare certi contrasti (Dal nostro Inviato speciale) Roma, 9 settembre. Gli undicesimi campionati europei di atletica leggera si sono spenti ieri sera al suono di una j orchestrina, sotto le ampie volte I del Palazzo dello Sport all'Eur dove s'è svolta la tradizionale (e tradizionalmente malinconica) festa di chiusura riservata agli atleti ed al loro seguito. Adesso, mentre la maggior parte dei protagonisti torna a casa a meditare sugli errori commessi o sulla necessità di programmare un duro inverno di allenamenti per migliorarsi in vista della prossima scadenza Importante, le Olimpiadi del '76, gli atleti che hanno dato spettacolo affrontano una più o meno folta serie di impegni nella quale raccoglieranno il vantaggio tangibile delle loro fatiche, i premi di partecipazione ai vari meetings. Si comincia dopodomani a Cagliari, dove attorno a Mennea, Sara Simeoni, Fava e Cindolo, ci saranno alcuni tedeschi dell'Est, un gruppetto di francesi guidato da Drut, i polacchi con in testa la fenomenale Szewinska che gli organizzatori vorrebbero impegnata sui 400 metri, i bulgari con la mezzofondista Tomova, più un gruppo di kenioti. Bis domenica a Rieti, patria della benemerita Alco e del suo dinamicissimo tecnico-manager Giovannelll, quindi altri inviti sino al più allettante di tutti, ma riservato ai soli campionissimi. Sara Simeoni, Mennea e Fiasconaro parteciperanno dal 25 al 27 ottobre al grande meeting internazionale con il quale s'inauguererà a Rio de Janerio la prima pista in tartan del Brasile Dopo una stagione in cui l'atletica spettacolo, lanciata dal presidente Nebiolo con l'intenzione di far conoscere sempre di più lo sport per il quale si batte, aveva portato a spasso per l'Italia assi americani, africani, ed il favoloso tandem neozelandese Walker-Dixon, i campionati europei hanno lasciato un po' di amaro in bocca. Se si escludono alcune eccezioni, in campo maschile il nostro continente sembra segnare il passo. Nelle corse, che rimangono l'eccellenza dell'atletica, solo lo jugoslavo Susanj negli 800 metri, il polacco Malinowski sui 3000 siepi, gli inglesi Foster e Thompson (metri 5000 e maratona) potrebbero affrontare il resto del mondo con speranze — non con la sicurezza — di successo. E così dicasi per i salti, per i lanci e per le staffette. Atleti pur forti come il nostro Mennea. come Ommer, Drut dovranno superarsi a Montreal per non venire dominati, ed il sovietico Borzov dovrà ritrovare la sua vena migliore. Nessun primato del mondo maschile, salvo quello dei 5000 metri che è di un altro europeo, il belga Puttemans. è stato in pericolo nelle giornate romane. Un Borzov al 70 per cento della condizione ha vinto nello sprint corto, a Mennea è bastato un 20"6 per cogliere l'oro nei 200. Fin clic ci si batte in famiglia, nella vecchia famiglia europea, tutto va bene, ma l'atletica, sport univer- | sale per eccellenza, va considerata da un'angolazione più ampia. Diversa la situazione in campo femminile. Sia pure nella umida fornace dello Stadio Olimpico, le ragazze (della Germania Est) sono andate meglio, come testimoj niano i tre primati mondiali. L'ai tletica delle donne, fa notare Tino I Bianco, tecnico del Centro Sportivo Fiat, ha ancora margini di i progresso ampi che le derivano I da un passato di « non sfrutta! mento ». Proprio i Paesi dell'Est, che fanno sposso dello sport una ! questione di prestigio nazionale. ' dedicano molte attenzioni al setto- j : re femminile. E' già tanto per noi 1 avere dei talenti quali la Simeo; ni e la giovanissima Dorio (in attesa del ritorno della Pigni. che ci sarà, conoscendone l'orgoglio ' rabbioso), ; Poco convincenti, per ora. anche ; le novità tecniche viste a Roma ; Valéry Borzov ha abbandonato in I semifinale ed in finale lo stile di ! partenza con tre soli « appoggi ovvero con la mano sinistra sollevata da terra, adottato in batte- I ria: segno evidente che tale si- i sterna è ancora da perfezionare | Nel getto del peso il sovietico | Barishnikov non ha sfondato con la sua spinta rotante, al francese Tracanelli non è bastata l'asta «al banana ». uvvero già in parte cur ' vnta (e da lui usata senza che sia ; ancora omologata ufficialmente) per farsi valere. Qualcosa di nuovo si è visto nello stile di alcuni marciatori, mentre è sempre aperta la battaglia per quanto ri guarda il salto in alto fra i soste- nitori del Fosbury, ovvero del sai to del gambero, e quelli del più ortodosso passaggio ventrale. Più della tecnica, sarebbe interessante conoscere a fondo I sistemi di preparazione degli atleti più forti, ed i mezzi psicochimici con I quali si riesce ad incrementarne la potenza, senza necessariamente sconfinare nel doping, del resto ben controllato nelle gare romane. Più avanti in tutto, visti i risultati, sono senza dubbio i finlandesi, i quali hanno però dalla loro il miglior « eccitante » che esista al mondo, ovvero uno spirito combattivo a dir poco eccezionale. Per tutti, ricordiamo il finale di Kukkoaho (naturalmente sfuggito all'approssimativa ripresa televisiva, una delle pecche dei campionati) che ha letteralmente cacciato indietro al limite della squalifica il concorrente francese, pur di prendere la testa sulla penultima curva della 4x 400. Per l'atletica azzurra il bilancio generale è soddisfacente, considerando che si sono fermati nel¬ la fase di preparazione atleti del peso di Arese, di Dionisi, di Del Buono, e che Fiasconaro e Paola Pigni erano ancora sofferenti. I giovani, dalla Dorio a Bergamo ed a Ferrari, lasciano qualche speranza. Di certo la strada è difficile, dura: è indispensabile che la Federazione trovi il modo di smussare i contrasti con alcuni tecnici che arrivano ora ad assumere posizioni « frondiste » che non giovano a nessuno, e tanto meno allo sport che tutti (federali ed « avversari ») amano senza dubbio. Il problema è più serio di quanto sembri: l'atletica è uno sport sempre più individuale man mano che si sale la scala dei risultati ed ogni campione ha un trainer che ovviamente vuole e deve stargli vicino il più possibile nei momenti importanti. Nascono scontri e conflitti di competenze, aggravati dall'assenza di un « coordinatore » che sappia reggere le fila con mano forte, dopo che il prof. Cacchi, designato per il compito, è via via « scivolato » fuori dal personaggio. L'atletica non è il foot-ball, non serve un Bernardini ma un Mandelli oppure un Allodi sembrano davvero indispensabili. Bruno Perucca