Il rapito di Alassio in auto a Torino per vedere in faccia uno dei fermati di Elvio Ronza

Il rapito di Alassio in auto a Torino per vedere in faccia uno dei fermati Mario Serrino a confronto con un giovane in questura Il rapito di Alassio in auto a Torino per vedere in faccia uno dei fermati Nelle foto segnaletiche, l'inventore del "muretto" ha creduto di riconoscere uno dei suoi rapitori - Si cerca anche il fratello dell'uomo sospettato - Il giovane bloccato ieri a disposizione del magistrato nel carcere di Novi Ligure - Ha dichiarato il vice questore Montesano : "La cosa si risolverà nel capoluogo piemontese" (Dal nostro inviato speciale) Alassio, 14 luglio. Secondo fermo, eppure il «doposequestro» è alle prime battute. Ieri è toccato a Paolo Borgna; oggi ad Angelo Foresta, 33 anni, burrascoso passato, bloccato dalla polizia a Torino. Si dice che, vedendo le foto segnaletiche, Berrino abbia indicato appunto quella di Foresta. Anche il fratello di Angelo, Giorgio, è ricercato. Naturalmente si è ancora nel campo delle supposizioni. Perché tutto può succedere, nella scomposta storia di questo rapimento. Il numero dei banditi, per incominciare. «I calcoli sono di Berrino: i rapitori erano dodici, forse quindici», dice Montesano. Quindici? Il primo a rimanere stupito è proprio lui, il capo della Criminalpol di Tori no, che pure in mezzo ad avvenimenti del genere è passa to un sacco di volte. A parte il fatto che rapitori come questi sono, senza dubbio, dei taccagni, perché non si fa esplodere l'inferno in una cit tà per venticinque maledetti milioni a testa. Ma, dico: pei mettere ordine in questa squadriglia di avventurieri ci voleva, minimo minimo, un ufficiale con stato di servizio presso la Legione Straniera. Quindici. Sei si erano presi cura del prigioniero, con tur¬ ni di due per volta; gli altri erano pendolari, andavano e venivano, facendo base alla «casa Cucco», una catapecchia sopra la chiesa di S. Anna, di fronte all'isola Gallinara. Nella cascinotti sono sta¬ te trovate delle munizioni. Se di tutti i banditi Berrino dovrà fare il ritratto, per aderire all'invito degli inquirenti, comodo comodo, visto che è pittore, gli escono i quadri per una bella «personale». L'unica mostra d'arte che costerà un occhio della testa, però al pittore, non agli acquirenti. I trecento milioni del riscatto non vanno proprio giù ai Berrino e, a dire il vero, non andrebbero giù a nessuno. Mario, che è il più estroverso e tenace, cerca tuttavia di far animo ai parenti, che sono felicissimi di vedersi di nuovo accanto il «caro rapito», e li rincuora con frasi, questo sì, impegnative: «Li ritroveremo, vedrete, li ritroveremo». A parte l'ottimismo com movente, con il passare delle ore l'esame attento delle parole e della realtà dimostra una cosa: il racconto di Berrino è sostanzialmente vero. Poco verosimile, da rasentare l'assurdità: eppure vero. Un esempio. Berrino ha detto di aver fatto amicizia con degli animali, ha ricordato con delicatezza un cinghiale. E ha fatto sorridere tutti. Ebbene, piccoli cinghiali arrivano addirittura a ridosso delle tende nel campeggio che è più giù della «prigione». Niente, si diceva, è impossi¬ bile in questa vicenda. Il viavai dei banditi che andavano dall'Aurelia alla casa e viceversa, con pesanti borse, incrociando con disinvoltura i Longo, una coppia di contadini che abita vicino alla via romana, a monte della strada statale; le conversazioni amichevoli tra «secondini» e rapito; il nascondiglio vicinissimo alla città; il numero dei malviventi. Berrino avrebbe potuto addirittura scappare se, invece di calzare ciabatte da spiaggia, quella sera avesse avuto un paio di scarpe appena decenti. Comunque, passata la burrasca, Berrino è sorridente. Solo una bronchite lo infastidisce. Ma ha una gran voglia di tornare al lavoro. Invece, passa le ore o al comando dei carabinieri o al commissariato a ripetere, sempre ripetere, le stesse cose. Stanotte ha smesso alle 24; piccolo spuntino; poi nuova conversazione fino alle ore piccole. Stasera la notizia del fermo di Foresta. Ed è andato a Torino con Montesano per il confronto. Un viaggio faticoso, di domenica, nelle ore di punta delle code delle macchine. Sul fronte delle indagini, temperatura dunque in rialzo. Altri dettagli? I foglietti, scritti da Mario con le istruzioni per il riscatto, non furono portati al bar «Roma». Ci fu una telefonata e venne indicato un posto vicino a Ceviale. Là, infatti, fu trovato il messaggio. Il prete, padre Pasquale Lietti, continua ad essere un «testimone interessante». Prosegue il fermo pei Paolo Borgna, 30 anni, di Alassio, sposato, separato, padre di un bimbo di quattro anni. Ufficialmente rappresentante di detersivi. Da Tori no, dove risiede, portato ad Alassio; manette ai polsi, oggi è stato trasferito provvisoriamente alle carceri di Novi Ligure, visto che in quelle di Savona c'era il «tutto esaurito». Stanotte, nella camera di sicurezza del commissariato, Borgna non si dava pace. Pugni, calci, testate alla porta. Protestava. «Sono innocente. Liberatemi». Che cosa c'è contro di lui? Borgna è il personaggio più facile da incolpare, dato che il suo curriculum è pieno di incìdenti con la giustizia. Era quasi inevitabile che il suo nome entrasse in scena. Lui dice che nei giorni del rapimento, e precedenti, non era in Riviera. Un appuntato di polizia sostiene di averlo visto in città qualche giorno prima del sequestro. Lo sentirà il giudice. Dice Montesano: «La cosa si risolverà forse a Torino Non so se basteranno poche ore». Vissuto nel clima di una «pochade», il rapimento Berrino sta per proporre, come in un frenetico can can, una galoppante sequenza finale, con l'apparizione dei quindici fantasisti, esperti in sequestri «rapidi e di reddito familia re»? Elvio Ronza Il rapito di Alassio in auto a Torino per vedere in faccia uno dei fermati Mario Serrino a confronto con un giovane in questura Il rapito di Alassio in auto a Torino per vedere in faccia uno dei fermati Nelle foto segnaletiche, l'inventore del "muretto" ha creduto di riconoscere uno dei suoi rapitori - Si cerca anche il fratello dell'uomo sospettato - Il giovane bloccato ieri a disposizione del magistrato nel carcere di Novi Ligure - Ha dichiarato il vice questore Montesano : "La cosa si risolverà nel capoluogo piemontese" (Dal nostro inviato speciale) Alassio, 14 luglio. Secondo fermo, eppure il «doposequestro» è alle prime battute. Ieri è toccato a Paolo Borgna; oggi ad Angelo Foresta, 33 anni, burrascoso passato, bloccato dalla polizia a Torino. Si dice che, vedendo le foto segnaletiche, Berrino abbia indicato appunto quella di Foresta. Anche il fratello di Angelo, Giorgio, è ricercato. Naturalmente si è ancora nel campo delle supposizioni. Perché tutto può succedere, nella scomposta storia di questo rapimento. Il numero dei banditi, per incominciare. «I calcoli sono di Berrino: i rapitori erano dodici, forse quindici», dice Montesano. Quindici? Il primo a rimanere stupito è proprio lui, il capo della Criminalpol di Tori no, che pure in mezzo ad avvenimenti del genere è passa to un sacco di volte. A parte il fatto che rapitori come questi sono, senza dubbio, dei taccagni, perché non si fa esplodere l'inferno in una cit tà per venticinque maledetti milioni a testa. Ma, dico: pei mettere ordine in questa squadriglia di avventurieri ci voleva, minimo minimo, un ufficiale con stato di servizio presso la Legione Straniera. Quindici. Sei si erano presi cura del prigioniero, con tur¬ ni di due per volta; gli altri erano pendolari, andavano e venivano, facendo base alla «casa Cucco», una catapecchia sopra la chiesa di S. Anna, di fronte all'isola Gallinara. Nella cascinotti sono sta¬ te trovate delle munizioni. Se di tutti i banditi Berrino dovrà fare il ritratto, per aderire all'invito degli inquirenti, comodo comodo, visto che è pittore, gli escono i quadri per una bella «personale». L'unica mostra d'arte che costerà un occhio della testa, però al pittore, non agli acquirenti. I trecento milioni del riscatto non vanno proprio giù ai Berrino e, a dire il vero, non andrebbero giù a nessuno. Mario, che è il più estroverso e tenace, cerca tuttavia di far animo ai parenti, che sono felicissimi di vedersi di nuovo accanto il «caro rapito», e li rincuora con frasi, questo sì, impegnative: «Li ritroveremo, vedrete, li ritroveremo». A parte l'ottimismo com movente, con il passare delle ore l'esame attento delle parole e della realtà dimostra una cosa: il racconto di Berrino è sostanzialmente vero. Poco verosimile, da rasentare l'assurdità: eppure vero. Un esempio. Berrino ha detto di aver fatto amicizia con degli animali, ha ricordato con delicatezza un cinghiale. E ha fatto sorridere tutti. Ebbene, piccoli cinghiali arrivano addirittura a ridosso delle tende nel campeggio che è più giù della «prigione». Niente, si diceva, è impossi¬ bile in questa vicenda. Il viavai dei banditi che andavano dall'Aurelia alla casa e viceversa, con pesanti borse, incrociando con disinvoltura i Longo, una coppia di contadini che abita vicino alla via romana, a monte della strada statale; le conversazioni amichevoli tra «secondini» e rapito; il nascondiglio vicinissimo alla città; il numero dei malviventi. Berrino avrebbe potuto addirittura scappare se, invece di calzare ciabatte da spiaggia, quella sera avesse avuto un paio di scarpe appena decenti. Comunque, passata la burrasca, Berrino è sorridente. Solo una bronchite lo infastidisce. Ma ha una gran voglia di tornare al lavoro. Invece, passa le ore o al comando dei carabinieri o al commissariato a ripetere, sempre ripetere, le stesse cose. Stanotte ha smesso alle 24; piccolo spuntino; poi nuova conversazione fino alle ore piccole. Stasera la notizia del fermo di Foresta. Ed è andato a Torino con Montesano per il confronto. Un viaggio faticoso, di domenica, nelle ore di punta delle code delle macchine. Sul fronte delle indagini, temperatura dunque in rialzo. Altri dettagli? I foglietti, scritti da Mario con le istruzioni per il riscatto, non furono portati al bar «Roma». Ci fu una telefonata e venne indicato un posto vicino a Ceviale. Là, infatti, fu trovato il messaggio. Il prete, padre Pasquale Lietti, continua ad essere un «testimone interessante». Prosegue il fermo pei Paolo Borgna, 30 anni, di Alassio, sposato, separato, padre di un bimbo di quattro anni. Ufficialmente rappresentante di detersivi. Da Tori no, dove risiede, portato ad Alassio; manette ai polsi, oggi è stato trasferito provvisoriamente alle carceri di Novi Ligure, visto che in quelle di Savona c'era il «tutto esaurito». Stanotte, nella camera di sicurezza del commissariato, Borgna non si dava pace. Pugni, calci, testate alla porta. Protestava. «Sono innocente. Liberatemi». Che cosa c'è contro di lui? Borgna è il personaggio più facile da incolpare, dato che il suo curriculum è pieno di incìdenti con la giustizia. Era quasi inevitabile che il suo nome entrasse in scena. Lui dice che nei giorni del rapimento, e precedenti, non era in Riviera. Un appuntato di polizia sostiene di averlo visto in città qualche giorno prima del sequestro. Lo sentirà il giudice. Dice Montesano: «La cosa si risolverà forse a Torino Non so se basteranno poche ore». Vissuto nel clima di una «pochade», il rapimento Berrino sta per proporre, come in un frenetico can can, una galoppante sequenza finale, con l'apparizione dei quindici fantasisti, esperti in sequestri «rapidi e di reddito familia re»? Elvio Ronza