Otto uccisi in quattro mesi nel carcere di Alessandria di Franco Marchiaro

Otto uccisi in quattro mesi nel carcere di Alessandria Il drammatico primato del reclusorio medioevale Otto uccisi in quattro mesi nel carcere di Alessandria L'ambiente reso difficile dallo stabile vetusto, dalla mancanza di assistenza medica, da strutture inadeguate - "E' una polveriera nel centro della città" dice il procuratore della Repubblica - Le proposte fatte dal sindaco, e che cosa Roma ha risposto (Dal nostro corrispondente) Alessandria, 6 settembre. « La casa penale dì Alessandria è una prigione sfortunata — ha detto mercoledì mattina il sostituto procuratore dottor Parola, pochi minuti dopo che in ospedale era morto il detenuto torinese Bruno Soci, colpito da colpi d: mitra sparati dagli agenti mentre tentava l'evasione —. Qualsiasi cosa vi succeda diventa una tragedia. Se uno si tagliasse una guancia con il rasoio mentre si fa la barba probabilmente morirebbe dissanguato ». Il magistrato intendeva sintetizzare il disagio da tutti av- ■ vertito per quanto sta acca dendo da qualche tempo nel | reclusorio di piazza don So ria. Otto morti in appena quattro mesi sono effettivamente troppi. La possibilità, comunque, per un detenuto di morire dissanguato non è del tutto da scartare, considerato che il carcere rischia di rimanere senza un medico. Il dott. Roberto Gandolfi, dopo una ventina d'anni di servizio, venne ucciso l'8 maggio scorso, all'inizio della tragica rivolta di Concu, Di Bona e Levrero. Si prestò spontaneamente a sostituirlo il dottor Franco Bausone, ma dopo tre mesi fu costretto a dimettersi. «E' stata l'indifferenza, oserei dire l'ignavia de'la direzione generale nei confronti mìei e del mio lavoro, svolto in un ambiente difficile, in mezzo a pericoli quotidiani, a farmi rinunciare — spiega il dottor Bausone —. Lo mia attività era, tra l'altro, compensata in modo che non esito a definire umiliante; ma se si fosse solo trattato di una Questione finanziaria sarp.' rimasto. E' stato il veder- mi completamente abbandonato che mi ha indotto ad andarmene ». Si era offerto l'indomani della strage di prendere il posto del dottor Gandolfi: per tutta ricompensa è stato costretto a svolgere la sua attività in maniera rischiosa, senza neppure poter disporre di una infermeria (quella dove s: è conclusa con una strage la rivolta di maggio non è stata ripristinata), costretto a visitare i detenuti in una angusta cella dove aveva a stento spazio per muovere le braccia. Non si trovò nessuno disposto a sostituirlo, neppure un medico militare. Allora si prestò, per pochi giorni, un anziano dentista, il dottor Antonio Piccione, di 75 anni, che ieri sera ha rassegnato a sua volta le dimissioni. «Accettai — ci dice il dottor Piccione — per amicizia verso il comandante degli agenti di custodia e per spirito umanitario. Ma operare a lungo in un ambiente simile stronca il sistema nervoso di qualsiasi medico. Basti pensare che si deve visitare in una cella da Medioevo, un qualcosa da mettersi le mani nei capelli ». Secondo il dottor Piccione, i; medico è il capro espiatorio del carcere. «Vi è il detenuto che chiede dì essere trasferito — racconta il sanitario — perché, russando, disturba il compagno di cella. Un altro a cui prescrivi un ricostituente respinge i medicinali, sostenendo che per lui l'unico rimedio è dormire a lungo la mattina. No, in un tale ambiente non si può far nulla. Il ministero deve rendersi conto che il problema carcerario sì risolve soltanto istituendo dei campi di lavoro. Bisogna impegnare i detenuti, farli lavorare nei campi, a costruire strade, a piantare alberi e cosi via». Medici provvisori Al dottor Piccione è subentrato stamane un medico ancora giovane, giunto dal Centro clinico di Firenze, il dottor Alberto Sartianesi. Anche lui è provvisorio: rimarrà una quindicina di giorni. E poi? Difficile dire come il problema verrà risolto. D'altra parte, i problemi da affrontare sono molti, troppi. Il direttore del carcere, dottor Sarlo, fa presenti le difficoltà. «L'edificio è troppo vecchio: metà risale al Medioevo, era un convento; l'altra metà è stata costruita su progetto dell'architetto francese che ha fatto la tomba di Napoleone. Venite inaugurato nel 1846, dodici anni dopo era già considerato inagibile. Le strutture non sono l'unico difetto. Cento guardie carcerarie non bastano » continua il direttore. Nessuno ha sostituito l'assistente sociale uccisa nella tragedia di maggio. Il medico non si trova. Gli agenti di custodia si lamentano, affermano di essere pure adesso esposti al pericolo. «Qui le cose vanno peggio di prima — dicono, riferendosi alla rivolta di quattro mesi fa —: sembrava dovesse cambiare tutto, invece non si è fatto nulla». I detenuti protestano per le «strutture inadeguate»: servizi igienici non degni di tale nome, muri che trasudano umidità, tetto cadente, un impianto di riscaldamento che manda nelle camerate più smog che calore, e tante altre cose ancora. Da questa situazione nasce lo stato continuo di tensione che fa temere ogni giorno nuove azioni di protesta, anche violenta. Lo stesso ispettore degli istituti di pena, dottor De Mari, afferma che il carcere di Alessandria è «tra i più infelici». Sono in progetto lavori di ristrutturazione per circa un miliardo e mezzo. «Abbiamo invitato il ministero — dice il sindaco di Alessandria, Borgoglio — ad evitare la spesa per quei lavori ed a costruire invece una nuova casa penale fuori dal centro cittadino. Abbiamo messo a disposizione un'area a San Michele e saremmo anche pronti a dare un contributo finanziario. Da Roma ci hanno fatto sapere che sono disponibili ad una sola condizione: loro ci assegnano l'area sulla quale far sorgere il reclusorio e noi provvediamo interamente a nostre spese alla costruzione della nuova sede. E' una proposta vergognosa. D'altra parte, è ormai un nonsenso l'esistenza al centro della città del reclusorio, che rappresenta anche un pericolo per la cittadinanza». "Lettera morta" L'ispettore De Mari ricorda che la spesa per un nuovo reclusorio sarebbe di almeno sei miliardi. Inoltre, ci vorranno almeno dieci anni, perché occorrerà votare una legge speciale e decidere lo stanziamento. In un anno e mezzo, invece, dovrebbe essere possibile mandare avanti i lavori — per 1200-1300 milioni — per ristrutturare l'attuale edificio. Ma la casa penale rimarrebbe sempre a pochi passi dall'ospedale, circondata da una decina di edifici di abitazione la cui situazione sarebbe difficile in caso di rivolta. Un vero pericolo per la sicurezza della zona. «E' una polveriera nel cuore della città » commenta il sostituto procuratore dottor Parola, che già in passato ha fatto presente la situazione agli organi competenti. Ovviamente, tutto è rimasto lettera morta, e così mercoledì mattina, quando gli agenti hanno sparato con il mitra contro Bruno Soci, che stava saltando il muro di cinta, in via 1821, hanno rischiato di colpire anche i passanti. Sulla tragica evasione del venticinquenne Bruno Soci, del quale si sono svolti quest'oggi i funerali (il feretro è stato poi traslato a Torino), prosegue intanto l'inchiesta, condotta dal sostituto procuratore dottor Parola. Il magistrato ha già effettuato un primo sopralluogo e interrogato alcuni testimoni. Stamane ha ricevuto gli avvocati Mazzola e Merlone, di Torino, incaricati dalla famiglia Soci (la sorella dell'evaso, Marisa, di 30 anni, è, fra l'altro, accusata di procurata evasione: attendeva in auto dietro il muro di cinta il congiunto per aiutarlo nella fuga). Franco Marchiaro

Luoghi citati: Alessandria, Firenze, Roma, Torino