Nicosia è stata circondata dai carri armati di Ankara di Ennio Caretto

Nicosia è stata circondata dai carri armati di Ankara Avanzano, malgrado la tregua, i turchi Nicosia è stata circondata dai carri armati di Ankara L'intento è di isolare la capitale - Tensione ad Atene, ma si spera che la situazione non precipiti - Un altro messaggio di Kissinger al premier ellenico Karamanlis (Dal nostro inviato speciale) Atene, 18 agosto. A quarantotto ore dal «cessate il fuoco» a Cipro, alcune colonne di carri armati turchi hanno oggi accerchiato Nicosia, si sono spinte verso il porto meridionale di Larnaca, e minacciano la strada che collega la capitale con un altro porto importante, più a occidente, quello di Limassol. Qui ad Atene, l'inquietudine è profonda: nonostante le rassicurazioni di Ankara, si teme che i carri armati turchi vogliano conquistare un'altra parte dell'isola, stabilendo una nuova linea di demarcazione, l'Attila II. Se così fosse, scoppierebbe la guerra tra Ankara ed Atene: una parte delle forze armate greche è pronta ad imporsi al governo Karamanlis, come scrive su «Vradynì» il colonnello Stamatelopoulos, uno degli autori del colpo di Stato del 1967. Le notizie che giungono da Cipro sono confuse. E' tuttavia confermato che una colonna di sei carri armati turchi ha occupato il villaggio Eilenia, a soli sei chilometri a sud di Nicosia, che un'altra di dodici è insediata da ieri a Piroi, un nodo stradale verso Larnaca, e che una terza, più massiccia, sta avanzando in direzione di Limassol, senza incontrare resistenza nelle campagne. A Nicosia, il presidente ad interim Glavkos Klerides, ha convocato d'urgenza il proprio gabinetto, dopo consultazioni con gli ambasciatori americano e sovietico, e con il comandante in capo dei «caschi blu» delle Nazioni Unite, il generale indiano Prem Chand. In una drammatica intervista alla Bbc il premier cipriota Clerides ha accusato Ankara di volere la « totale occupazione » dell'isola. Egli ha precisato che i carri armati turcni hanno conquistato anche il villaggio di Dheftera ad ovest di Eilenia « nel tentativo di isolare completamente Nicosia ». Senza possibilità di comunicazioni con Larnaca e Limassol, la capitale resta paralizzata, perde ogni sbocco sul mare, forma un'« enclave » in balia del nemico. « Saremo probabilmente costretti a rifugiarci sulle montagne, dove combatteremo Uno alla morte », ha detto Clerides. Il presidente ad interim cipriota ha definito « un tradimento » l'avanzata turca dopo la tregua. In un certo modo, Ankara ha tradito le sue minacciose intenzioni denunciando all'Onu un impressionante serie di violazioni dell'armistizio da parte dei greco-ciprioti. L'odierna denuncia ha avuto il sapore di una giustificazione per l'azione intrapresa. L'allarme, soprattutto in mattinata, è stato acuito dal sospetto che ad Ankara, il premier Ecevit non abbia il pieno controllo della situazione, ma sia condizionato dai militari, a partire dal capo di stato maggiore generale Sancar. Si avanza anzi l'ipotesi che i militari turchi abbiano virtualmente in pugno il potere e non siano lontani da un tentativo, almeno parziale, di un colpo di stato. Un dato positivo tuttavia è che il premier greco Karamanlis non ha preso nessun provvedimento, né ha riunito il governo. Egli spera che i turchi vogliano soltanto rafforzare le proprie posizioni in vista dei negoziati di pace. Ma, mi ha detto il direttore generale del ministero degli Esteri Angelo Vlachos, «come prestare fede alle loro offerte?». Per evitare un aggravarsi della situazione, a Nicosia Clerides ha ordinato ai greciciprioti di smettere le sporadiche sparatorie lungo la linea di demarcazione. Il presidente è preoccupato dalla mancanza d'acqua, con una temperatura che tocca i 40 gradi, di viveri e di medicinali. Con l'aiuto dell'Orni egli sta raccogliendo e facendo un bilancio delle vittime: se ne ignora il numero esatto, ma nelle principali città interi rioni sono stati distrutti dai bombardamenti. Solo Patos, dove nacque l'arcivescovo Makarios, è stata risparmiata. L'esercito turco ha denunciato 250 morti, 550 feriti e molti dispersi. Mentre i profughi greco-ciprioti continuano a denunciare atrocità e sevizie subite dai turchi, dalle basi militari britanniche è in corso l'evacuazione di migliaia di rifugiati con un gigantesco ponte aereo con Londra. Ad Atene, ira e impotenza per la tragedia di Cipro, hanno accentuato oggi l'ostilità del governo e della popolazione verso la Nato e soprattutto verso gli Stati Uniti. Venerdì scorso Karamanlis aveva vietato tutti i voli militari americani in territorio greco. Ieri il provvedimento è stato modificato con il permesso per una sola pista d'atterraggio ad Atene e a Creta, previo avviso di sei ore. Lo stesso Karamanlis sta esaminando altre misure per i prossimi giorni: potrebbe ordinare l'evacuazione di una o più basi americane entro un termine brevissimo di tempo. L'ambasciatore americano Tasca, che aveva consegnato ieri a Karamanlis un messaggio personale del segretario di Stato Kissinger, il terzo in 24 ore, ha avuto stamane un ennesimo incontro col premier. I portavoce hanno rifiutato di fornire precisazioni sul colloquio. Si sapeva che Tasca attendeva una risposta, che pare però non abbia ricevuto, e che sarebbe comunque negativa. Kissinger, nel messaggio ribadiva la buona volontà di Washington, la sua determinazione a mediare nella crisi tra Atene ed Ankara, e la sua disapprovazione del comportamento turco. L'atteggiamento di Karamanlis è che soltanto con l'imposizione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza e degli impegni di Ginevra, e quindi col ritorno della Tur¬ chia alle posizioni occupate prima del 30 luglio a Cipro, la Grecia tornerebbe al tavolo delle trattative. In questo quadro, si sono inserite oggi, come nei giorni scorsi, le manifestazioni anti-americane, che da Atene si sono estese a Salonicco, Eraclion e Creta. A Salonicco, un imponente corteo ha tentato di raggiungere il consolato generale degli Stati Uniti, ed è stato bloccato dalla polizia. Ad Eraclion, numerosi giovani si sono portati presso le basi americane, ma sono stati anch'essi trattenuti. Qui ad Atene, è proseguito lo sciopero della fame degli studenti grecociprioti sulla piazza della Costituzione davanti al Parlamento. La cronaca ha segnalato un incidente piuttosto grave: l'incendio di tre automobili di diplomatici Usa in quartieri diversi, quelli di Eritrea e Argiripoulos Ennio Caretto Nicosia è stata circondata dai carri armati di Ankara Avanzano, malgrado la tregua, i turchi Nicosia è stata circondata dai carri armati di Ankara L'intento è di isolare la capitale - Tensione ad Atene, ma si spera che la situazione non precipiti - Un altro messaggio di Kissinger al premier ellenico Karamanlis (Dal nostro inviato speciale) Atene, 18 agosto. A quarantotto ore dal «cessate il fuoco» a Cipro, alcune colonne di carri armati turchi hanno oggi accerchiato Nicosia, si sono spinte verso il porto meridionale di Larnaca, e minacciano la strada che collega la capitale con un altro porto importante, più a occidente, quello di Limassol. Qui ad Atene, l'inquietudine è profonda: nonostante le rassicurazioni di Ankara, si teme che i carri armati turchi vogliano conquistare un'altra parte dell'isola, stabilendo una nuova linea di demarcazione, l'Attila II. Se così fosse, scoppierebbe la guerra tra Ankara ed Atene: una parte delle forze armate greche è pronta ad imporsi al governo Karamanlis, come scrive su «Vradynì» il colonnello Stamatelopoulos, uno degli autori del colpo di Stato del 1967. Le notizie che giungono da Cipro sono confuse. E' tuttavia confermato che una colonna di sei carri armati turchi ha occupato il villaggio Eilenia, a soli sei chilometri a sud di Nicosia, che un'altra di dodici è insediata da ieri a Piroi, un nodo stradale verso Larnaca, e che una terza, più massiccia, sta avanzando in direzione di Limassol, senza incontrare resistenza nelle campagne. A Nicosia, il presidente ad interim Glavkos Klerides, ha convocato d'urgenza il proprio gabinetto, dopo consultazioni con gli ambasciatori americano e sovietico, e con il comandante in capo dei «caschi blu» delle Nazioni Unite, il generale indiano Prem Chand. In una drammatica intervista alla Bbc il premier cipriota Clerides ha accusato Ankara di volere la « totale occupazione » dell'isola. Egli ha precisato che i carri armati turcni hanno conquistato anche il villaggio di Dheftera ad ovest di Eilenia « nel tentativo di isolare completamente Nicosia ». Senza possibilità di comunicazioni con Larnaca e Limassol, la capitale resta paralizzata, perde ogni sbocco sul mare, forma un'« enclave » in balia del nemico. « Saremo probabilmente costretti a rifugiarci sulle montagne, dove combatteremo Uno alla morte », ha detto Clerides. Il presidente ad interim cipriota ha definito « un tradimento » l'avanzata turca dopo la tregua. In un certo modo, Ankara ha tradito le sue minacciose intenzioni denunciando all'Onu un impressionante serie di violazioni dell'armistizio da parte dei greco-ciprioti. L'odierna denuncia ha avuto il sapore di una giustificazione per l'azione intrapresa. L'allarme, soprattutto in mattinata, è stato acuito dal sospetto che ad Ankara, il premier Ecevit non abbia il pieno controllo della situazione, ma sia condizionato dai militari, a partire dal capo di stato maggiore generale Sancar. Si avanza anzi l'ipotesi che i militari turchi abbiano virtualmente in pugno il potere e non siano lontani da un tentativo, almeno parziale, di un colpo di stato. Un dato positivo tuttavia è che il premier greco Karamanlis non ha preso nessun provvedimento, né ha riunito il governo. Egli spera che i turchi vogliano soltanto rafforzare le proprie posizioni in vista dei negoziati di pace. Ma, mi ha detto il direttore generale del ministero degli Esteri Angelo Vlachos, «come prestare fede alle loro offerte?». Per evitare un aggravarsi della situazione, a Nicosia Clerides ha ordinato ai greciciprioti di smettere le sporadiche sparatorie lungo la linea di demarcazione. Il presidente è preoccupato dalla mancanza d'acqua, con una temperatura che tocca i 40 gradi, di viveri e di medicinali. Con l'aiuto dell'Orni egli sta raccogliendo e facendo un bilancio delle vittime: se ne ignora il numero esatto, ma nelle principali città interi rioni sono stati distrutti dai bombardamenti. Solo Patos, dove nacque l'arcivescovo Makarios, è stata risparmiata. L'esercito turco ha denunciato 250 morti, 550 feriti e molti dispersi. Mentre i profughi greco-ciprioti continuano a denunciare atrocità e sevizie subite dai turchi, dalle basi militari britanniche è in corso l'evacuazione di migliaia di rifugiati con un gigantesco ponte aereo con Londra. Ad Atene, ira e impotenza per la tragedia di Cipro, hanno accentuato oggi l'ostilità del governo e della popolazione verso la Nato e soprattutto verso gli Stati Uniti. Venerdì scorso Karamanlis aveva vietato tutti i voli militari americani in territorio greco. Ieri il provvedimento è stato modificato con il permesso per una sola pista d'atterraggio ad Atene e a Creta, previo avviso di sei ore. Lo stesso Karamanlis sta esaminando altre misure per i prossimi giorni: potrebbe ordinare l'evacuazione di una o più basi americane entro un termine brevissimo di tempo. L'ambasciatore americano Tasca, che aveva consegnato ieri a Karamanlis un messaggio personale del segretario di Stato Kissinger, il terzo in 24 ore, ha avuto stamane un ennesimo incontro col premier. I portavoce hanno rifiutato di fornire precisazioni sul colloquio. Si sapeva che Tasca attendeva una risposta, che pare però non abbia ricevuto, e che sarebbe comunque negativa. Kissinger, nel messaggio ribadiva la buona volontà di Washington, la sua determinazione a mediare nella crisi tra Atene ed Ankara, e la sua disapprovazione del comportamento turco. L'atteggiamento di Karamanlis è che soltanto con l'imposizione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza e degli impegni di Ginevra, e quindi col ritorno della Tur¬ chia alle posizioni occupate prima del 30 luglio a Cipro, la Grecia tornerebbe al tavolo delle trattative. In questo quadro, si sono inserite oggi, come nei giorni scorsi, le manifestazioni anti-americane, che da Atene si sono estese a Salonicco, Eraclion e Creta. A Salonicco, un imponente corteo ha tentato di raggiungere il consolato generale degli Stati Uniti, ed è stato bloccato dalla polizia. Ad Eraclion, numerosi giovani si sono portati presso le basi americane, ma sono stati anch'essi trattenuti. Qui ad Atene, è proseguito lo sciopero della fame degli studenti grecociprioti sulla piazza della Costituzione davanti al Parlamento. La cronaca ha segnalato un incidente piuttosto grave: l'incendio di tre automobili di diplomatici Usa in quartieri diversi, quelli di Eritrea e Argiripoulos Ennio Caretto