Incontro con Fattore, che divorzia dalla Chelli di Remo Lugli

Incontro con Fattore, che divorzia dalla Chelli Incontro con Fattore, che divorzia dalla Chelli Walter Chiari e tante donne Lui ha 50 anni, venti più della moglie, ma non ritiene che la rottura sia dovuta alla differenza di età - Parla dello scontro fra i due opposti temperamenti, che provocavano liti furibonde, e dà la colpa della attuale divisione al proprio amore per il pubblico, che lo assorbe tutto: "Chi vive con me sente il disagio di non avermi totalmente" - Ricorda le relazioni sentimentali passate, dalla Bosé ad Ava Gardner, con un po' di tristezza (Dal nostro inviato specialeJ Cesenatico. 16 agosto. Walter Chiari divorzia da Alida Chelli. Nel novembre '71 andai a intervistarli perché già allora s'era diffusa questa voce, da loro confermata. Ma non divorziarono e adesso l'annuncio si ripete. «Cosa c'è di vero, Walter?». «Questa volta dobbiamo proprio farlo, non si può continuare così». Siamo nell'Hotel Internazionale, base dalla quale Walter parte ogni sera per raggiungere il suo teatro mobile che dà spettacolo nelle varie località balneari adriatiche. Una tournée che s'è iniziata il primo agosto ad Ostia e che finirà tra un paio di giorni a Vasto. Recita con Lupo e la Koscina, un grande successo, cinquemila spettatori per sera. «Alla Une sarà come essere stati tre mesi e mezzo al Manzoni di Milano». Parliamo, dunque, di questo matrimonio così difficile. Lui ha 50 anni, lei 30. «E' la differenza d'età, la causa?». «No. Tutto dipende dal rapporto che c'è tra me e il pubblico. I guai miei, intimi, sono sempre stati causati dalla completezza di questo rapporto. Chi vive con me sente il disagio di non avermi totalmente, sente che il più vero matrimonio, con tutti i veti, le compressioni e le leggi osservate p quello che io ho consumato con il pubblico». Walter Chiari è sulla scena da trent'anni: fu nel '44 che si esibì la prima volta nei «dieci minuti del dilettante» in uno spettacolo di Marisa Maresca. L'anno dopo faceva già compagnia con lei. Un successo dopo l'altro, ininterrotto: 76 film, un gran numero di riviste e commedie musicali, di show televisivi e sempre il personaggio Chiari dominante nel mondo dello spettacolo umoristico. I suoi monologhi sono celebri, possono durare anche più di un'ora e sono sempre nuovi, composti di materia che si rigenera quasi ad ogni spettacolo per seguire le manìe, le mode, i neologismi del pubblico, perché questo, secondo Chiari, è il mezzo per tenere il successo. «Bisogna sempre essere capaci di capire cos'è che il pubblico è incline a vedere con occhio benevolo e a sdrammatizzare e cos'è, invece, che il pubblico vuol sentire drammatizzato. Il pubblico è la mia biblioteca. Il segreto per andare avanti trenta, quaranta anni è qui: confondersi con la gente, aiutarla a seminare e a mietere ogni giorno per avere il pane fresco. E così poi succede che ogni tanto lascio andare in malora l'orto di casa». E' sempre giovane, snello, mai fermo; è tornato da una giornata in barca con amici al largo di Riccione e tra po• co parte per Civitanova Marche dove oggi è il teatro. Da pochi giorni ha finito di girare un film a Parigi con la Deneuve e intanto portava avanti questa « Prima neve d'estate» sotto il tendone da circo sulle riviere. «Tra lavoro sul set a Parigi, viaggi in aereo e auto e lavoro in questo spettacolo, mi rimanevano non piti di un paio d'ore per notte di sonno». I suoi occhi verdi che hanno affascinato donne famose, da Lucia Bosè ad Ava Gardner, sono velati da un po' di tristezza. «Solo sette o otto donne — dice —, pochissime: in media quattro anni per ogni donna, sono quindi addirittura monogamo, anche noioso. Ma ogni volta, con ogni donna, c'è stato questo disagio: sentivano che io ero parte del pubblico e loro non mi avevano completamente. Quando mi vedo intorno venti, cento persone che mi dicono grazie per quello che gli ho dato, io penso a questa gente, non a me, non alle donne. Lavoro per avere riconoscenza, gratitudine ed entusiasmo dal pubblico e il risultato l'ottengo. Non posso perdere tutto questo. E' la mia gioia e la mia dannazione». Affronta il tema delle difficoltà matrimoniali con la consueta ridondanza di linguaggio; usa 74 parole per dire: «Quando una relazione diventa difficoltosa ad entrambi, coesistono in noi due malfattori e due giudici ognuno dei quali condanna e assolve». Walter spiega che si arriva a un certo punto in cui non si può fare a meno di annunciare il divorzio. «Ma poi si parla, si dice: "C'è il bambino, c'è la casa, vediamoci ancora e intanto ci prepariamo al divorzio". E si riprova a continuare. Le nostre orme riprendono a incrociarsi, la camera, l'altra camera, la cucina: tutto ricomincia come prima, anche quel tipo di verginità della suscettibilità. Se fossimo divisi tollereremmo, insieme si ricomincia a litigare. Certo, ogni volta il passo è più serio. Divorzio vuol dire aver preso coscienza dell'immaturità di fronte al rapporto dell'amore». Simone, il bambino, ha quattro anni. Ora è qui, nello stesso albergo del padre, con la nurse. Ogni tanto Walter si informa se dorme, se ha riposato, se va tutto bene. «Se non ci fosse il bambino — dice — la nostra casa si tramuterebbe in un ring, ci daremmo un sacco di botte. Finora il bimbo non s'è accorto di nulla, è sempre stato abituato a vederci lavorare separatamente e riunirci di tanto in tanto. Ma continuare insieme non possiamo, lui ne soffrirebbe». Walter Chiari si considera un marito scomodo. Di Alida dice che anche lei ha un carattere fortissimo, che ha vissuto con lui in agonismo e in antagonismo. «Avrebbe voluto che io fossi diverso, ma io sono irreversibilmente quello che sono. Avrei dovuto sposale una casalinga. Alida ha sacrificato molto alla nostra vita ha preso il teatro sottogamba, tanto per fare quello che facevo io. Aveva la possibilità di una grande carriera, canta anche benissimo ». «Sul disaccordo ha influito più la differenza d'età o la personalità di entrambi?». «Non v'è dubbio — risponde con sicurezza —: la personalità». Hanno battagliato. Gelosie furibonde che minacciavano di esplodere in scenate pubbliche. «Quando recitavamo insieme, noi due soli, ne "Il gufo e la gattina", rischiavamo sempre di non poter daie spettacolo, tanto che decidemmo di non lavorare più sullo stesso palcoscenico». Chiedo se ora nel suo cuore c'è un'altra al posto di Alida; magari Mina, di cui qualche settimanale scandalistico ha parlato. Ride. «No, nessuna. Ogni donna che ha attraversato la mia vita non s'è mai sentita derubata da me, anzi, forse s'è sentita aggiunta di qualcosa, almeno di un ricordo piacevole. Per cui posso affermare che Mina vivrebbe con me anche domani; ho detto vivrebbe non sposerebbe; non siamo di quelli, che si evitano perché dicono: "Ecco, quello lì ha rovinato parte della mia vita"». «E Alida, è legata sentimentalmente a qualcuno?». Allarga le braccia. «Non so, ma non credo, almeno io penso di no. Ho letto di Roki Agusta, il figlio della Maresca. Ma eravamo sulla sua barca, c'ero anch'io. Marisa voleva vedere il nostro bambino e noi glielo abbiamo portato. Ci hanno fatto delle fotografie e poi hanno tagliato me per poter pubblicare solo Alida e Roki e far titolo». Sta scrivendo una commedia per se stesso. «Una commedia seria, ma con i miei ar¬ gomenti. Però come autore mi fido poco, come mi fido poco di me come regista, preferirei trovarla già scritta». E continua a scrivere poesie, che però non pubblica per non rivelare l'altra sua metà. «Un sogno non realizzato?». «Sono stato talmente premiato dalla vita! I soldi si possono fare anche riempiendo una schedina, sen~a gloria, senza avere detto: " Ho superato in psicologia, in forza e in volontà gli altri". Guadagnare la stima, l'affetto, il calore della gente, questo è importante»- «Errori?». «Molti, tanti. Ad esempio, avrei dovuto studiare meglio Alida, capire se dovevo rinunciare a qualcosa della mia personalità o se non era il caso di lasciare che Alida passasse». «Rammarichi?». «Sì, di non avere avuto due figli prima, 25 anni fa. E' talmente bella l'esperienza di Simone! Però, a ripensarci: oggi i figli si possono vedere in commissariato, rintracciati in mezzo a una pista rossa o nera». Chiedo a Walter Chiari: «Esiste o è esistito un attore comico della sua forza?». «Oggi al mondo non c'è nes suno che, sbattuto su un pai- \ coscenico, riesca a parlare, anche in lingua straniera, per un'ora e un quarto». «Ha considerato anche Petrolini?». «A quei tempi non c'era la per-1 missività che c'è oggi. Oggi bisogna avere il coraggio di prendere di petto anche gli argomenti negativi, pericolosi e col buon gusto sviscerarli, essere più volgari della volgarità e riscattarli con la risata. Questo, Petrolini non lo faceva, perché allora bastava ammiccare. Ammiccare è facile. Se Petrolini fosse vissuto oggi sarebbe stato ancor più bravo di me, perché caustico; si sarebbe anche buttato contro i nomi della sua epoca che gli davano fastidio ». Chiari ritorna a portare il discorso sul punto che gli è dolente, dice che Alida sospetta che lui non ami la famiglia per poter essere pienamente il personaggio che è. «Ma che cosa vorrebbe, che privassi la gente e me stesso di un rapporto che soltanto Iddio potrebbe inventarlo? Un rapporto che dovrebbe avere un politico, un religioso, un genera- le, un presidente. Se io lo ho, devo tenerlo » In ogni parola si sente che il pubblico è il suo vero grande amore. Dice: «Arrivare al punto in cui si identifica il proprio lavoro come un tipo di terapia regalata a tutti, al comunista, al fascista, al democristiano, al povero e al ricco, mi pare sia il massimo per un uomo nella vita. Ecco perché d ifronte agli aut aut che qualcuno vorrebbe pormi in dico: "Non posso smettere il mio lavoro"». Remo Lugli Walter Chiari e Alida Chelli nei giorni felici del matrimonio. Sono Finiti da tempo, dopo tanti litigi, che minacciavano di esplodere in scenate pubbliche. "Quando recitavamo insieme, rischiavamo di non poter dare spettacolo" (Team)

Luoghi citati: Cesenatico, Civitanova Marche, Milano, Ostia, Parigi, Riccione, Vasto