L'edilizia privata è ferma Sono poche le case popolari

L'edilizia privata è ferma Sono poche le case popolari Il problema dell'abitazione nei riflessi sociali L'edilizia privata è ferma Sono poche le case popolari I sindacati: "La produzione pubblica è scesa dal 7 al 2,3 per cento" - I costruttori: "Mancano strumenti efficaci" - I prezzi alla vendita degli alloggi sono raddoppiati in cinque anni - Aumento del cento per cento dall'impresario all'acquirente A Torino manca un'efficace politica urbanistica. Lo affermano i costruttori c i sindacati dell'edilizia. Non esistono piani per la costruzione di nuove case, né per il risanamento e la riqualificazione di quelle vecchie. Si avranno indicazioni concrete dal piano dei servizi? II Comune lo ha approvato in aprile; tecnici ed esperti lo attendono alle prime scadenze, previste entro settembre, per verificarne la sostanza. Si spera che sappia avviare massicci programmi per la produzione di case e di infrastrutture, la cui insufficienza è causa oggi di squilibri e di profonde tensioni sociali. Intanto, vale ancora il discorso latto alcuni mesi fa dal Cresme, il Centro ricerche economiche sociologiche e di mercato nell'edilizia: nel settore privato continua il blocco delle licenze, in atto ormai da alcuni anni; nel settore pubblico si sono esauriti i programmi della vecchia gestione Gescal, ma non sono stati avviati, se non in minima parte, i lavori previsti dalla legge 865, né hanno avuto risposta le proposte dei costruttori per l'edilizia convenzionata. Alle carenze di ordine urbanistico e di efficienza dell'iniziativa pubblica si è aggiunta la crisi del mercato finanziario. II credito fondiario e quello ordinario sono paralizzati, mentre aumentano sensibilmente i costi di costruzione, già saliti del 35 per cento nel '73. Insomma, siamo di fronte a quella crisi dell'edilizia che compromette la produzione di case, accentuando il divario fra la domanda e l'offerta di alloggi. Questo squilibrio, particolarmente grave a Torino e nell'intera area metropolitana, dove migliaia di persone vivono in edifici privi dei servizi fondamentali e talvolta in condizioni disumane, è determinato anche da numerosi altri fattori. La speculazione, per esempio. Dalla casa, bene primario, si tende a ricavare non un profitto equo ma il profitto massimo. Così si spiegano certi vertici raggiunti dagli affitti e dai costi a metro quadro. Altro elemento di squilibrio, la perdurante concezione della casa come bene di mercato o benerifugio anziché come servizio sociale. In un recente convegno sui problemi dell'abitazione, il prof. Gianni Zandano, del Consiglio superiore dei lavori pubblici, ha osservato: « L'Italia è il paese dove tutti potranno avere la seconda casa senza mai avere posseduto la prima. Non è un paradosso. Nel '61 il 38,5 per cento delle abitazioni furono costruite nei comuni minori, il resto nel capoluoghi di provincia e in altri grandi centri urbani. Nel 1972 il rapporto si è completamente invertito: solo il 37,1 per cento delle abitazioni sono state costruite nei capoluoghi di provincia, mentre il resto delle costruzioni si è concentrato nei comuni minori. In buona parte erano case per il week-end ». La tendenza non è venuta meno nel '73 e nemmeno quest'anno. Nei piccoli comuni delia provincia di Torino e di altre province si costruiscono casette in mezzo al verde; vanno a ruba i rustici delle Langhe, del Monferrato, della Val Varaita. Le age zie immobiliari ne propongono a decine, in misura addirittura superiore a quelle delle abitazioni normali. « Un fenomeno che non ha precedenti », afferma un agente immobiliare. Alcuni prezzi so no relativamente bassi: variano dai 4 ai 5 milioni per due-tre stanze e un po' di terreno. Altre case costano fino a 15-18 milioni. L'acquirente si accontenta anche di edifici vecchi, addirittura se midiroccati. Tutto è buono per chi, trovandosi con un po' di liquido disponibile, vuole difendersi dai danni dell'inflazione ga loppante. Le quotazioni sono destinate a salire. E' un male relativo. Il guaio è che rincarano sempre di più gli alloggi in città anche in estrema periferia, dove un lavoratore, con qualche risparmio fa¬ ticosamente accantonato, aspira | ad una sistemazione dignitosa, un'alternativa allo spazio ristretto, alla mancanza di servizi, con le comodità e II conforto Indispensabili. Si calcola che a Torino 11 prezzo d'acquisto delle abitazioni sia aumentato del 40 per cento dallo scorso anno; in cinque anni si è addirittura raddoppiato. Oggi un alloggio costa In media da 7 a 8 volte il reddito annuo di un lavoratore a 300 mila lire al mese. Come si determina il prezzo di una casa? « Il valore normale di un'abitazione — spiega l'architetto Pratesi, presidente dell'Ordine degli architetti — è dato dal suo costo di produzione, cioè dalla somma del valore del terreno agricolo, del valore dell'urbanizzazione primaria (acquedotto, fognatura, luce, eccetera) e dell'urbanizzazione secondaria (scuole, verde attrezzato, eccetera) e, infine, dal valore della costruzione ». Vediamo in cifre questo « costo », pensando a una casa da costruire nell'ambito dei piani per l'edilizia economica e popolare (legge 167) o della legge per la casa, la 865. Terreno: prezzo di esproprio, 2 mila lire il metro quadro. Per un vano di 80 metri cubi occorrono 40 metri quadri di terreno; 40 per 2 mila, 80 mila lire. Urbanizzazione primaria e secondaria: 700 mila lire per vano; costruzione per vano: 2 milioni 400 mila. In tutto, 3 milioni 180 mila lire. Poiché un vano è pari a 25 metri quadri, un metro quadro costerà 3 milioni 180 mi¬ la lire diviso 25, cioè circa 127 mila lire In base a questi dati, un alloggctto di 80 metri quadri costa all'Impresario poco più ili 10 milioni. Ma sul mercato il prezzo di vendita del metro qua. dro sfiora le 250 mila lire, e l'alloggio viene venduto a più di 20 milioni. Perché? Perché, nel frattempo, 11 costo di mercato del terreno si 6 portato a livelli lontanissimi dall'originario valore agricolo. Gravano poi, sul prezzo richiesto, l'eccessivo profitto e la vistosa sfasatura tra domanda e offerta. Bisogna tener anche conto dell'aumento del costi, del rincari avuti dal cemento, dal ferro, dal legno. «C'è il completo caos — afferma Pietro Crestani, segretario della Filleg-Cgil —. Manca un assetto urbanistico, si risente ancora oggi dell'uso indiscrimi nato del territorio fatto negli Anni 60. Esistono comuni che non hanno applicato la 167 e. senza espropri, la 865 non può operare ». Cosi l'intervento dell'edilizia pubblica che a Torino aveva raggiunto un'incidenza massima del 7 per cento è scesa al 2,3 per cento: irrisoria, quasi nulla nei confronti delle ree li necessità del capoluogo e dell'area metropolitana. Nel '71 una casa popolare costava un milione 700 mila a vano; oggi il prezzo di costruzione supera i 3 milioni, mentre nell'edilizia privata si parte da un minimo di 7 milioni e mezzo per vano. Crestani cita un caso limite, ma non isolato: Pozzo Strada, due camere, cucina, servizi: prezzo 27 milioni. All'origine di queste quotazioni stanno le tariffe delle materie prime: il prezzo del cemento è salito in due anni da 850 a 3500 lire il quintale (« anche 4 mila lire il quintale, a borsa nera »); ferro, da 92 a 360 lire il chilogrammo; mattone torinese, sei fori, dalle 11 lire l'uno del '73 alle 35-40 attuali. Più cari anche sabbia e legname. « Il costo che incide meno — sostengono i sindacalisti — è quello della manodopera ». Ma nelle incerte prospettive di un autunno che si avvicina fra tante incognite sembra proprio che le più gravi conseguenze tocchino agli operai. « Ne possono restare a casa migliaia da un giorno all'altro — afferma Crestani —. Nei primi sei mesi del '74 sono scesi già a 35 mila, mentre nel '73 erano 37 mila». Renato Romanelli

Persone citate: Crestani, Gianni Zandano, Pietro Crestani, Renato Romanelli

Luoghi citati: Italia, Monferrato, Torino