Strehler ma con lo sconto di Stefano Reggiani

Strehler ma con lo sconto A SALISBURGO PARLANO DEL FESTIVAL Strehler ma con lo sconto (Dal nostro inviato speciale) Salisburgo, settembre. A Salisburgo tutti rivogliono Strehler, ma sperano che la prossima volta gli faccia lo sconto. A questa delicata conclusione, a metà fra l'arte e la nota della spesa, non si giunge senza fatica, in una città sguarnita di politici e organizzatori (fuggiti, la gran parte, dopo il Festival), ricca di personaggi imbarazzati e sovrabbondante di suggestioni. La sera dal Mònchsberg e dal Kapuzinenberg scende un'aria di nuvole imperiali, il municipio vecchio si riposa nell'ombra, il night club « Casanova » accende una bocca rossa sulla Linzergasse. Il fascino artistico si colora nella patria di Mozart e di Karajan di una nota provinciale e sospettosa che deve essere intesa come la fragile eredità del grande melodramma giocoso. Raccontiamo i fatti, remoti e vicini, come se si trattasse appunto di un libretto, nel quale sono via via coinvolti registi e scenografi, presidente del Consiglio e ministri, marionette e assessori, sindaci e popolo. La scena di apertura è nella sala grande del Palazzo del Festival, gli ultimi giorni di luglio. Si rappresenta il Flauto magico di Mozart, diretto da Karajan, con la regìa di Giorgio Strehler e le scene di Luciano Damiani. Pubblico di gente bene e di politici venuti da Vienna, con un gruppo di tradizionalisti arroccato in 'urna alla sala, strenui difensori della forma mozartiana. Il primo choc è dovuto a Damiani, il quale mette in scena un leone lungo quattro metri (« Colpa del palco troppo grande », dicono adesso; ma lo scandalo zoologico fa rumore). Poi ci si mette Ka- rajan, il quale (come scrive- rà Newsweek) « dirige quasi annoiato », infine si scopre con una liberazione dal disagio che la ragione di tutto è Strehler. « Ha scambiato il Flauto per la commedia dell'arte », dice il critico Heinz Taneck, e Karl Lobi del Kurier crede di ravvisare un'ingenua ricerca degli effetti. La platea tace con esplicita freddezza, il gruppo di tradizionalisti si sente autorizzato a intervenire con versi frequenti e sgradevoli che suonano «boo, boo, boo...». Strehler, di umore nerissimo, non è confortato dal pensiero che la sua altra regìa (Il giuoco dei potenti) è stata un trionfo. I cronisti parlano di rottura col Festival, la notizia viene ripresa in Italia. Il meglio al mondo Scena seconda, col Cancelliere, ministri, cittadini di Salisburgo, attori, cantanti. Al cancelliere Kreisky viene attribuita una fine osservazione: il Festival deve dare per ogni spettacolo il meglio al mondo, se vuole conservare il suo carattere e le sue giustificazioni. La frase è interpretata come una critica a Strehler, e allo stesso modo si accoglie un intervento del ministro degli Interni, Sinowatz. Ma il ministro delle Finanze Androsch dice che II giuoco dei potenti diretto da Strehler (un montaggio di opere shakespeariane sul potere) deve restare nel repertorio stabile del Festival. Centocinquanta attori e cantanti del Festival inviano una lettera al presidente della manifestazione, Kaut, per chiedergli che lo spettacolo venga riproposto l'anno prossimo. L'i¬ | dea che Strehler. irritato, se ne vada, turba le persone di 1 buon senso. Strehler si ritira in esilio a Portofino, dopo aver dichiarato di rinunciare ai suoi restanti guadagni di consulente, e anzi aggiungendo: « Dateli a un ente di assistenza per lavoratori ». Scena terza, ovvero il peso del denaro. Conclusi i due mesi di manifestazioni musicali e teatrali (104 recite, con 133 mila biglietti venduti), la polemica si aggiusta, si scoprono i motivi di critica verso Strehler: ha speso troppo. L'allestimento del Flauto è costato quasi duecento milioni. Adesso si dice: colpa della fretta, delle prove in ritardo, degli straordinari imposti ai tecnici e agli artisti. Ma cosa sono duecento milioni contro i trecento spesi per mettere in scena La donna senz'ombra di Strauss? La verità è che anche Salisburgo ha deciso di risparmiare, coinvolta nella crisi degli enti lirici, che non è prerogativa dell'Italia. Il bilancio del Festival (circa tre miliardi) viene coperto dai contributi dello Stato, della Regione, del Comune e dell'Ente del Turismo: il 75 per cento va nelle spese per il personale, il resto per gli allestimenti e i concerti. Il dott. Hans Widrich tiene le pubbliche relazioni del Festival, ha le cifre sulla punta delle dita, ma un doveroso riserbo gli vieta di dire quanto è stato pagato Strehler e quanto Damiani. Ammette che il regista italiano percepisce una somma globale, comprensiva di tutte le sue prestazioni: l'anno prossimo gli chiederanno i conti separati. Ma allora, c'è un contratto che lega Strehler a Salisburgo? No, il contratto si rinnova anno per anno: tuttavia, Widrich non ha dubbi sull'esito finale della polemica. « Il Festival ha bisogno di Strehler, ed il regista ha in¬ teresse a lavorare da noi ». Il 27 di questo mese si riu- nirà il Curatorium per stabi- lire il programma del prossi- mo anno e fissare le colla- borazioni. Ci sarà anche Ka- rajan, naturalmente: il nome di Strehler è già sul taccuino dei lavori, dovrà mettere in scena II ratto del serraglio, aggiornando l'edizione di al-cuni anni fa. Le altre opere in cartellone saranno proba- bilmente il Don Carlos, La donna senz'ombra. Figaro eCosì fan tutte. Il Flauto sarà rinviato al '77, ma II giuoco dei potenti sarà quasi sicuramente ripreso nella stagione teatrale che affianca quella musicale. « Bisogna rispar- miare. ma senza rinunciare a Strehler e a qualunque altro regista di valore »: è il motto che concilia le opinioni dei salisburghesi con quelle del cancelliere Kreisky. Questa singolare « Opera dei soldi » vuole un finale di musiche rassicuranti, una palinodia in lode dell'arte registica. Concediamo che i professori del Mozarteum non vogliano intromettersi nelle faccende del Festival, e che al suono del Flauto magico piombino in un silenzio indecifrabile; ci basta l'assenso delle autorità comunali. L'assessore alla Cultura, dott. Strasser, dice che « Strehler è meraviglioso », ed altrettanto fa sapere il sindaco della città. Museo mozartiano II Museo mozartiano dalle parole è passato ai fatti: si è già impadronito dei bozzetti di Damiani e li espone alla curiosità dei turisti. Si possono così fare agevolmente i confronti con passati allestimenti, chiusi nella solennità museografica: il Flauto intenso di Kokoshka del 1955. , quello berlinese del 1927, tra liberty e moresco, o quello ! faraonico del 1918, di Simon \ Quaglio, o quello filiforme ] del 1965 di Leni Bauer-Ecsy. j Si scopre, come è giusto, che ! ogni epoca ha il suo Flauto j e il suo modo di illustrarlo, ! n critico Max Kaindl-Ho ì nig, studioso di Mozart, dice 1 che l'apparente insuccesso è dovuto solo a carenze di pre ; parazione. « Strehler ha avu j to ragione, ha scelto la fedelltà al libretto originale, che nessuno conosce; questo è il lato paradossale della vicenda ». Hònig aggiunge che « non è concepibile un Festival senza Strehler, la sua presenza è un fatto culturale so- . prattutto per i giovani ». ! Tuttavia: se tutti adesso ! dicono che Strehler è magni- fico e soltanto deprecano la dilapidazione del denaro pubblico, dove sono andati i tradizionalisti, gli spettatori che hanno disapprovato, i salisburghesi che difendono l'onore operistico? Ci sono, e non si nascondono: per le vie e per le piazze, davanti alle vetrine della Getreidegasse e nei giardini del Mirabell, in compagnia delle bionde di qui (cosi insolenti e montagnose nei costumi regionali). Sono i cittadini medi, le maggioranze reticenti. Alle otto di sera, nel teatrino delle marionette sulla Schwarzstrasse, va in scena II flauto magico. I fili non muovono solo braccia e gambe di legno, ma il presunto carisma della tradizione, la forza di una abitu j dinaria legge mozartiana. Si muovono i personaggi del Flauto con la scorrevolezza dei più cari robot: la musica è registrata, le scene corrive. Qui, probabilmente, la tradizione e il risparmio celebrano il loro trionfo meno appariscente e più vero. Stefano Reggiani