La caccia non deve essere un pericolo per il pubblico di Omero Marraccini

La caccia non deve essere un pericolo per il pubblico Tragica la prima giornata venatoria La caccia non deve essere un pericolo per il pubblico Sette morti e oltre cento feriti sono un monito che sgomenta - Sono necessarie leggi severe, ma soprattutto molta prudenza e coscienza Domenica si è aperta la caccia. Sette cadaveri all'obitorio e un centinaio di feriti negli ospedali. Ragazzi col volto sfigurato; altri che lottano con la morte nel letto di una corsia. Quanto è avvenuto dà un senso di sgomento e di ribellione non soltanto agli avversari di questo sport, ma anche a chi la caccia piaceva soprattutto per quelle oro di esaltante contatto con la natura. Sarebbe facile, a questo punto, scrivere cose malevole sui cacciatori, fare d'un'erba un fascio, ironizzare sul «misticismo venatorio». Chi può credere infatti alla loro «innocenza» o non piuttosto a una forma colettiva di alienazione e, ciò che è più grave, da parte di gente che va in giro armata di fucile? Gli appelli alla prudenza, al rispetto di un codice non scritto al quale dovrebbero attenersi tutti i cacciatori, non servono più. Si spara a tutto e a tutti. Da più parti si invoca maggiore severità. Il fatto è che la eaccia non è una attività che s'improvvisa. Non basta un esame, come è stato istii tuito da alcuni anni a questa I parte, per fare un cacciatore, j A questo proposito, la legge I va riveduta a fondo. La maggior parte delle licenze che | oggi si rilasciano sono vere e proprie «licenze d'uccidere» (e non soltanto la selvaggina). Lo dimostrano gli episodi di questa prima «giornata brava» delia stagione. E allora lasciamo, appunto, parlare i fatti. Sergio Grifoni, 23 anni, passeggiava lungo un boschetto, nella campagna di Modigliana (Forlì), con la fidanzata Ida Lucci, di 20. Il cacciatore Primo Graziani. 46 anni, di Faenza, ha scambiato i colori dell'abito della ragazza per quelli di un fagiano: i due giovani sono finiti all'ospedale. Nella stessa zona sono state «impallinate» altre otto persone, tut- i . n 2 o a n l , a , te, dicono i referti medici, guaribili dai 5 ai 15 .giorni. «Ho visto un coniglio, e ho sparato». Così ha cercato di giustificarsi nel Catanese, a Vittoria, Giovambattista Migliore, 38 anni, che ha mandato all'ospedale il sessantaduenne agricoltore Vincenzo Calvo, che stava raccogliendo del foraggio. Eleonora Solino, 52 anni, lavorava nei campi, ad Anagni (Frosinone): uno sconosciuto, datosi poi alla fuga, ha lasciato partire una scarica che ha raggiunto la donna alla schiena. Così è stato ferito anche il contadino Elio Bizzarri, 64 anni, di Reggio Emilia. Un ragazzo di 12 anni, Claudio Gaggiotti, di Gubbio, stava raccogliendo delle pannocchie di .granturco, vicino a casa: è stato raggiunto dalla fucilata di un cacciatore «che non lo aveva visto». Perderà un occhio. Sono finiti all'ospedale pensionati, come Pietro Dal Forno, 68 anni, di Verona, e metalmeccanici come Valerio Gamberoni, 34 anni, che se ne andavano tranquilli, per i fatti loro, ignorando l'apertura della caccia. Ai pronto soccorso si sono presentati bambini, vecchiette che badavano alle galline, uscieri di tribunale in gita con la mo glie e benzinai. Volti rubizzi, aria marziale, con stivali da marines e giubbotti imitati dai film di Sartana e Trinità, il fucile imbracciato come per un rastrellamento, hanno stretto in una cintura di fuoco campagne, boschi e pinete, fin dalle prime ore del giorno. Era ancora notte e si sentivano già gli spari e le grida dei compagni feriti. Domenico Piacenti, 24 anni, abitante a Terni, festeggiava con alcuni amici la cattura di alcuni fagiani in casa della madre, Gina Maschiella, 66 anni. I giovani avevano abbondantemente mangiato e bevuto. C'era molta euforia; «Mamma, dammi il fucile, prima di stasera ne porterò \ altri dieci! », ha gridato Domenico. L'anziana donna ha preso da un angolo l'arma, per consegnarla al figlio. Dal fucile, un automatico, è esploso un colpo che ha reciso la carotide della poveretta. Accanto a questo episodio, emblematico per l'imprudenza del cacciatore (l'arma era stata portata carica in casa), ecco la cronaca degli altri incidenti mortali: l'ex appuntato di ps Luciano Brunetti, 47 anni, di Prato, non cacciatore, era in vacanza a Camugnano j (Bologna). Aveva accompagnato per l'apertura il fratello ed il cognato, Ettore Focaccia, 55 anni, di Castiglion de' Pepoli. Focaccia ha creduto di vedere un fagiano dietro un cespuglio, ha sparato: gli ha risposto il grido di morte del Brunetti. Nella campagna romana, a Casal de' Selci, un altro cacciatore, Angelo Magri, 35 anni, è stato ucciso da uno sco nosciuto, con un colpo alla gola. Con un amico, Giuseppe Trimboli, risaliva un costone. Un cacciatore, appostato in un capanno, ha aperto il fuoco. Quando ha sentito le grida è fuggito. Nel Pesarese, Aldo Falcinelli, 42 anni, di Orciano, padre di tre bimbi, uno di 8, uno di 6, l'ultimo di 2, stava acquattato dietro una siepe in attesa delle tortore. E' volato un fagiano sul quale si è indirizzata la mira del ferroviere Maurizio Bassotti, 27 anni, di Fano. Una « coppiola » e per il povero Falcinelli non c'è stato più nulla da fare. Anche il cacciatore Aniello Panariello, 58 anni, di Torre del Greco, è morto perché scambiato per selvaggina L'incidente è avvenuto alle prime luci dell'alba di domenica, nella boscaglia di Cappella di Carotenuto. L'Emilia Romagna detiene il primato degli incidenti. Oltre all'appuntato Brunetti, sono morti (per l'emozione) due altri cacciatori. Subito dopo aver ucciso una lepre è spirato, sulle colline di Fidenza, Bruno Guardazzi, 52 anni, del luogo, che era con quattro amici; Dante Maggi, 60 anni, di Forlì è stato trovato già cadavere dai compagni. Vicino a lui un fagiano ancora caldo. In Liguria soltanto tre feriti: Umberto Carozzo, 65 anni, di La Spezia, è stato impallinato dall'amico Michele Solis, 72 anni; all'ospedale di Genova si sono rivolti per le cure Iginio Sgarban. 52 anni e Giovanni Carbone, di 26. L'elenco delle «vittime» potrebbe allungarsi: sei feriti in Sicilia, una decina in Umbria, quattro in Lombardia. Un volantino del Cia (comitato degli anticaccia) diffuso alla vigila dell'apertura insegna a « cacciare i cacciatori », a disturbarli nella loro attività. Sarebbe però più opportuno insegnare loro a cacciare. Le colpe, in definitiva, vanno cercate più in alto, dove esistono responsabilità per la mancata approvazione di una legge severa e valida per tutto il territorio nazionale. Omero Marraccini c1(dgltpsnru«n2clÀPAsvAc