Un impiegato delle Poste si appropria di duecento milioni falsando i registri

Un impiegato delle Poste si appropria di duecento milioni falsando i registri Si sospetta che li abbia dilapidati giocando al casinò Un impiegato delle Poste si appropria di duecento milioni falsando i registri Li sottraeva dal conto corrente del Monopolio di Stato, iscrivendoli sul proprio, poi li prelevava con assegni Ad ogni controllo quindicinale, ripristinava le cifre esatte (ma non i soldi in cassa) - Tradito dal Ferragosto Un Impiegato postale addetto al servizi del conti correnti, è stato arrestato dalla polizia per falso c truffa in danno dello Stato. Secondo l'accusa, formulata nell'ordine di cattura del sostituto procuratore della Repubblica dott. Domenico Savio, 11 dipendente della direzione centrale delle Poste di via Alfieri 10, si sarebbe appropriato di circa 200 milioni in 3 anni. Si chiama Panfilo Giammarco, è nato 38 anni fa a Prezza, in provincia dell'Aquila, abita con la moglie Eleonora di 34 anni e una figlia di 2 anni e mezzo in via Guglielmo Pepe 14/1. Lunedi scorso, sentendo addensarsi la tempesta sul capo, ha chiesto alla direzione un giorno di aspettativa per consultarsi con un legale. « Ho il sospetto che dubitino di me — avrebbe detto all'avvocato — ma io ho le mani pulite. Non capisco di cosa mi si possa accusare ». Rientrato a casa verso mezzogiorno, poche ore dopo riceveva la visita degli agenti della polizia postale che gli notificavano l'ordine di cattura. Martedì mattina è stato interrogato per due ore, in carcere, dal giudice Savio alla presenza dell'avvocato Alberto Mittone che si è assunto l'incarico di difenderlo con l'avv. Armando De Marchi, in questi giorni assente da Torino. « Non ho commesso alcun illecito — avrebbe detto — sono vittima della caotica ammlni strazione delle Poste. Qualcuno forse ne ha approfittato per mettermi nei guai ». Sulle dichiarazioni deirarrestato si pronuncerà il sostituto procuratore: è certo, comunque, che i controlli della elefantiaca burocrazia statale sono sempre rigorosi quando si tratta — ad esempio — di respingere un certificato redatto in modo impreciso, ma si lasciano poi sfuggire macroscopiche irregolarità, come quelle di cui si sarebbe reso responsabile il Giammarco. Questo, secondo le prime inda- g pdell'Escopost, Interlandi, e dalla magistratura, l'ingegnoso sistema del Giammarco per appropriarsi dei 200 millioni. Il giovane svolgeva la sua attività nell'ufficio «Tenuta conti», al secondo piano di via Alfieri 10. Qui un centinaio di impiegati, dei quali alcuni cottimisti, si occupa della contabilità del servizio conti correnti postali, aggiornando le schede dei clienti. Che cosa faceva il Giammarco? Secondo l'accusa, stornava dal conto di ditte private e, in particolare, da quello del Monopolio di Stato, cifre per decine di milioni e le accreditava sul proprio conto corrente interno. In questo modo poteva staccare assegni e compilare vaglia postali, avendo alle spalle una copertura sicura. Le somme così sottratte venivano, in un secondo tempo, travasate su un conto corrente bancario esterno, intestato sempre al Giammarco. Per superare, senza ombra di sospetto, il quindicinale controllo compiuto dall'amministrazione delle Poste, l'Impiegato doveva, ovviamente, far quadrare i conti. Con molta disinvoltura, allora, reintegrava le cifre sulle apposite schede (ma, ovviamente, non il denaro in cassa), falsificando anche, se c'era bisogno, le firme o le sigle dei colleghi. Facciamo un esemplo: in un primo momento, il Giammarco stornava dal conto corrente de) Monopolio un milione e lo accreditava sul proprio. E fin qui tutto andava bene, perché il pareggio quindicinale dei conti non veniva turbato. Successivamente, faceva affluire sul proprio conto bancario 800 mila lire, affrettandosi ad accreditare la stessa cifra su quello del Monopolio. Ancora una volta, il bilancio complessivo delle entrate e delle uscite era in pareggio, ma soltanto come somma aritmetica. In realtà dalla cassa i soldi mancavano. Come mai nessuno (controllore, revisore e direttore dell'ufficio) si è mai accorto della irregolarità? E' uno degli interrogativi ai quali dovrà dare una risposta il magistrato. La buccia di banana su cui sarebbe scivolato il Giammarco si chiama Ferragosto. Poiché il 15 agosto era festa, la direzione delle Poste ha anticipato il controllo quindicinale di due giorni, prendendo così alla sprovvista l'impiegato il quale non avrebbe avuto il tempo di aggiornare i conti, «correggendo» opportunamente le cifre degli accrediti e degli addebiti. Come si è detto. Panfilo Giammarco respinge le accuse: «In quell'ufficio c'è un tale via vai di gente — è la sua difesa — che non m.: stupirei se qualcuno avesse m?sso mano alle schede, giocandomi questo brutto scherzo». Pare invece che il giovane abbia escogitato la truffa per poter soddisfare la sua passione per il gioco. Ha ammesso di essersi più volte reca¬ i ii i ■ 111111 iiiiiiiiiiimiiiMiimiiiiiiiiiiMimu to al Casinò di Saint-Vincent. «Giocavo piccole somme — è la sua giustificazione — e spesso vincevo. Le vincite più forti le versavo sul conto corrente bancario». Come si è potuta compiere una truffa con tanta facilità? Un cronista, ieri pomeriggio, ha voluto toccar con mano il sistema di controllo che vige negli uffici postali riservati. E' entrato nella «Sezione assegni e postagiro», dove appunto lavorava il Giammarco e ha potuto passeggiare tra le scrivanie senza che una sola persona gli rivolgesse la parola o gli domandasse che cosa voleva. E' passato davanti all'ufficio iaformazioni, ma l'usciere non l'ha degnato di uno sguardo. Se un estraneo può aggirarsi indisturbato negli uffici, c'è da domandarsi in quali condizioni di riservatezza lavorino i dipendenti, ai quali, co-, me si è detto, si devono aggiungere I cottimisti, cioè 1 lavoratori avventizi, i cui orari non coincidono sempre con quelli degli altri Impiegati. C'è anche un altro punto che dsslinsmnt2lncrsSgttlhbmrausd dovrà essere chiarito al più presto: ogni operazione di travaso di soldi dall'ufficio di via Alfieri all'istituto bancario avrebbe dovuto insospettire l'amministrazione postale. Ma ciò non è avvenuto. Come mai? A conti fatti, comunque, non saranno il Monopolio o le altre aziende private a rimetterci i 20C milioni «volatilizzati», ma l'amministrazione postale. Queste nostre povere Poste. •k « Prepotenti, spavaldi e socialmente pericolosi », cosi, in un rapporto della polizia alla magistratura, sono definiti Giancarlo Suppo e Antonio Magliulo, i due giovani ventunenni arrestati martedì sera dalla Mobile dopo un tentativo di rapina fallito. Amici da lunga data, erano in libertà provvisoria. Tutti e due hanno alle spalle una gioventù bruciata. I tribunali hanno cominciato molti anni fa ad interessarsi delle loro imprese. A 16 anni il Suppo aveva dichiarato a un'assistente di polizia: « Sono scappato di casa per fare il bandito. Nessuno mi fermerà ». Nel marzo del '71, arrestato con tre complici, aveva ammesso d'aver rapinato cinquantadue donne in pochi giorni. Martedì sera al capo della Squadra mobile ha fatto il nome del complice che è riuscito a sfuggire alla cattura. « Vede — ha aggiunto con tono Ironico — voglio collaborare con la giustizia». Ieri gli agenti hanno accertato che il giovane indicato dal Suppo è in prigione da tre mesi e non può quindi avere preso parte all'impresa. Antonio Magliulo è sempre grave al Nuovo Martini. La polizia non ha ancora potuto interrogarlo. Nei suoi confronti il pretore di Cairo Montenotte ha in corso un'istruttoria per omicidio colposo e guida senza patente. Mentre era alla guida di una « Kawasaki » 750 con una ragazza di 15 anni, aveva perso il controllo del mezzo ed era andato a schiantarsi contro il guard-rail nei pressi di Ceva. La ragazza era morta sul colpo. Giancarlo Suppo, 21 anni, è stato arrestato dalla squadra mobile per la tentata rapina

Luoghi citati: Aquila, Cairo Montenotte, Ceva, Prezza, Saint-vincent, Torino