L'uomo nuovo di Ankara

L'uomo nuovo di Ankara SPREGIUDICATA ASCESA DEL PREMIER ECEVIT L'uomo nuovo di Ankara La guerra di Cipro gli serve per ottenere il consenso dei generali alle riforme interne (Dal nostro inviato specialei : Ankara, agosto. ! Per chi vi arrivi in treno [ dana frontiera bulgara (se- I dici ore da Sofia a Istanbul. 1 un lento ansimare attraverso le verdi colline della Tracia tra bufali, pecore e pastori, campi eli segala e pomodoro) il primo saluto della Turchia è un enorme cartellone che sorge a lato della ferrovia subito prima della stazione di confine di Kanikale: un disco giallo con una semplice scritta, cinquanta yil, cinquani'anni. una mezzaluna in campo rosso e la stella a cinque punte. Questi cartelli li ritroverò dovunque, come un'ossessione, a ogni passo, sui grattacieli e nelle bidonvilies di I Ankara come nei vecchi \ quartieri di Calata, nelle guarnigioni di provincia in Frigia e in Cappadocia come nella balneare, bianchissima Mersin o nella rustica e farraginosa Aduna al confine con la Siria. E' il ricor- do. visibile e imperativo, del- j le grandi celebrazioni dello scorso novembre per il mezzo secolo di vita della Repubblica turca, laica, democratica e progressiva, sorta dai resti smembrati del decrepilo impero ottomano e dopo una breve, forsennata guerra con i greci che erano sbarcati a Smirne. L'epopea di Ataturk. Padre dei turchi Non credo esìsta oggi in Turchia un ufficio governativo, un negozio, una locanda o un bazar dove non vi siano almeno due ritratti in grandezza naturale e un busto del «padre dei turchi». Mustafà Kemal ovunque, sempre diverso, di faccia, di profilo, in piedi, seduto, a cavallo, come Lenin nell'Unione Sovietica. Fino a che punto la Turchia d'oggi ha realizzato il sogno del giovane e smilzo ufficiale calato da Salonicco con una volontà di ferro e gli occhi spiritati per cacciare il sultano dai suoi palazzi sul Bosforo, cacciare i greci e gli europei dal Corno d'Oro, i muezzin e i lettori del Corano dalle scuole di moschea, togliere il velo alle donne, abolire la poligamia, cambiare la scrittura dai caratteri arabi a quelli latini più accessibili, purificare la lingua su basi prototurche espellendo i vocaboli arabi e persiani, creare una coscienza nazionale, costruire ex novo una moderna capitale in mezzo all'altipiano, protetta dall'influenza corruttrice dell'antica e nuova Bisanzio e dei moderni colonizzatori venuti dall'Occidente? La risposta, come sempre in casi del genere, è contraddittoria e forse impossibile. La Turchia è stala catapultata dai Giovani Turchi e soprattutto da Ataturk dal medioevo islamico e imperiale all'era moderna ma meno esaltante delta tecnica e I del nazionalismo. Un latto che ha comportato una tra- i sformazione totale del modo eli vivere e di pensare di tutto un popolo, persino del modo di vestire e di parlare. Ma se le vie del Signore I sono infinite, le vie del prò- ■ gresso sono tortuose, non si va sempre avanti, qualche ! volta si va anche indietro. La Turchia, forse, si trova I oggi ad una svolta decisiva. j Direi che questo contrasto Ira vecchio e nuovo si può simboleggiare in due perso- I naggi, ai due poli opposti I della strada: il giovane affi- \ "ale. lo studente del poli tecnico. Con iufjlciale ritorna alla ribalta, sempre più visibile, sempre più influente, il clero musulmano, l'ideale panislamico, la mentalità autoritaria, dei governatori di provincia e di distretto, il « laissez faire » dei dirigenti dei partiti tradizionalisti, fatti di élites e di clientele, timorosi di sorprese: a fianco degli studenti, gli intellettuali di Istanbul, di I&mir. di Ankara, la nuova borghesia ancora in fasce che si arricchisce con ; traffici e li vuole liberi da pastoie burocratiche, e direi tutte le giovani donne in lotta continua, ogni giorno, ogni ora. con la cautelosa e sospettosa mentalità ancestrale di mariti e fratelli. E chi ancora? Ecco, questo è il grande problema. Forse, a fianco o addirittura a ca- PO di quest'ala progressiva I loro, e furono fatte finire su ielle comunque oggi appare ili minoranza nel Paese) si trova l'uomo nuovo della Turchia, l'uomo che ha «colto» la crisi di Cipro utilizzandola per i suoi scopi politici, Bulent Ecevit con il suo partito repubblicano del popolo, l'erede del movimento di Ataturk. Ho parlato a lungo con un anziano professore di Ankara, docente di chimica organica alla facoltà di Scienze. L'ho sorpreso all'università il 1" agosto scorso. Potrete trovare qualcuno solo in questo giorno, mi avevano detto, ora è vacanza, ma il 1- agosto vanno a ritirare 10 stipendio, con l'inflazione che c'è (quasi il 40 per cento dall'anno scorso) nessuno aspettu. E cosi è stato. Mi ha invitalo a casa sua, ma preferisce che non scriva il suo nome. Parlava nel francese elegante e un po' sofisticato delio straniero che ha studiato alla Sorbona. La sostanza è questa: oggi in Turchia non esiste una vera democrazia, il potere è « tutto » in mano ai militari, ma non fa nomi. Posso solo scrivere quello del generale Sancar. che e il capo di Stato Maggiore delle tre armi. C'è un presidente della ] Repubblica, che poi è un ex | ammiraglio. Koruturk. C'è 11 Parlamento, ci sono i partiti, c'è un'opposizione. Ma è tutta facciata, apparenza, chi ci crede? La realtà è : quella che mi ha detto, fin dal marzo del 71, anzi da prima. Ma quel mattino, al| l'alba, è stata la fine, appari vero carri armati in tutte I le piazze, intorno agli edili| ci del governo, al ParlamenI to, i deputati furono man! dati a casa e qualcuno messo dentro, il presidente del j Consiglio Demirel fu cortesei mente pregato di dimettersi da una « giunta militare » | che non si seppe mai da ehi I era formata. Poi. certamenI le. si tennero nuove elezioni, ■■ nuovo presidente, nuovo go! verno, i militari ritornarono j dietro le quinte, ma comani dano ancora. I comunisti furono dichiarati fuori legge, j qualcuno fu anche amnistiato, nelle università la vita si j lece più difficile, si ebbero contestazioni studentesche ma non era uno scherzo, da bito dalla gendarmeria. Anche i pochi « tupamaros » vennero liquidati. E' a questo punto che compare la figura di Ecevit. cinquantanni, avvocalo, gior¬ notista /questo è il Molo che latto mettere sul suo passaporto), capelli nerissimi da corvo, occhi penetranti ma distaccati. Fu dapprima discepolo poi segretario e sostituto di Ismet Inonu. il vecchio eroe della guerra contro gli alleati e vice di Ataturk. detto non senza malignità il « Budyonni anatolieo », presidente del partito repubblicano del popolo che allora, come oggi, aveva la maggioranza relativa in Parlamento. Il capolavoro poli- tico di Ecevit si ebbe qualche anno la. quando riusci a prendere il posto del suo capo mandandolo in pensione. L'allora settantacinquenne Inonu era diventato sempre piii conservatore, se non reazionario, il partito si era trasformulo in un insieme di clientele addomesticate. Ecevit iniziò sulle piazze una decisa campagna di si| nistra. ma sempre cauto e misurato per non andare contro la legge che vietava e vieta tuttora il marxismo, ma sensibile alle più avvertite esigenze popolari. Sostegno popolare Un suo progetto — detto il « sostegno popolare » — prevede la fondazione di fabbriche e cantieri di lavoro con partecipazione azionaria per metà del governo e per metà di azioni da acquistarsi dalla gente a pochissimo prezzo, e non trasferibili per evitare l'accumulo in poche mani: il progetto è ancora sulla carta, come è ancora sulla carla il progetto per una campagna a fondo contro l'analfabetismo /secondo le statistiche ufficiali, il 51) per cento, ir realtà il t>5 per cento dei turchi non sa leggere né scrivere, mancano le scuole elementari, ci sono invece milioni di televisori, ma trasmettono sempre danze folcloristiche o film tipo «Lacrime», o «Il dramma di un cavaliere caucasico»). Ecevit inoltre vuole regolamentare l'emigrazione /un milione di turchi all'estero, fra Belgio. Olanda. Svizzera. Austria. Fran eia e soprattutto Germania) i che oggi è caotica con forse una metà di clandestini e rimesse incontrollabili. Lo hanno chiamato l'Allende turco. Ebbene. Ecevit riuscì a trascinarsi dietro il partito che. in un congresso rimasto storico, sconfessò Inonu all'unanimità. Ad ogni passo, ad ogni votazione a suo favore. Ecevit si alzava per ringraziare Inonu per il suo glorioso passato, proponeva una nuova onorificenza o un nuovo titolo o inventava una nuova carica rappresentativa per il vecchio leader. Inonu schiattava di rabbia, ma non poteva fare nulla. Mori pochi mesi fa. Ora Ecevit /il nome si legge Egevit) è dall'S febbraio scorso capo del governo, come presidente del partito più forte in Parlamento. Ma non ha la maggioranza assoluta. Deve coabitare con il piccolo partito della « salvezza nazionale », conservatore all'estremo ma avido dì potere, e il cui capo Erbakan ha una personalità molto forte. Ecevit non poteva fare nulla. Allora ha pensato a crearsi una sicura e diffusa popolarità nel Paese. Prima occasione: la faccenda dell'oppio. Ecevit prende posizione contro l'America, mossa chiaramente demagogica ma tale da creargli molte simpatie, a favore di una coltivazione che la gente comune non capisce assolutamente perché debba essere proibita. Dal papavero non si ottiene soltanto la droga, ma soprattutto mangime per il bestiame e una specie di pastone che serve come combustibile. Poi venne il lolle gesto di Sampson contro Makarios con sospetta connivenza della Cia, esplode la crisi di Cipro. Ecevit era considerato dai suoi indeciso, irresoluto. Allora gioca la grande carta: con un susseguirsi di ben orchestrati colpi di scena, no a Kissinger, poi sì, poi di nuovo no, dà via libera ai militari, in pratica si allea con loro rovesciando almeno in parte la sua politica precedente di velata resistenza allo stato maggiore. Per il popolo diventa un eroe, il difensore a spada tratta dei' diritti della Turchia. E i militari non sono ingrati, gli promettono apertamente via libera per le sue riforme. Alle prossime elezioni, previste fra un anno, Ecevit fa conto di ottenere un successo trionfale. Nuovo Ataturk? Il suo collega o oppositore. Demirel. scrive' « Ci sono alcuni insensati che paragonano Ecevit a Ataturk. Ma non si vergognano? E' come paragonare un coniglio a un leone, un passero a un aquilotto ». Altri sono meno pessimisti, o meno astiosi. Tutti riconoscono che questo avvocato di provincia ci sa fare. Fra 1 l'altro — la cosa non è importante, ma serve a delincare la personalità dell'uomo | — Bulent Ecevit cura con I estrema attenzione il mito i di se stesso, nessuno sa mai j dove abita, in quale delle I sue tre residenze ufficiali e private, compare sempre quando non è atteso, a volte sparisce di colpo da una riunione di lavoro al ministero perché «ha cose più urgenti da fare». Ora gioca la | sita parte più difficile: qualcosa come allearsi con il | diavolo per poi sconfìggerlo. Umberto Oddone