La fiamma della Duse di Edgarda Ferri

La fiamma della Duse AD ASOLO LE ONORANZE DEL CINQUANTENARIO La fiamma della Duse Teatro, mostre, convegni: con molti documenti inediti sull'attrice e il suo tempo (Nostro servizio particolare) Asolo, agosto. Asolo è pronta. Nelle sale del Museo Civico verrà inaugurato il 14 settembre prossimo un lungo ciclo di rappresentazioni in occasione dei 50 anni dalla morte di Eleonora Duse. Un mese e mezzo di mostre, tavole rotonde, incontri, proiezioni, rappresentazioni teatrali e cinematografiche distribuite fra Asolo, Treviso e Venezia sotto il tema comune « Eleonora Duse e il suo tempo ». Ne sono promotori l'Ente Provinciale per il Turismo di Treviso e la Fondazione Cini. Gerardo Guerrieri, uomo di teatro, ha ordinato il ricchissimo catalogo del materiale esposto. Soltanto in fotografie e corrispondenza dell'attrice messe a disposizione dagli eredi dei suoi amici romani, Angelo ed Olga Signorelli, quattro grosse valigie che Antonio Barzaghi, direttore dell'Ept di Treviso, è andato a prendere personalmente per non rischiare che i ritardi postali mandassero all'aria l'allestimento. La mostra intende ricostruire intorno alla Duse tutta la sua epoca, con particolare riguardo al teatro, le lettere, la moda, il gusto e il costume, e si articolerà per temi: la Duse ed i suoi personaggi, la Duse e le sue Compagnie, la Duse e i suoi autori, i suoi amori, le sue tournées, i suoi viaggi all'estero e le sue case. Le fotografie sono ingrandite e montate su pannelli. Gli autografi chiusi sotto vetro. Esposti gli oggetti, fino alla rosa rossa che inviò ad Olga Signorelli dalla «Porziuncola », incollata ad un biglietto di auguri sottolineato moltissime volte e con vigore alle parole « cara » e « vént'anni ». Costumi e lettere Su manichini di giunco i bei costumi di scena, ancora oggi copiati dalle attrici che rifanno i suoi stessi personaggi. Su appositi album la corrispondenza che ebbe con uomini di lettere, cantanti, ministri, arciduchi, imperatori, imperatrici e amanti. Interessantissimo sarà il carteggio con Arrigo Boito, l'uomo abbandonato e però mai dimenticato, e tutto ciò che resta di quello con D'Annunzio, che l'abbandonò e mai la dimenticò. I copioni da lei sottolineati in moltissimi punti (e qui vien fuori il suo temperamento forte ma insicuro), le lettere talvolta prolisse e talvolta telegrafiche, sempre inviate su carta intestata degli alberghi dove abitava durante le recite. Innegabilmente grafomane, la Duse spedì innumerevoli biglietti ansiosi, spesso strazianti (soprattutto verso la fine), tracciati con una calligrafia forte, puntuta, tutta riversa verso destra e con molti « a capo »: sicché più che lettere sembrano poesie. Da Firenze questi messaggi portano l'elegante stampigliatura a rilievo dell'Hotel Florence, da Milano si può sapere così che stava solitamente al Cavour, mentre si faceva raggiungere da D'Annunzio a Roma in via Sistina, all'Hotel Hassler. Già da questi biglietti, inviati ad amici stretti ed a gente appena conosciuta, a parte la panoramica degli alberghi che allora erano considerati i migliori, viene innanzitutto fuori ben chiaro il dramma di questa tragica attrice e sempre tragica donna: nonostante la sua bravura indiscussa e incontrastata persino a Parigi, dove anche la Bernhardt si fece da parte prestandole il suo repertorio e il suo teatro, la Duse riusciva a fatica ad imporre i drammi da lei preferiti. Spesso infatti la commedia cadeva, sempre più spesso fu costretta ad emigrare. Alla mostra di Asolo si potrà leggere così anche una lettera di D'Annunzio, di tono addirittura implorante, inviata dal poeta ad un impresario perché andasse ad ascoltare « le proposte della signora Duse, sennò la nostra Divina sarà costretta come al solito a varcare le frontiere ». Mentre sono moltissime le lettere della Duse all'amica Olga, fino all'ultima, piena di angoscia, prima di partire per la tournée americana da cui tornerà morta. Costretta per debiti, malata, esausta e disperata, Eleonora conclude la lunga lettera, questa volta senza intestazione, confusamente scritta a matita su un foglio spedito da Napoli prima dell'imbarco: « Vado! Soltanto così verrà la pace ». Eccitatissimo, Barzaghi enumera intanto gli altri documenti che completeranno la mostra. Non sono soltanto fotografie, lettere, costumi ed oggetti della Duse, ma anche molto di ciò che appartiene al suo tempo. Quindi, oltre alla proiezione del suo unico film Cenere, anche una selezione di pellicole italiane e straniere girate fra il '20 e il '30. E poi fotografie di personaggi che le ruotarono intorno o verso i quali, senza però mai ruotare, la Duse mosse i suoi elegantissimi passi. Ad esempio gli articoli di Matilde Serao che per sempre sentirà il rimorso di averla presentata, giovanissima, all'irresponsabile giornalista Mariano Cafiero, il napoletano dal quale ebbe un figlio subito morto, prima che la sposasse il paziente Tebaldo Checchi. Le lettere tenere e mescolate di francese, italiano e inglese di Isadora Duncan, che mai dimenticherà come la Duse la consolò quando anch'essa, in un solo incidente di barca, vide morire i suoi due bambini. La dedica di Panzacchi, «A Eleonora che sa divinamente vivere e divinamente morire », le fotografìe di D'Annunzio a cavallo sempre sul filo del ridicolo, quelle posose di Sarah Bernhardt di strabiliante rassomiglianza con la nostra Valentina Cortese, Boito dagli occhi spiritati e Papini giovane, con lo sguardo acceso e imprevedibilmente allegro. « E c'è anche tutta una serie di fotografìe e di lettere alla Duse di soldati alla prima guerra mondiale », dice Barzaghi, dopo che l'attrice andò in prima linea a portare il suo conforto ai feriti ed ai combattenti sul Grappa. In¬ fine, curiosissima, la fitta corrispondenza che tenne coi suoi medici, lei sempre così malata di polmoni, tanto che a Parigi la giovane vedova di Alessandro Dumas, assistendo al teatro « La Renaissance » alla rappresentazione della Dama delle camelie, crederà che la Duse, sia davvero morta fra le braccia di Duval. / risparmi perduti Nel 1922, due anni prima della fine, dopo aver preso la decisione di tornare sulla scena perché ha perduto tutto il suo denaro nelle banche tedesche, la Duse aveva in programma una lunga tournée negli Stati Uniti. Ma stava male, tossiva di continuo e oramai si firmava « l'insonne ». C'è allora un biglietto pieno di dolore che lei invia al suo medico Angelo Signorelli, dove gli annuncia la sua necessità di partire, e insieme lo prega di prepararle un certificato di malattia affinché la partenza possa venire rinviata. Signorelli ricopia fedelmente la motivazione che l'attrice stessa gli ha suggerito nella lettera: « Per le gravissime condizioni in cui si trova la signora Eleonora Duse in Italia ». Guerrieri sta ordinando ciò che la Fondazione Cini gli ha messo a disposizione e promette clamorosi inediti su questa donna fatale dai grandi e passionali amori, dalla sensualità inesauribile, artista prima ancora che attrice, geniale ancor prima che intelligente, non bella ma intensa e piena di fascino (non si truccava, non si tingeva i capelli precocemente bianchi. « Le donne non migliorano col trucco — diceva —. Possono al massimo avere un bel trucco »). La Fondazione Cini è depositaria di tutto il materiale che l'unica erede della Duse, una monaca inglese figlia della figlia Enrichetta, ha inviato a Venezia alcuni anni fa senza neanche farsi vedere. « Più che un dono, dice Barzaghi, è parsa una liberazione. Per i suoi bigotti e conformisti parenti, gli amori di Eleonora, soltanto di fatto separata da Tebaldo Checchi, hanno intorno un alone di peccato ». Sicché è ormai accertato che le parole d'amore da lei avute, i diari segreti e chissà quali e quante altre cose sono andati bruciati e sperduti nella campagna inglese, poco lontano da Londra. Edgarda Ferri