Sossi è ritornato ai lavoro e rifiuta i processi politici di Vincenzo Tessandori

Sossi è ritornato ai lavoro e rifiuta i processi politici Primo giorno dopo il rapimento e le ferie Sossi è ritornato ai lavoro e rifiuta i processi politici Ha rimesso al procuratore capo alcune istruttorie - Dice : "Se le avessi condotte io, avrebbero potuto provocare polemiche" - Ha precisato che non si tratta di quelle sugli imboscamenti di generi alimentari (olio, zucchero), già passate ad altro magistrato (Dal nostro inviato speciale) . Genova, 2 settembre, j «Ho rimesso al procuratore j capo gli atti di alcuni proces- ! si che iti passato erano stati i eccessivamente personalizza-l ci. Né ho intensione di pren- \ dere iniziative o fare richieste \ particolari», dice il sostituto | procuratore Mario Sossi. In I mattinata è tornato al suo uf ficio, oggi era il primo giorno dopo la lunga parentesi do vuta al rapimento e alle va canze. I fascicoli di cui si è libera io — precisa — riguardano le ultime istruttorie «politiche» che gli erano rimaste in ma no. «L'ho fatto perché, se le avessi condotte io, quelle inchieste avrebbero potuto provocare polemiche», spiega, e subito dopo, preoccupato da certe voci, aggiunge: «Fra queste non sono comprese le istruttorie sull'olio, sullo zucchero e sul burro». Stava indagando su quelle quando cadde nelle mani delle «Brigate rosse», la sera del 18 aprile, e divenne così il protagonista involontario del più clamoroso rapimento politico registrato in Italia. In un primo tempo, alla procura si era anche temuto che la vera ragione del sequestro fossero proprio quelle indagini e il procuratore capo aveva così deciso di farle continuare affidandole a un altro sostituto, il dottor Giovanni Virdis. Ora le inchieste proseguono sotto la direzione di Virdis, il quale, si sottolinea alla procura, ha mantenuto l'indirizzo dato dal suo predecessore. La lunga assenza di Sossi è, dunque, finita stamane quando, puntuale, alle 9 ha varcato la soglia del suo ufficio, contrassegnato con il numero 4, al pianterreno di Palazzo Ducale. «Ufficialmente» non vi tornava da quella sera di aprile; solo due giorni dopo la liberazione, vi aveva fatto una rapida visita, ma unicamente per sistemare alcuni documenti. Sossi non vuole rilasciare dichiarazioni e se oggi ha parlato con noi lo ha fatto solo «per alcune doverose precisazioni». Ha detto: «Non sono emozionato». Poi si è chiuso in una stanza «colma di fascicoli da controllare». Sono processi penali, lavoro ordinario che il rapimento, prima, congedo e vacanza, poi, hanno rallentato. Per controllare tutto, impiegherà forse l'intera settimana. Un lavoro di routine, che il magistrato assicura di accettare di buon grado, ma che in passato spesso veniva affidato ad altri. Sossi è uscito a mezzogiorno e mezzo, ha rispettato al minuto l'orario, sembra all'improvviso diventato un burocrate. «Non pare più lui», hanno commentato alcuni colleghi. E in effetti il magistrato combattivo di tanti processi incandescenti sembra un lontano ricordo. Ma quando parla si ha la sensazione che l'uomo stia compiendo una grossa fatica per controllarsi. Dal momento della sua liberazione, soprattutto da quando scoppiò la polemica con il procuratore generale Francesco Coco, le voci erano state numerose: «Lascia la magistratura», «E' stato trasferito», erano le più insistenti. Sossi nega, invece, di avere mai pensato di cambiare lavoro. «Sono a disposizione dell'ufficio — precisa — e accetto sema discussioni ciò che mi viene dato». Anche la polemica con il procuratore generale, dopo tanti mesi, pare affievolita. «Una polemica diretta non c'è 'mai stata, non ho visto il dottor Coco nei giorni successivi alla mia liberazione, né l'ho visto di recente. Non sono stato convocato e non gli ho scritto lettere». Quanto all'ipotesi del trasferimento, essa non sembra essere del tutto priva di fondamento: nei prossimi mesi Sossi dovrebbe essere promosso consigliere di corte d'appello e, si sottolineava stamane a Palazzo Ducale, «non è detto che debba rimanere a Genova». Il magistrato ritiene assurda l'ipotesi di un'inchiesta disciplinare. Anche la sua iniziativa — appena tornato libero — di consegnare al pretore Sansa, perché lo dettasse ai giornali, il comunicato nu¬ mero otto delle «Brigate rosse», era stata provocata, assicura, da uno stato di reale pericolo. «Esisteva un pericolo incombente per Coco e per altri. Ilo fatto l'unica cosa possibile: consegnare il comunicato a un pretore, perché io non mi consideravo ancora tornato in servizio». Ma alcune ore dopo, a Milano, appe na liberato, Sossi aveva prefe- rito tornare di nascosto a casa anziché avvertire la magistratura e la polizia. Perché, sottolinea, «una volta libero, avevo riacquistato la mia autonomìa di 'magistrato e non avevo quindi bisogno di nessuno». Dice oggi misteriosamente: «C'erano delle gravi ragioni perché quel giorno non mi sono fermato a Milano». L'inchiesta sul rapimento del magistrato, in questi mesi, è andata avanti. «Come parte lesa non posso dire niente, anche se dal numero delle volte che mi hanno convocato a Torino c'è da bene sperare». Vincenzo Tessandori Genova. Il giudice Mario Sossi (tclcfoto « La Stampa »)

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