Leggende armene in danza per i "rivali,, del Bolscioj
Leggende armene in danza per i "rivali,, del Bolscioj Balletti sovietici al Regio per l'Autunno torinese Leggende armene in danza per i "rivali,, del Bolscioj o Spiace non citare coi co gnomi le Irine, le Caline e e ! le Tatiane che hanno danzaò ù ù ù i i a a l i o a i z i o e , to l'altra sera al Teatro Regio, nel quadro delle manifestazioni dell'Autunno torinese, con la compagnia di ballo del «Teatro musicale Stanislavskij e NemirovicDancenko» di Mosca, ma il programma non li portava; anzi, per essere precisi, il programma non c'era affatto. Spiace perché sono piuttosto brave, anche se i loro altrettanto a noi ignoti compagni sono, come non di rado accade nei balletti sovietici, ancora più bravi. Questo corpo di ballo, che rivaleggia con quello del Bolscioj ma se ne distacca per i principi sui quali è impostato, cosi come oggi è costituito non ha più di venticinque anni di vita, ma le sue origini risalgono al 1930 quando una ballerina, Viktorina Kriegler, proprio del Bolscioj, fondò un «Balletto d'arte» che avrebbe dovuto tradurre nel campo della danza le teorie naturalistiche del «Teatro d'arte» (ecco perché il balletto si intitola ai fondatori del famoso teatro di Cechov e di Gorkij), vale a dire affinare le qualità espres¬ sive e drammatiche dei ballerini e trasformare i balletti tradizionali in una sorta di commedie danzate nelle quali i movimenti avessero la stessa efficacia comunicativa delle parole. Col tempo, l'applicazione di questi principi è divenuta meno rigorosa, ma dà tuttora l'impronta alla compagnia ed è chiaramente visibile nelle creazioni di data meno recente come Straussiana (1941) che ha aperto lo spettacolo. E' un balletto che s'avvicina abbastanza a quell'ideale stanislavskiano di commedia danzata al quale si accennava: il coreografo Vladimir Burmejster, che dall'immediato dopoguerra è stato direttore e maitre de ballet della compagnia, ha curato molto il racconto intessuto, su alcuni ceiebri valzer di Strauss, con le vicende comiche e sentimentali di una serata danzante al Prater, ha cercato di renderlo plausibile e ha dato particolare evidenza alle parti di carattere umoristico. Le esigenze del racconto sono invece trascurate nello spettacolare Gajaneh che ha occupato la seconda parte della serata, ma va anche detto che non si trattava dell'intero balletto di Kachaturian ma di una selezione dei suoi cinque quadri, in particolare dell'ultimo (e non mancava, si capisce, la conosciutissima « Danza delle spade»). Non so neppure se la compagnia abbia in repertorio un Gajaneh integrale, in ogni caso la sintesi offerta l'altra sera con la coreografia di Oleg Cicinadze e con i vivaci costumi e la bella scena a pannelli di Stenberg, è più che sufficiente per dare un'idea del balletto e soprattutto per mettere in risalto il vigore e il virtuosismo dei ballerini e la grazia delle ballerine. Questa seconda parte è piaciuta molto al pubblico, che già aveva accolto con calore Straussiana e che alla fine ha tributato agli artisti sovietici meritate acclamazioni con una concordia che, la sera prima, non aveva manifestato per la compagnia folcloristica della Corea del Nord quando, scandalizzati (o atterriti?) dal canto di «Bandiera rossa» offerto come ingenuo omaggio, gruppi di spettatori avevano lasciato protestando la sala. a. bl.
Persone citate: Gorkij, Oleg Cicinadze, Stenberg, Strauss, Vladimir Burmejster
Luoghi citati: Corea Del Nord, Mosca
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