Tanto cinema d'avventura

Tanto cinema d'avventura PRIME VISIONI SULLO SCHERMO Tanto cinema d'avventura "Arrivano Joe e Margherito": una coppia manesca e incruenta - "Vivo quanto basta per ammazzarti!": un ex sceriffo e un ragazzo contro i fuorilegge ■ "La preda": Zeudi Araya contesa in America Latina - "La signora gioca bene a scopa?" Arrivano Joe e Margherito di Giuseppe Colizzi, con Keith Carradine e Tom Skerritt. Italo-franco-spagnolo, avventuroso. Cinema Reposi, Continua l'auge commerciale delle coppie manesche e incruente, ideate per la ricreazione di fanciulli piccoli e grandi. Diretto da un regista competente in questo campo. Arrivano Joe e Margherito è una chiassata abbastanza divertente e spettacolarmente rifinita, adatta ai ferragostani di città per la quantità di spruzzi e le belle visioni marine della Sicilia, Viareggio, Portofino, Montecarlo e Nizza. Joe è un killer all'acqua di rose inviato dall'America in Sicilia per riportare negli Stati Uniti un boss mafioso, cui dà la caccia una « cosca » rivale composta di erculei picciotti. Imbattutosi egli in Margherito, uno sfaticato marinaio napoletano, la coppia è fatta; coppia discorde e rissosa ma irresistibile in trucchi e acrobazie contro quanti le si oppongono. Un proprietario di panfilo e la sua figlia Betty, che da bruttina e occhialuta sboccia a « pin up » (per amore, s'intende, di Joe), sono coinvolti nella lunga avventura che comprende una quantità d'inseguimenti, con ogni mezzo, per mare e per terra, di esplosioni, sconquassi, travestimenti, scazzottature e altrettanti espedienti di farsa a ruota libera, concepita, in chiave di parodia forse inconsapevole, con un occhio alle imitazioni di « 007 » e un altro a quelle del Padrino. L'intruglio si affida, oltre che al mestiere del regista e a una ricca disponibilità di mezzi, all'affiatamento dei protagonisti Carradine e Skerritt, il lungo e l'atticciato, sussidiati di fianco da quell'ottimo caratterista che è Cyril Cusack e dal mordente di Sybil Danning. 1. p. * * Vivo quanto basta per ammazzarti! di Gary Nelson, con Glenn Ford, Michael Burns, Dana Wynter. Americano a colori. Cinema Corso. fa. v.) Diventato « cacciatore di taglie », ossia giustiziere a pagamento, da quando come sceriffo non aveva potuto colpire gli assassini del proprio figlio, un duro uomo del West passa le sue cupe giornate sulle tracce di criminali che hanno conti in sospeso con la legge. Gli avviene così d'inseguire un incallito criminale e di colpirlo a morte proprio davanti al suo ragazzo, che si propone di vendicare il padre. Ma il vecchio giustiziere simpatizza con l'orfano, e questi arriva a comprendere i motivi che hanno spinto l'altro all'uccisione del genitore. Così, poco per volta, il primitivo odio del giovane si muta in stima, in comprensione, perfino in ammirazione, mentre all'anziano ex sceriffo par di ritrovare nell'orfano non più vendicativo il figlio perduto. E proprio a Jody, il ragazzo, toccherà di spronare il giustiziere ad affrontare altri fuorilegge in uno scontro che al più giovane dei due sarà fatale. Fa piacere, specie in questi giorni destinati allo smercio di pellicole in maggioranza di scarso valore, incontrare un western che nel suo asciutto rigore, nell'approfondito disegno dei caratteri, nella sagace progressione narrativa si dimostra all'altezza di quelli proiettati in stagione più favorevole. Psicologicamente ben graduato è soprattutto il reciproco avvicinamento tra i due personaggi che parevano dover essere gli antagonisti della vicenda e che sullo schermo hanno rispettivamente la rude espressività del veterano Glenn Ford e la giovanile intensità di Michael Burns. Come tenera moglie del primo ha delicato spicco una rediviva Dana Wynter. ★ * « La preda » di Domenico Paolella con Zeudi Araya, Mìcheline Fresie, Renzo Montagnani, Franco Gasparri. Italiano, drammatico, colori. Cinema Gioiello. (g. c.) Fra i relitti sociali che il cinema europeo distribuisce da anni in America Latina, sulle lontane orme di Clouzot e di Allegret, ci possono essere anche un corpulento italiano, male mimetizzato da un cognome inglese, con fissa dimora ma assai incerta occupazione (Renzo Montagnani) e sua moglie, una evanescente alcoolizzata, degustatrice di liquori decadenti da « maudit » in ritardo, alla quale si è voluta degradare Micheline Fresie. Poi c'è un bel giovane, finito in carcere per contrabbando, che consente a Franco Gasparri, « l'idolo delle donne italiane», come dicono le strisce pubblicitarie, di debuttare sullo schermo. E, soprattutto, c'è la bellezza tagliata nell'ebano, Zeudi Araya, l'etiope di Cinecittà, trasferita per l'occasione sulle coste della « Colombia atlantica» come precisa l'annuncio di partenza. Come arrivino a trovarsi, questi quattro eterogenei personaggi, in una capanna solitaria, arroccata su un terreno perduto fra le paludi, dove ci sono da spartire oltre la « preda » femminile, anche gioielli e colpi di pistola, è un po' macchinoso spiegare. Ma, nel momento cruciale ci arriveranno tutti. Il film di Paolella punta sullo splendore fotografico dei paesaggi colombiani per inserire una vicenda drammatica, con rapine, evasioni, tentativi di violenza, rivalità sentimentali, folclore e tradizioni di ambiente. Il riscatto, alla fine, c'è solo per lei, la bella preda troppo contesa, che riesce a salvarsi con la sua intatta dignità e il suo poco convinto ex contrabbandiere. La signora gioca bene a scopa? di Giuliano Carnimeo, con Carlo Giuffrè, Edwige Fenech, Franca Valeri, Didi Perego, Carlo Delle Piane, Gigi Ballista. Italia, colori. Cinema Nazionale. (s. c.) « Si ride sexy », annunciano le locandine. La prima parte dell'impegno pubblicitario è stata affidata a Carlo Giuffrè, che pare aver ereditato tutto il « gallismo » cinematografico di Landò Buzzanca, mentre il ruolo piccante tocca a Edwige Fenech una delle attrici più ostinatamente nude su nostri schermi. E' la storia di un giovane napoletano che passa con disinvoltura dai tavoli di poker alle lenzuola delle facoltose signore della zona. L'azione si svolge a Parma. Lui, proprietario di un negozio di scarpe, non riesce a coprire i tanti debiti di gioco e cerca di rinsanguare le esauste finanze con prestazioni amorose prezzolate. Ma il giovanotto gioca troppo a carte e, peggio, perde ogni partita. I creditori gli impongono un superlavoro e alla fine sarà costretto a trovarsi un sostituto. Una scelta incauta; gli costerà la stima e il prodigo affetto delle belle parmigiane. Partito con l'intento di rappresentare un aspetto del nostro costume, il filone « gallistico » è approdato alle più modeste speculazioni commerciali del cinema sexy. Privi di qualsiasi caratterizzazione psicologica, i personaggi della storia dipanano una lunga serie di situazioni e battute erotiche di gusto piuttosto volgare. I giochi di parole sono pesantucci, gli equivoci grossolani. Il titolo spiega tutto.