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Il Canale apre a marzo di Alfredo Venturi

Il Canale apre a marzo Proseguono i lavori di sminamento a Suez Il Canale apre a marzo Il Cairo, 3 settembre. Il Canale di Suez potrà essere riaperto alla navigazione nel marzo del 1975: lo ha annunciato ieri sera a Suez il presidente dell'ente per il Canale di Suez, Mashur Ahmad Mashur. I lavori di sminamento finiranno il prossimo novembre, con un mese d'anticipo sul previsto. Occorrerà attendere poi quattro mesi per rimettere in ordine le attrezzature della via d'acqua e dall'inizio del prossimo marzo la navigazione potrà riprendere. (Ansa) Con la velocità rigorosamente limitata a otto nodi, la traversata del Canale di Suez richiedeva, più o meno, una mezza giornata. Qualcosa di più per le navi dirette a Sud, che per antica consuetudine dovevano cedere il passo a quelle provenienti dal Mar Rosso. Questione di ore, tuttavia, nonostante le soste dei convogli in navigazione da Port Said a Suez. Eppure ci sono alcune navi che, per coprire i centosessanta chilometri del canale scavato nel deserto fra Africa ed Asia, avranno impiegato otto anni: altro che otto nodi, qui siamo ai venti chilometri all'anno. Sono una quindicina di navi che rimasero intrappolate nel eanale allo scoppio della terza guerra arabo-israeliana, nel giugno del 1967. Si trovavano nei pressi dei Laghi Amari, quando la placida via d'acqua si trasformò in un inferno di scoppi; poi. alcuni battelli fatti espressameli te affondare ostruirono il vecchio canale. E da allora le quindici navi sono rimaste a far garrire al khams'.n, il vento caldo del deserto, il loro caleidoscopio di bandiere: inglese, francese, americana, tedesca, polacca, svedese, bulgara e cecoslovacca. Le sorti della guerra avevano trasformato il canale in trincea, «il miglior fossato anticarro del mondo», secondo le parole di un ufficiale israeliano: le due sponde, asiatica ed africana, reciprocamente ostili. Da allora, il silenzio dell'istmo è stato rotto soltanto dalle periodiche violazioni della tregua: brevi sparatorie, rabbiose incursioni aeree. Le navi prigioniere, quando il fronte taceva, mettevano i motori sotto pressione, salpavano le ancore, facevano malinconiche navigazioni di pochi metri fra un relitto e l'altro: proprio come un detenuto che si sgranchisce le gambe misurando la propria cella. La lunga prigionia volge ora alla fine: l'Egitto, orgoglioso di aver rioccupato l'«altra sponda», è rientrato nel pieno possesso del suo canale (è «suo» dal luglio del 1956, quando la vecchia Compagnia internazionale di Suez fu espropriata da Nasser, diventando il capitolo più grosso del patrimonio nazionale), e ha deciso di riaprirlo al traffico navale. L'avvenimento è previsto per la primavera prossima, quando si saranno conclusi i complessi lavori, favoriti dalla tecnica e dalla finanza internazionale, per sgombrare il canale dalle mine, dai relitti, dall'interramento, per riattivare gli impianti di assistenza alla navigazione, per ripopolare le rive con gli addetti alle rinnovate strutture di supporto. Già una nave, un piccolo dragamine americano, ha potuto percorrere la via d'acqua da un capo all'altro, aprendo la strada alle navi prigioniere e a quelle che, l'anno prossimo, affolleranno di nuovo il canale, come ai bei tempi. Per avere un'idea di che cosa significhi Suez per la navigazione, in queste, crocicchio di tre continenti, basta scorrere i dati del 1966. E' l'ultimo anno di piena attività del canale. Ir quei dodici mesi, attraversarono lentamente il deserto, da Pori Said a Suez o nel senso opposto, 21 mila 250 navi, trasportando un carico complessivo di 242 milioni di tonnellate di merci varie. Fra queste merci, era compreso il quaranta per cento del petrolio che quell'anno fu importato dai Paesi europei. E' una media, quella del '66. di cinquanta-sessanta navi al giorno, della stazza media di tredicimila tonnellate. Passarono anche, quell'anno, trecenlomihi passeggeri; l'Egitto incassò diritti di transito per trecento miliardi di lire. Le vicende del Canale di Suez hanno sempre avuto un impatto decisivo sulle tecniche dei grandi trasporti internazionali. Quando venne aperto alla navigazione, nel 1869, favorì l'affermazione della nave a vapore: il drastico «taglio» della rotta circumafricana aveva infatti reso conveniente la navigazione a combustibile, difficilmente ammortizzabile, allora, sulle distanze lunghissime. Quando venne chiuso, nel 1967, diede il via all'era delle petroliere giganti. Era ancora una volta un problema di costi e di ammortamenti: perché la circumnavigazione dell'Africa avesse una sua convenienza, era necessario che il suo costo gravasse il meno possibile sull'unità di merce trasportala. Di qui la ricerca delle dimensioni enormi, una gara fra i grandi cantieri navali al servizio del petrolio. Oggi. l'Egitto sa bene che le immense petroliere dell'ultima generazione non possono essere, almeno nel medio periodo, potenziali clienti del suo canale. Per questo ha deciso di affiancare alla tradizionale via d'acqua un grande oleodotto: le su¬ perpetroliere dirette all'Europa potranno ugualmente abbandonare la rotta del Capo, risalire il Mar Rosso, scaricare a Suez; e centosessanta chilometri più a Nord, a Pori Said. altre cisterne potranno imbarcare il petrolio per l'ultimo, breve tragitto. Una nuova evoluzione si annuncia per i trasporti marittimi, e per tutti noi che viviamo sul Mediterraneo dovrebbe essere, una volta tanto, un'evoluzione positiva. Alfredo Venturi ^MARE MEDITERRANEO- Ftyid fr~-\Qrjn Lago Amaro Kabritii i LagoAm.,w "SÙEZi Porto Tewfik* . Adabiya£3^Moussa ÉMAR CROSSO

Persone citate: Mashur Ahmad Mashur, Moussa Émar, Nasser, Said