Potere d'acquisto e inflazione di Mario Salvatorelli

Potere d'acquisto e inflazione I nostri soldi Potere d'acquisto e inflazione Il potere d'acquisto della lira, cioè il suo valore, nei primi sei mesi di quest'anno è diminuito del1*8 per cento all'estero e del 10,4 per cento in Italia. Il primo dato lo ricavo dalle variazioni nel cambio della lira nei confronti delle 17 più importanti monete del mondo, registrate da uno studio della società d'investimenti « Capital International » di Ginevra, il secondo, ovviamente, dai periodici rilevamenti del nostro Istituto di statistica. Non è sorprendente che i due « poteri d'acquisto » non procedano parallelamente. Quello estero dipende da una serie di fattori, come la maggiore o minore intensità di rapporti commerciali con questo o quel Paese, i prezzi delle materie prime e di quelle tra esse più necessarie alla nostra economia « trasformatrice » e ai nostri consumi di energia, l'andamento più o mene acuto dell'inflazione nel mondo, le correnti turistiche, il fatto che la nostra moneta è « fluttuante », quindi non sostenuta, almeno ufficialmente, nei suoi valori di cambio, dall'Istituto centrale di emissione (la Banca d'Italia), mentre la maggior parte delle altre sono difese, eccetera. Quello che può sorprendere è che la lira si sia svalutata più all'interno, nei confronti di sé stessa, che all'estero, a fronte delle altre monete. In altre parole, al 30 giugno scorso occorreva una maggior quantità di lire, dell'8 per cento, in media, per acquistare valute estere (con punte massime del 12,6 per cento per lo scellino austriaco e del 12,5 per cento per il franco svizzero, un minimo del 3,9 per cento per lo yen giapponese), nei confronti della quantità occorrente il 31 dicembre 1973. In Italia, invece, la quantità di lire occorrente al 30 giugno per acquistare in Italia beni e servizi era in media superiore del 10,4 per cento ai « prezzi » del 31 dicembre scorso. Se poi, alla « svalutazione » interna del primo semestre, aggiungiamo il 2,4 per cento di luglio, la perdita del potere d'acquisto interno della lira in sette mesi sale al 12,8 per cento, mentre quello esterno si può calcolare inferiore al 9 per cento. Tra i tanti « fenomeni » che incidono in diversa misura sui due poteri d'acquisto, quello interno e quello estero, collegati abbastanza strettamente ma non in proporzione diretta, ce n'è uno che si potrebbe definire « invisibile », perché non figura in alcun « indice », cioè la pressione fiscale. Non ha alcun rilievo « ufficiale » nei cambi, e questo è naturale, ma non l'ha neppure nei calcoli del costo della vita all'interno. In questi calcoli, infatti, sia che si riferiscano ai prezzi al consumo in genere, sia alle spese della famiglia media (il cosiddetto costo della vita), sia all'indennità di contingenza, i prezzi presi in considerazione sono raggruppati in cinque «capitoli di spesa »: alimentazione, abbigliamento, abitazione, combustibili ed energia elettrica, beni e servizi vari (dai profumi alle automobili, dai giornali al biglietto del tram, dagli spettacoli ai telefoni, eccetera) . Non c'è un sesto « capitolo »: le tasse. In tutti, o almeno nella gran parte, di questi beni e servizi c'è una quota maggiore o minore del prezzo dovuta alle imposte indirette, quelle sugli affari, sulla fabbricazione di certi prodotti, sui consumi: principalissime tra tutte l'Iva (imposta sul valore aggiunto), e l'imposta di fabbricazione sugli oli minerali, che sulla benzina per esempio pesa per quasi 200 lire (in aggiunta all'Iva). Sono dette « indirette » ma queste imposte influiscono direttamente sui prezzi. Le imposte dirette, invece, sui redditi da lavoro e da « capitale », ed altre di tipo patrimoniale non sono considerate in alcun modo « influenti » sul costo della vita, anche se « indirettamente » possono contribuire, come ogni altro costo, alla formazione dei prezzi. Si arriva, così, a questo risultato, che si può anche riconoscere inevitabile, ma finisce per apparire assurdo. Se aumentano le imposte indirette, aumenta il costo della vita, se aumenta l'imposizione diretta, non accade nulla. L'esempio più macroscopico si è avuto proprio in luglio, quando l'aumento di 40 lire al litro per la benzina (esclusivamente dovuto a una maggiore imposizio¬ ne fiscale) ha provocato un aumento del costo della vita dello 0,8 per cento, senza il quale il rialzo complessivo del 2,4 per cento — che fa dire ai commentatori che la spinta inflazionistica è nuovamente tornata a un valore annuo del 29 per cento, un tasso « bellico », mai registrato in passato in Italia in periodi di pace — sarebbe stato contenuto nell'1,6 per cento. Non ha influito, invece, minimamente, sul costo della vita, il fatto che, con la riforma tributaria, dall'inizio dell'anno i lavoratori dipendenti si trovano in mano una busta-paga sensibilmente dimagrila, quindi « svalutata » nel suo potere d'acquisto (che poi ciò abbia portato a vertenze e a nuovi aumenti dei costi del lavoro, quindi in parte dei prezzi, è un altro discorso). Questa osservazione non vuol essere una critica alle misure fiscali prese recentemente, né alla riforma tributaria. Intendo solo sottolineare, come ho già fatto il mese scorso in questa rubrica, le « anomalie » di indici che dovrebbero, appunto, indicare le variazioni di valore della lira, Se spinte inflazionistiche, e di provvedimenti che, per combattere l'in¬ flazione (anche se hanno pure lo scopo di ridurre il disavanzo statale e con l'estero), l'accentuano, almeno in un primo momento, sul piano pratico e su quello psicologico. Se, per ipotesi, il governo riuscisse a « togliere » imposte indirette per mille miliardi dai prezzi e trasferire un analogo carico fiscale sulle imposte dirette, una simile manovra provocherebbe automaticamente non solo un minor aumento, ma addirittura una diminuzione del costo della vita. E' chiaro che non per questo si potrebbe cantare vittoria, affermare che l'inflazione è vinta e la lira è salva. Ma è anche chiaro che non si può parlare di spinte inflazionistiche « accentuate », quando a « spingere », in quel momento, e per motivi che possono anche essere validi, non è il nemico, ma l'amico della lira. Sotto questo riguardo, agosto dovrebbe riportare il tasso inflazionistico a livelli più accettabili, più « pacifici ». Purtroppo, però, l'inflazione è uno di quei fenomeni che si auto-alimentano, anche per motivi psicologici e speculativi, contro i quali i ragionamenti servono poco o nulla. Mario Salvatorelli i Ili Il i

Luoghi citati: Ginevra, Italia