Settemila miliardi ogni anno per comperare "nuove idee,,

Settemila miliardi ogni anno per comperare "nuove idee,, In tutto il mondo ir colossale commercio del "know how„ Settemila miliardi ogni anno per comperare "nuove idee,, E' quanto spendono i Paesi, soprattutto quelli meno sviluppati, nell'acquisto di brevetti, licenze e conoscenze tecniche nei vari settori industriali - Ma le nazioni più evolute impongono spesso pesanti condizioni - Sempre più urgente approntare un regolamento internazionale Poiché l'Italia è uno degli Stati che «vende» tecnologie a Paesi in via di sviluppo — Medio Oriente, Sudamerica, Africa — e più di un'impresa è direttamente interessata (mentre altre si apprestano ad allinearsi su questa ambita e remunerativa forma di esportazione) merita richiamare l'attenzione sulle recenti sessioni di lavoro, e sul rapporto conclusivo, della Cnuced, ossia della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e sviluppo; più ancora, e con più precisione, sui prossimi programmi del Gruppo intergovernativo per il trasferimento delle tecnologie. Il Terzo Mondo L'attività delle Nazioni Unite e della Cnuced, si articola in svariate direzioni: inseguirne tutti i piani di lavoro può sembrare addentrarsi in un labirinto; tuttavia mette conto esaminarne alcune iniziative, fra le quali appunto ci interessa da vicino quella del iechnology trasjert, poiché riguarda espressamente i fornitori e gli acquirenti di tecnologie, licenze, brevetti, know-how al fine di favorirne al massimo il commercio e lo sviluppo. Se ne chiede una regolamentazione su scala internazionale previamente ed estesamente concordata (anziché in chiavi bilaterali come sinora avviene) proprio per incoraggiare il trasferimento di tecniche produttive a condizioni e secondo modalità giuste e ragionevoli. Diciamo subito che la premessa è costituita dall'ormai accettata classificazione di Terzo e Quarto Mondo: giacché per i Paesi in via di sviluppo si sono di fatto profilati due piani, su uno dei quali sono decollati alcuni Stati ricchi di materie prime, di divise pregiate e di volontà-capacità di graduale industrializzazione, mentre sull'altro sono rimasti in attesa di decollo Stati ancora arretrati, politicamente troppo precari per attirare gli investimenti indispensabili ad assicurare le strutture di base. Si tenga infatti presente che le tecnologie, per insediarsi proficuamente e remunerativamente, esigono che prima sia stato preparato il terreno (proprio come in agricoltura avviene prima della seminagione); altrimenti, in assenza di attrezzature portuali, di reti stradali e di comunicazioni, di mezzi di trasporto, di acqua, di fonti ed erogazioni stabili d'energia, di costruzioni e fabbricati idonei, di installazioni sorrettive etc., le tecnologie non possono installarsi, radicarsi e svilupparsi, perché il loro processo di crescita sarebbe compromesso alle origini. Senza dunque voler accusare i tecnologi di debolezze o di preferenze nei confronti del mondo imprenditoriale e dei profitti (poiché altre forme di interventi tecnologici esistono proprio per creare le premesse di decollo, ma esse sono finanziate e garantite da stanziamenti a livello di governi), fermiamo lo sguardo sul Terzo Mondo e chiediamoci perché un Gruppo intergovernativo si stia preoccupando di formulare i termini d'un accordo generale sul trasferimento delle tecnologie. La risposta è: occorre francamente riconoscere che si tratta di un'istanza, cui i Paesi industrializzati dovranno accedere, ed è avanzata proprio dagli Stati che oggi sono in grado di trattare da nuove posizioni di forza, ossia da quelle di chi detiene molte materie prime vitali e molto denaro. Merce di scambio Chi non è profano della materia, sa infatti — e su questo giornale già ne avevamo fatto cenno in passato — che sotto la denominazione «trasferimento di tecnologie» i cedenti fanno rientrare condizioni impositive e cautelative di natura giuridicocommerciale molto complesse ed altamente redditizie. Eccone alcuni esempi, presi fra i più macroscopici, i quali tutti passavano (e passano) attraverso i canali di investimenti diretti, di imprese multinazionali, di cessioni di brevetti, di accordi di collaborazione, di contratti d'assistenza tecnica e così via. Le tecnologie venivano (e vengono) consegnate solo a patto di accettare altresì detcrminati vincoli restrittivi, quali l'obbligo di acquistare con le tecnologie anche determinati materiali, prodotti intermedi, strumentazioni ed attrezzature; l'impegno di sottoporre a preventiva approvazione del cedente la vendita e/o l'esportazione di beni ottenuti con le tecnologie stesse, ovvero designando senz'altro i Paesi verso i quali è consentito, oppure no, il commercio dei prodotti delle tecniche fornite; la restrizione alla concorrenza interna o il divieto di trasmettere i risultati delle tecnologie acquisite ad altre aziende nazionali; l'esclusione totale o quasi globale di tecnici del posto dalla possibilità di essere addestrati nei procedimenti produttivi con grave compromissione delle possibilità di formazione di addetti nei Paesi acquirenti; l'imposizione di servirsi, esclusivamente tramite il fornitore della tecnologia, di parti di ricambio, i cui costi sono generalmente molto elevati e che vengono a costituire mezzi di controllo costanti. Sia detto a titolo di obiettività, che anche i governi dei Paesi Terzi — magari per difendersi — contrattaccano all'occorrenza, in forma di inasprimenti doganali, di blocco dei proventi connessi a cointeressenze, di prelievi fiscali e di tangenti sui benefici, il tutto più o meno inopinatamente. Questo insieme di imposizioni, rivalse e — in definitiva — incongruenze si riverbera negativamente sui programmi di lavoro e compromette il buon esito di quel «trasferimento», cui i tecnologi danno la loro opera e che malvolentieri vedono turbato da fattori extra-tecnologici. Che le tecnologie siano oggi una ricercata e preziosa merce di scambi, è divenuto fatto noto a tutti; il loro flusso in un senso provoca un imponente riflusso valutario di ritorno. Si rifletta, per calcolare sintomaticamente la loro portata, questo dettaglio, emerso durante i lavori della Cnuced: nel 1970 gli Usa hanno ceduto tecnologie e ne hanno ricavato un riflusso per un valore di 3,7 miliardi di dollari, qualcosa come 2600 miliardi di lire, dai Paesi in via di sviluppo. Sul piano mondiale si è passati (ma sono calcoli incompleti, per tentativi) da 1,5 miliardi di dollari intorno al 1960, a circa 9 miliardi di dollari (qualcosa come circa 6500 miliardi di lire) nel 1970, e la cifra aumenta con progressione eccezionale. Pressione dell'Orni Sono fenomeni e cifre imponenti; giustificano e motivano la pressione che le Nazioni Unite stanno esercitando sui Governi, affinché approvino la costituzione di un «Comitato permanente intergovernativo per i problemi derivanti dal trasferimento delle tecnologie», e diano realizzazione sollecita ad una precisa regolamentazione internazionale, con dettagliate modalità, con eque garanzie, con regole definite di comportamento economico e giuridico, con una preliminare e simultanea regolamentazione intemazionale dei brevetti (dato che oggi, così com'è, quest'ultima presenta lacune e carenze deplorate da più parti). Si noti che già sono stati proposti due sistemi di «Codice per il trasferimento di tecnologie», uno dei quali dall'«Organizzazion<3 Mondiale per la Proprietà industriale», in accordo con la Cnuced. Alla messa a punto definitiva di tale Codice sta lavorando, a Ginevra, una équipe di esperti che include specialisti del diritto internazionale, economisti e tecnologi. E' previsto che alla conclusione ed all'approvazione si pervenga sollecitamente; dopo di che spetterà ai «partners» direttamente interessati di acquisirne le disposizioni e di ottemperarvi. Perciò è indispensabile esserne informati; perciò quegli enti ed imprese italiani che si sono specializzati o si stanno specializzando in questa forma, del tutto speciale, d'esportazione di idee, di procedimenti, di servizi (e, necessariamente, di impianti che occorrono per tradurli inizialmente in atto) bene faranno a tenersi in contatto, in modo da non essere colti di sorpresa appena il Codice diverrà operante. G. Federico Micheletti Ordinario di Tecnologia Meccanica al Politecnico di Torino

Persone citate: Federico Micheletti, Quarto Mondo

Luoghi citati: Africa, Ginevra, Italia, Medio Oriente, Sudamerica, Torino, Usa