Ne parlano trecento rettori a Bologna di Francesco Santini

Ne parlano trecento rettori a Bologna Ne parlano trecento rettori a Bologna Si potrà dare più lavoro ai neolanreati europei? La necessità d'ampliare i confini dei "mercati dell'impiego" s'affianca al delicato dibattito sul "numero chiuso" - La difficoltà d'unificare i programmi e le resistenze politiche dei governi (Dal nostro inviato speciale) Bologna, 3 settembre. Il futuro dei giovani laureati europei è in discussione a Bologna, dove la ricerca di una prospettiva comune sui temi pressanti dell'istruzione impegna trecento rettori di ventisei Paesi. E' in corso nei saloni di Palazzo di Re Enzo il delicato dibattito sul « numero chiuso »; ma già sullo sfondo appare la necessità di ampliare per gli studenti di oggi i pesanti confini dei mercati del lavoro. I due problemi sono connessi e la conferenza dei rettori che dal primo incontro di Cambridge, vent'anni fa, si batte per il riconoscimento reciproco dei titoli di studio tra gli atenei aderenti alla Ce, elabora, nell'assemblea di Bologna, un piano operativo comune. Gli ostacoli sono duplici: dalla difficoltà scientifica di unificare i programmi, al più arduo scoglio d'abbattere le resistenze politiche dei singoli governi. Il discorso, ha sottolineato poi l'esigenza di una programmazione che partendo dalla priorità di una ricerca autonoma e non strumentale conosca con un ragionevole anticipo le richieste del mercato del lavoro. « Dopo quindici anni di discussione, ha detto stamane il prof. Sloman, presidente della Cre, l'Europa dei Nove sta per conquistare per le facoltà di medicina la possibilità dell'equiparazione dei titoli: è il primo passo di una lunga strada ancora da percorrere ». E il prof. Francois Luchaire, rettore dell'Università di Parigi « Panthéon Sorbonne », ha aggiunto: « Mentre per il Regno Unito la liberalizzazione sembra a portata di mano, un'ostilità maggiore si avverte in Francia, in Germania, in Italia ». Il primo gruppo di lavoro che vede impegnati nelle sale di Palazzo Pepoli, con il prof. Luchaire, il rettore dell'Università gregoriana, Carrier, quello della « Ludwig-Maximilian » di Monaco, Lobkowicz, il rettore dell'Università di Varsavia, Rybicky, e quello di Berna, Ruegg, ha cercato oggi d'individuare il ruolo dell'Università nella prospettiva di una società in mutamento. Per padre Carrier, nella società post-industriale è la scienza la spinta fondamentale e il « fattore decisivo » del progresso socio-economico. La scienza va usata quindi sia come « mezzo per trasformare la natura, sia come fattore di orientamento del cambiamento sociale ». Accanto a questo, per padre Carrier, il sapere come l'Università tendono a divenire (t beni comuni » e ad apportare, su scala mondiale, una maggiore coesione politica, sociale ed economica. La scienza, però, a suo giudizio, non si limita a questo e rimane una delle aspirazioni fondamentali dell'uomo moderno, nella sua concezione di libertà e di dignità. In questo ruolo, l'Università non è chiamata soltanto alla preparazione dell'individuo, ma assume una dimensione diversa nell'esigenza di preparare lo studente all'« autoeducazione permanente ». Anche per il rettore della Università di Bruxelles, Jaumotte, l'insegnamento universitario va indirizzato non soltanto verso il giovane ma, nella stessa misura, verso l'adulto: al primo deve dare la capacità di apprendere, al secondo la possibilità di aggiornarsi nella ricerca. E' il tema Ab\V«educazione permanente», sviluppato dal rettore della Università di Berna, Ruegg, che nel superare il dibattito sul « numero chiuso », ha sostenuto che l'educazione « ricorrente », nonostante il suo carattere per ora utopico, va vista come un sistema completo di educazione nella società futura. A ricondurre il discorso in favore del « numero chiuso », è stato il prof. Zygmunt, rettore dell'Università di Varsa¬ via. « Mentre cresce la pressione dei giovani sulle scuole superiori, ha detto, si fa sempre più pesante il costo della istruzione. Tre studenti universitari costano, ad esempio, in un anno, come due operai specializzati. Finanziare l'insegnamento superiore è una delle principali fonti di investimento del futuro ». Ma ha aggiunto che fra qualche tempo, in numerosi Paesi, sarà indispensabile scegliere gli studenti da ammettere alle scuole superiori. Ha ricordato che nei Paesi socialisti questa scelta viene fatta in modo da assicurare l'accesso all'Università ai giovani più dotati. Gli è stato chiesto se questa selezione e queste scelte non contrastino però col carattere democratico degli istituti superiori. «A nostro parere, ha risposto, il problema non sta nel garantire agli aspiranti all'iscrizione universitaria di gareggiare in condizioni di parità alla fine dela gara, ma di essere in condizioni di parità quando vi si preparano ». Ha poi illustrato i sistemi di selezione adottati in Polonia, in Ungheria e in Cecoslovacchia, dove è in uso un particolare metodo di punteggio per giudicare coloro che debbono accedere all'Università. Un certo numero di punti, detti fondamentali, vengono accordati considerando i risultati ottenuti nell'esame di accesso. Altri punti, detti supplementari, vengono concessi ai giovani di origine operaia e contadina. Commentando il sistema adottato in questi Paesi, il presidente Sloman ha detto: « Noi ci opponiamo al numero chiuso; certo, tutti i Paesi sono diversi e a me sembra estremamente improbabile poter elaborare un sistema valido di selezione nelle diverse realtà socioeconomiche, dove per di più è assente una programmazione centralizzata. C'è poi da tener presente, ha aggiunto, la necessità di una ricerca libera, autonoma e mai strumentale ». Francesco Santini

Persone citate: Carrier, Francois Luchaire, Re Enzo, Ruegg